Danni causati dalla fauna selvatica: normativa ed ente responsabile
Con l’ordinanza n. 32018/2021 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della questione della individuazione dell’Ente responsabile per i danni causati da un automobilista dalla fauna selvatica.
Martedi 9 Novembre 2021 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Teramo, la Regione Abruzzo, la Provincia di Teramo e l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, per sentirli condannare al risarcimento clei danni subiti alla propria auto a seguito del sinistro verificatosi a causa di un capriolo adulto, che, improvvisamente, aveva attraversato la strada andando ad impattare contro l’autovettura di proprietà dell’attore e da questi condotta, mentre percorreva la Strada Provinciale.
Si costituiva l’Amministrazione Provinciale di Teramo, la quale eccepiva preliminarmente il difetto di legittimazione passiva sostenendo che fosse legittimata, in base al quadro normativo in materia di fauna selvatica, la sola Regione Abruzzo; si costituiva anche la Regione Abruzzo, che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva in favore della Provincia e dell’Ente Parco, che a sua volta si costituiva in giudizio.
Il Giudice di pace di Teramo disponeva l’estromissione dal giudizio della Provincia di Teramo e dell’Ente Parco, dichiarandone il difetto di legittimazione passiva e, successivamente, condannava la Regione Abruzzo al pagamento In favore dell’attore della complessiva somma di euro 1.912,21, oltre interessi legali dalla data del sinistro al soddisfo.
La regione Abruzzo proponeva quindi appello, e la Corte distrettuale, in riforma della sentenza appellata, accoglieva l’appello principale e, per l’effetto, rigettava le domande proposte da Tizio nei confronti della Regione Abruzzo.
Tizio ricorre in Cassazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non risarcibile il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione in base alla presunzione di cui all’art. 2052 c.c., considerato inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma solo alla stregua dei principi generali sanciti dall’art. 2043 c.c .
Per la Corte il motivo è fondato e sul punto ribadisce i seguenti principi:
a) i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabili previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della I. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema,
b) nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c. c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti;
c) la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno;
d) in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema, di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi.