Dichiarazione giudiziale di paternità e onere della prova ai fini del risarcimento.
Si segnala la sentenza n. 2085/2022 con cui il Tribunale di Foggia, nall’ambito di un giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità, chiarisce i presupposti in presenza dei quali l’attore, ossia il figlio naturale, matura il diritto al risarcimento del danno nei confronti del padre biologico.
Lunedi 5 Settembre 2022 |
Il caso: Con ricorso M.M. (già D.V.M.), conveniva in giudizio M.A., per sentire accertare e dichiarare che il convenuto era il suo padre biologico, ex art. 269 c.c., con tutte le conseguenti statuizioni accessorie: in particolare, chiedeva altresì l’acquisizione del cognome paterno in aggiunta a quello già portato, il mantenimento di Euro 600,00 mensili da porsi a carico del convenuto ed il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Dopo aver accolto la domanda principale di dichiarazione giudiziale di paternità, il Tribunale passa ad esaminare le ulteriori domande formulate dall’attore e, con riguardo alla domanda di risarcimento del danno, ritenendola non provata la rigetta, con la seguente motivazione:
a) gli obblighi contenuti negli artt. 147 e 148 c.c., di diretta derivazione costituzionale, sorgono per il mero fatto della nascita, e “La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole (nella specie il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni) non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. esercitatile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità” (Cass. 5652/2012);
b) il presupposto della responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è individuato nella consapevolezza del concepimento: la consapevolezza non s’identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica ma si compone di una serie d’indizi univoci, tra cui primario rilievo assume la consumazione di rapporti sessuali non protetti all’epoca del concepimento;
c) ciò premesso, deve andare esente da responsabilità, per carenza dell’elemento soggettivo, il genitore che, incolpevolmente o per fatto impeditivo altrui, non sia stato posto in grado di fare fronte ai suoi doveri materiali e morali nei confronti del figlio naturale, anche considerato che all’intrattenimento di rapporti sessuali anche non protetti non consegue in automatico l’insorgere della gravidanza.
d) la consumazione di rapporti sessuali non è, infatti, di per sé sufficiente a fondare una consapevolezza rilevante ex art. 2043: la Suprema Corte ha recentemente chiarito che “in tema di danno per mancato riconoscimento di paternità, l’illecito endo-familiare attribuito al padre che abbia generato ma non riconosciuto il figlio, presuppone la consapevolezza della procreazione che, pur non identificandosi con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, presuppone comunque la maturata conoscenza dell’avvenuta procreazione, non evincibile tuttavia in via automatica dal fatto storico della sola consumazione di rapporti sessuali non protetti con la madre ma anche da altri elementi rilevanti, specificatamente allegati e provati da chi agisce in giudizio” (Cass. Civ. Ord. 22496/2021);
e) nel caso di specie, l’attore (su cui incombe l’onere probatorio) non ha fornito la prova che, con rilevante grado di probabilità, il convenuto avesse maturato una conoscenza del rapporto di paternità e, anzi, le vicende storiche emerse dall’istruttoria depongono in senso opposto e inducono a ritenere, quantomeno, che il M. possa aver nutrito profondi e fondati dubbi sul legame biologico con il figlio.