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Condannato il padre che schiaffeggia con violenza la figlia

A cura della Redazione.

Condannato per lesioni aggravate il padre che dà alla figlia uno schiaffo violento cagionandole un ematoma all’occhio. Così ha deciso la Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 46974/2024.

Mercoledi 8 Gennaio 2025

Il caso: la Corte di Appello di Campobasso, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Isernia, che aveva riconosciuto responsabile Tiizio del delitto di cui all ‘art. 571 cod . pen., riqualificava il fatto quali lesioni aggravate dal rapporto parentale, consistite in un ematoma alle palpebre dell’occhio sinistro, giudicate guaribili in giorni quattro, provocate alla figlia minore_ colpendola con uno schiaffo dopo una discussione verbale,e confermato nel resto la decisione di prime cure.

L’imputato ricorre in Cassazione, denunciando violazione della legge e correlati vizi della motivazione in merito al mancato riconoscimento della lieve entità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen ..

Secondo il ricorrente, sono ravvisabili, nella fattispecie in esame, plurimi indici, tra quelli individuati dalla giurisprudenza, della levità del fatto, quali:

– il contesto in cui il fatto è maturato – ovvero in una situazione di concitazione correlata alla discussione tra padre e figlia, e a seguito dell’atteggiamento oppositivo e insolente di quest’ultima;

– l’esiguità delle lesioni;

– l’unicità dell’evento e l’insussistenza di comportamenti successivi indicativi di una abituale propensione a delinquere.

Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile:

a) le Sezioni Unite ( S.U . n. 13681 del 25/02/2016) hanno rilevato che l’art. 131-bis cod.pen . fa riferimento testuale alle modalità della condotta, per inferirne che tale disposizione non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle modalità di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena;

b) occorre pertanto avere riguardo – ai fini della applicabilità della causa di non punibilità – al fatto storico, alla situazione reale e irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente, perchè non è in questione la conformità al tipo ( la causa di non punibilità presuppone un fatto conforme al tipo e offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva;

c) Nel caso di specie, la Corte di appello ha esplicitato una specifica e ampia motivazione delle ragioni del diniego della speciale causa di non punibilità invocata dal ricorrente, non intaccata dal ricorso, che si risolve nella pedissequa reiterazione dei motivi di appello. Motivi del genere più che specifici, come richiede l’art. 581 cod. proc. pen., risultano soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.

Allegato:

Cassazione penale sentenza 46974 2024

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