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Condominio: la sopraelevazione va rimossa se altera l’aspetto architettonico dell’edificio.

A cura della Redazione.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 12795/2023 affronta la questione della legittimità o meno delle opere di sopraelevazione da parte del condomino dell’ultimo piano in relazione alla necessità di salvaguardare l’aspetto architettonico del palazzo.

Venerdi 16 Giugno 2023

Il caso:  il Condominio Alfa evocava – dinanzi al Tribunale di Foggia – Tizia e Mevia, nella qualita’ di comproprietarie, per parti ben definite, di appartamento posto al piano attico dello stabile, chiedendone la condanna alla rimozione di una veranda realizzata nella loro abitazione in violazione degli articoli 1127 e 1120, comma 2 c.c., nonche’ del regolamento condominiale e dello stesso atto di acquisto del bene; in particolare parte attrice evidenziava:

a) Tizia aveva chiesto ed ottenuto, con delibera del 20.09.2000, dall’assemblea condominiale autorizzazione alla installazione di una pensilina a parziale copertura del proprio terrazzo a livello; b) successivamente la medesima condomina aveva provveduto al frazionamento dell’appartamento ricavandone due unita’ immobiliari, una delle quali era stata ceduta alla figlia Mevia e che in seguito le convenute avevano tamponato la pensilina in questione realizzando una veranda, con struttura in vetro e muratura, e con copertura non piu’ in lamiera grecata (come autorizzata dall’assemblea condominiale) ma in polistrato, in tal modo aumentando il volume abitabile.

Il tribunale rigettava la domanda attorea; la Corte d’Appello, adita dal Condominio, rigettava l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado: per la Corte distrettuale il manufatto oggetto di causa sebbene fosse stato realizzato dalle appellate in difformita’ di quello assentito dall’assemblea condominiale, non alterava in alcun modo l’aspetto architettonico ed il decoro dell’edificio, né incideva in alcun modo sull’aria e la luce dei piani sottostanti.

Il Condominio ricorre in Cassazione, che, nell’accogliere il ricorso, rileva quanto segue:

1) ai fini dell’articolo 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale e’ costituita dalla realizzazione di nuove costruzioni nell’area sovrastante il fabbricato, per cui l’originaria altezza dell’edificio e’ superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche;

2) la nozione di sopraelevazione ex articolo 1127 c.c. comprende, peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato;

3) la pronuncia della Corte di merito si pone in evidente contrasto con l’orientamento costante di questa Corte e con il chiaro disposto dell’articolo 1127, comma 2 e terzo c.c., secondo cui la sopraelevazione non e’ ammessa, non solo se le condizioni statiche dell’edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio ovvero risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini;

4) il Giudice distrettuale non poteva considerare legittima la costruzione senza – di fatto – valutarne oltre all’impatto sull’aspetto architettonico dell’edificio in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile, anche alla luce delle previsioni del regolamento condominiale di natura contrattuale, eventualmente piu’ restrittive;

5) un regolamento di condominio cosiddetto “contrattuale”, ove abbia ad oggetto la conservazione dell’originaria “facies” architettonica dell’edificio condominiale, comprimendo il diritto di proprieta’ dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice, stabilisce in tal modo una tutela pattizia ben piu’ intensa e rigorosa di quella apprestata al mero “decoro architettonico” dagli articoli 1120 comma 2 (nella formulazione, qui applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), e 1138, comma 1 c.c., con la conseguenza che la realizzazione di opere esterne integra di per se’ una modificazione non consentita dell’originario assetto architettonico, che giustifica la condanna alla riduzione in pristino in caso di sua violazione.

Allegato:

Cassazione civile sentenza 12795 2023

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