Contenuto non formale della clausola somma maggiore o minore che risulti di giustizia.
Nella stragrande maggioranza delle cause civili, l’attore nel richiedere la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro utilizza la formula “o in quella maggiore o minore somma che risulti di giustizia”.
Martedi 19 Marzo 2024 |
Tale formula è meramente di stile? Sulla questione è tornata nuovamente a pronunciarsi la Corte di Cassazione con l’ordinanza 5854/2024, pubblicata il 5 marzo 2024.
IL CASO: Il promittente acquirente di un’unità abitativa posta all’interno di un complesso residenziale in corso di costruzione agiva in giudizio contro la società costruttrice chiedendo al Tribunale che fosse pronunciata la risoluzione del contratto preliminare e la condanna della convenuta alla restituzione della somma versata in esecuzione dell’accordo contrattuale sottoscritto, nonchè al risarcimento del danno per i maggiori interessi corrisposti alla banca sul contratto di prefinanziamento e al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata in sede di stipula del preliminare.
Costituendosi nel giudizio la società convenuta, oltre a chiedere il rigetto della domanda attorea, eccepiva l’incompetenza territoriale della sezione distaccata del Tribunale adito in favore della sede centrale dello stesso Tribunale, spiegando domanda riconvenzionale per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il definitivo e la conseguente condanna dell’attore al pagamento del saldo del prezzo.
All’esito del giudizio, il Tribunale dava torto all’attore. Di diverso avviso la Corte di Appello, la quale accoglieva il gravame proposto da quest’ultimo riformando integralmente la decisione di primo grado.
La questione giungeva, quindi, all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso promosso dalla società costruttrice la quale deduceva, fra i motivi del gravame, l’erroneità della decisione impugnata in quanto nell’atto introduttivo dell’appello non c’era alcuna traccia della richiesta di restituzione del doppio della caparra confirmatoria. La richiesta era limitata ad una somma inferiore a quella formulata con la citazione in Tribunale. Con l’effetto, quindi, che la pretesa di pagamento del doppio della caparra confirmatoria doveva essere ritenuta implicitamente rinunciata.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto infondato dalla Cassazione che lo ha rigettato.
I Giudici di legittimità hanno evidenziato che nella formulazione delle conclusioni di cui all’atto di citazione introduttivo del gravame non era rinvenibile nessuna rinuncia da parte appellante (originario attore), in quanto era stata richiesta la condanna della società costruttrice al pagamento di una determinata somma “o della maggiore o minore somma” che, anche a titolo di interessi, fosse risultata accertata e dovuta in corso di causa, senza alcuna esplicita rinuncia ad alcuna delle voci debitamente elencate nel giudizio di primo grado.
La formula con cui una parte domanda al giudice di condannare la controparte al pagamento di un importo indicato in una determinata somma “o in quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia”, hanno evidenziato gli Ermellini, non può essere considerata – agli effetti dell’art. 112 c.p.c. – come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall’avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che venga indicata, in via esclusiva, nelle conclusioni specifiche.
Il suddetto principio non può valere solo nel caso in cui l’ammontare dell’importo preteso risulti, all’esito dell’istruttoria compiuta, maggiore di quello originariamente chiesto e la parte, nelle conclusioni rassegnate, si sia limitata a richiamare quelle originarie contenenti la menzionata formula. Ciò in quanto l’omessa indicazione del maggiore importo accertato evidenzia la natura meramente di stile della formula utilizzata.
Nel caso esaminato, hanno concluso, la sentenza emessa dalla Corte di Appello non è viziata da ultra-petizione, avendo i giudici di merito liquidato un importo maggiore di quello indicativamente determinato in forza della clausola adoperata, senza che sia stata svolta alcuna istruttoria atta a cristallizzare il quantum effettivamente dovuto.