Comune organizza in piazza eventi culturali rumorosi? Sì al risarcimento
Con l’ordinanza n. 18676/2024 la Corte di Cassazione nell’ambito di un procedimento in materia di immissioni rumorose causate da spettacoli pubblici in piazza, ha chiarito che lo svolgimento degli spettacoli non può comportare il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della tollerabilità.
Lunedi 29 Luglio 2024 |
Il caso: Caio e Mevia, proprietari di appartamenti che si affacciavano in una piazza ove il Comune era solito organizzare nel periodo estivo manifestazioni culturali, citavano in giudizio il Comune per accertare che gli spettacoli producevano rumori che superavano la normale tollerabilità e che rendevano difficile il soggiorno pregiudicando il godimento dell’appartamento che costoro avevano destinato a loro residenza estiva e per ottenere la condanna del comune al risarcimento del danno.
Il tribunale accertava tramite consulenza tecnica che i rumori superavano la soglia dei decibel consentiti, e dunque liquidava equitativamente la somma di 1.000 € ciascuno, oltre accessori, a ristoro del pregiudizio subito.
Il Comune appellava la sentenza avanti alla Corte distrettuale, che rigettava il gravame principale e accoglieva quello incidentale di Caio e Mevia, riconoscendo ai due appellanti la somma di 3.000 € anziché quella di 1.000 € inizialmente liquidata; per la Corte
Il Comune ricorre in Cassazione, eccependo l’illegittima applicazione del DPCM del 1997 e dell’articolo 844 del codice civile in quanto:
a) la Corte di appello aveva erroneamente rigettato l’argomento del comune appellante in base al quale il CTU avrebbe fatto riferimento, per le misurazioni, al DPCM del 1997 relativo invece alle attività produttive, e che non poteva applicarsi alle manifestazioni culturali, quali erano quelle che il comune organizzava in quella piazza;
b) la Corte non aveva tenuto conto del regolamento delle attività rumorose adottato dallo stesso consiglio comunale nel 2004, che consente, nell’ipotesi, per l’appunto di manifestazioni e spettacoli all’aperto, di arrivare fino al limite di 70 decibel;
b) in ogni caso l’interesse pubblico allo svolgimento degli spettacoli non poteva comportare il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della tollerabilità.
La Cassazione, nel rigettare il ricorso, osserva quanto segue:
1) i limiti posti dai singoli regolamenti, compreso dunque quello richiamato dal comune, e dallo stesso comune approvato, sono puramente indicativi in quanto anche immissioni che rientrino in quei limiti possono considerarsi intollerabili nella situazione concreta, posto che la tollerabilità è, per l’appunto, da valutarsi tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche della zona e delle abitudini degli abitanti;
2) anche un ente pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni rumorose ed è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”;
3) la Corte, inoltre, ha tenuto conto dell’interesse pubblico, ed ha correttamente osservato che non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità.