Criteri per il risarcimento del danno derivante dalla mancata assunzione nella PA.
A cura della Redazione.
In caso di mancata assunzione, non può essere accordata al danneggiato l’intera somma dei compensi spettanti nel periodo di mancata assunzione, ciò si tradurrebbe infatti in un vantaggio eccessivo per il danneggiato.
In tal senso ha deciso il Consilgio di Stato nella sentenza n. 8633/2023.
Lunedi 16 Ottobre 2023 |
Il caso: Tizia partecipava alla selezione per il conferimento di un incarico annuale da ragioniere capo presso il Comune, ma arrivava seconda per omessa valutazione di alcuni titoli di servizio (contratti con istituti scolastici a tempo determinato) che invece, secondo il TAR Calabria avrebbero dovuto più correttamente essere presi in considerazione; ciò le avrebbe consentito di arrivare prima e di aggiudicarsi dunque l’incarico ma, a causa del tempo trascorso e della validità annuale dell’incarico, quest’ultimo non poteva più ormai essere assegnato.
Tizia quindi presentava richiesta di risarcimento per equivalente che veniva accolta dallo stesso TAR Calabria, nella misura del 50% degli emolumenti che le sarebbero spettati ove legittimamente dichiarata vincitrice della selezione e dunque regolarmente contrattualizzata.
Tizia propone appello avverso la sentenza del Tar, che, nel rigettare l’appello, rileva quanto segue:
a) in caso di mancata assunzione, non può essere accordata al danneggiato l’intera somma dei compensi spettanti nel periodo di mancata assunzione; ciò si tradurrebbe infatti in un vantaggio eccessivo per il danneggiato che, nel frattempo, avrebbe potuto e dovuto concentrare i propri sforzi verso ulteriori occasioni lavorative; di qui il generale riconoscimento del 50% di tali compensi;
b) in generale, deve ricordarsi che il danno per mancata o tardiva assunzione, derivante da una fattispecie di responsabilità extracontrattuale, non può necessariamente ed automaticamente comportare una vera e propria “restitutio in integrum” (che può rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale), occorrendo invece, caso per caso, individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita del datore (mancato) di lavoro alla stregua dell’art. 1223, cod. civ.;
c) il lucro cessante da mancata assunzione, in definitiva, non può corrispondere all’intero importo degli stipendi non percepiti, in quanto ciò si tradurrebbe in un vantaggio eccessivo per l’interessato, il quale nel periodo di mancata assunzione non ha dovuto impegnare le proprie energie lavorative in quell’impiego, potendo rivolgerle alla cura d’ogni altro proprio interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale per potere accedere ad altro impiego
d) la liquidazione del danno in questione non può che avvenire ai sensi dell’art. 1226 c.c. e, alla luce delle circostanze che caratterizzano il caso di specie, la somma riconosciuta dal giudice di primo grado, in via equitativa, appare adeguata al pregiudizio effettivamente subito dal ricorrente.