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Difese d’ufficio: la norma che prevede la riduzione di un terzo del compenso non è retroattiva

A cura della Redazione.

Nell’ordinanza n. 23958/2023 la Corte di Cassazione ribadisce la non retroattività dell’art. 106 bis D.P.R. 115/2002 che prevede la riduzione di un terzo dei compensi professionali del difensore d’ufficio nel processo penale.

Giovedi 7 Settembre 2023

Il caso: L’avvocato Tizia era stata nominata difensore d’ufficio di Caio nel procedimento penale pendente avanti il Tribunale di Roma; aveva vanamente richiesto il pagamento direttamente all’assistito, azionando il credito professionale dinanzi al giudice di pace di Roma che aveva liquidato l’importo di Euro 869,37, oltre a spese ed accessori; i tentativi di dare esecuzione alla sentenza non avevano sortito effetto ed anche la richiesta di liquidazione a carico dello Stato era stata respinta sul rilievo che, trattandosi di reato a citazione diretta in giudizio del PM, non competeva il compenso per la fase dinanzi al GUP e che non vi era stata trattazione in fase di indagini preliminari.

Il Il Tribunale, pronunciando sull’opposizione, riconosceva a titolo di compenso l’importo di Euro 270,05 per la sola attivita’ di studio degli atti e con applicazione della riduzione di un terzo ai sensi dell’articolo 106 bis TUGS, negando il rimborso delle spese per le attivita’ di recupero del credito, sostenendo che il decreto ingiuntivo divenuto definitivo non aveva valore di giudicato ai fini della liquidazione; compensava quindi le spese processuali per la non opposizione del Ministero.

Tizia ricorre in Cassazione, lamentando, in particolare:

a)  la violazione del DPR n. 115 del 2002, articolo 106 bis, sostenendo che l’attivita’ difensiva si era esaurita prima dell’entrata in vigore della norma che impone la riduzione di un terzo del compenso spettante del difensore d’ufficio e che la disposizione non era applicabile retroattivamente;

b)  la violazione del DPR n. 115 del 2002, articoli 82 e 116, sostenendo che il giudice dell’opposizione aveva negato il rimborso delle spese di recupero del credito verso l’assistito nonostante la produzione degli atti processuali che documentavano analiticamente le attivita’ svolte dalla ricorrente.

Per la Cassazione i due motivi sono fondati:

a) è accertato che l’attivita’ difensiva si è esaurita nel 2007, prima dell’entrata in vigore dell’articolo 106 bis TUSG:

– la norma, introdotta dalla l. n. 147 del 2013, articolo 1, comma 606, lettera b), a mente del quale gli importi spettanti, tra gli altri, al difensore d’ufficio nel processo penale sono ridotti di un terzo, non puo’ applicarsi retroattivamente alle attivita’ gia’ esaurite al momento della sua entrata in vigore;

– nel prevedere che “la riduzione di un terzo dei compensi spettanti ai difensori, si applica “alle liquidazioni successive alla data di entrata in vigore della presente legge”, la disposizione deve essere letta alla luce dei principi costituzionali e “in coerenza con il sistema e dunque in armonia con la fisiologia del procedimento di liquidazione, che esprime una regola di concomitanza fra tariffe professionali ed epoca della prestazione, e presuppone un’analoga concomitanza tra esaurimento della difesa, domanda del compenso e corrispondente provvedimento giudiziale”.

b) il difensore d’ufficio non puo’ ottenere la liquidazione dell’onorario a carico dell’erario senza dimostrare di aver effettuato un vano e non pretestuoso tentativo di recupero giudiziale del credito professionale, che costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi; pertanto i relativi costi, comprensivi di spese, diritti ed onorari, debbono rientrare nell’ambito di quelli che l’erario e’ tenuto a rimborsare al difensore d’ufficio.

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