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Condominio minimo, condomini con quote diseguali e delibera approvata dal solo partecipante titolare della maggior quota

Nell’ipotesi di condominio costituito da soli due condomini, seppur titolari di quote diseguali, qualora si debba procedere all’approvazione di delibere che richiedono comunque, sotto il profilo dell’elemento personale, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi i condomini e la decisione “unanime”, non potendosi ricorre al criterio maggioritario.

Infatti, nessuna norma impedisce che l’assemblea, nel caso di condominio formato da due soli condomini, si costituisca validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimità decida validamente.

In particolare la Cassazione ha affermato che nel condominio cd. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole sul funzionamento dell’assemblea si applicano qualora quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari.

Qualora non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché alla riunione – benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario rivolgersi all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.

E se la delibera, in caso di condominio costituito da due soli condomini titolari di quote diseguali, viene approvata dal solo partecipante titolare della quota maggiore e sia perciò carente sotto il profilo dell’elemento personale? Tale delibera è nulla o annullabile?

La risposta della Cassazione: la vicenda

La vicenda esaminata dalla Cassazione nasceva in un condominio composto da tre unità immobiliari e da due soli partecipanti con quote millesimali diseguali (uno dei due condomini aveva infatti una quota maggiore in quanto titolare di due porzioni di proprietà esclusiva).

Nel corso di una riunione assembleare, in relazione alla delibera di approvazione del rendiconto, non veniva raggiunta la maggioranza numerica imposta dal secondo comma dell’articolo 1136 c.c.; infatti alla riunione erano presenti i due condomini ma quello con la quota minore aveva dichiarato espressamente di non approvare il bilancio.

La decisione (approvata da un solo condomino) però non veniva impugnata e di conseguenza l’amministratore del condominio con decreto ingiuntivo agiva nei confronti del dissenziente, titolare della quota minore, per il recupero delle somme a debito. L’ingiunto si opponeva ma l’opposizione veniva respinta.

La Corte d’appello confermava la decisione di primo grado, osservando che il vizio dedotto con riguardo al difetto di maggioranza, per il voto contrario del condomino con quota inferiore, aveva determinato la annullabilità della delibera, poi divenuta definitiva per mancanza di tempestiva impugnazione.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ha confermato che, nel condominio costituito da due soli condomini titolari di quote diseguali, la delibera approvata dal solo partecipante titolare del maggior valore delle quote e, perciò carente sotto il profilo dell’elemento personale, deve qualificarsi non nulla, ma annullabile, giacché adottata con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge.

Di conseguenza può essere impugnata dal condomino assente o dissenziente soltanto nel termine stabilito dall’art. 1137 c.c., comma 2, come correttamente sostenuto nella sentenza della Corte di Appello (Cass. civ., Sez. VI, 13/12/2022, n. 36373). Rimane fermo infatti il principio secondo cui si debbono qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

In ogni caso si ricorda che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione – mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137 c.c., secondo comma, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione.

Nel caso in questione, però, in sede di opposizione al decreto ingiunto, il condomino “di minoranza” non ha proposto apposita domanda riconvenzionale di annullamento; i giudici supremi perciò hanno ritenuto inammissibili le censure del ricorrente.

Sentenza
Scarica Cass. 13 dicembre 2022 n. 36373

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