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Direttiva Green: serve un piano nazionale di ristrutturazione per avere caseggiati green

A partire dal 2028 gli edifici pubblici di nuova costruzione e dal 2030, tutte le altre tipologie di nuovi edifici, dovranno essere ad emissione “zero” di combustibili fossili.

Entro il 2025 ciascun Paese dovrà presentare alla Commissione Europea un Piano nazionale di ristrutturazione che individui l’esatto percorso e le metodologie di intervento finalizzate a raggiungere il taglio dei consumi energetici derivanti da fonti fossili.

Ogni Stato membro stabilisce un piano nazionale di ristrutturazione degli edifici per garantire la ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati, al fine di ottenere un parco immobiliare decarbonizzato e ad alta efficienza energetica entro il 2050, allo scopo di trasformare gli edifici esistenti in edifici a emissioni zero.

Come ha messo in rilievo il Centro Studi CNI (Consiglio Nazione degli Ingegneri) tutto questo presuppone, però, di avere un quadro molto preciso delle condizioni di dispersione termica ed anche strutturale degli edifici su cui occorrerà intervenire.

In altre parole si deve tenere conto, tra l’altro, dei seguenti aspetti critici:

  • la carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici (l’APE non è una diagnosi energetica) non consentono di stabilire una scala di priorità che un insieme di interventi differenziati a seconda delle condizioni dei singoli edifici su cui si intende intervenire.
  • la mancanza di un modus operandi, perché non è possibile lasciare alle singole famiglie la scelta ottimale su aspetti tecnici che avranno peraltro costi considerevoli.
  • l’individuazione di un piano finanziario che consenta, attraverso l’imprescindibile compartecipazione tra risorse pubblico e private, di realizzare interventi di ristrutturazione nel lungo periodo.

    Il fenomeno Superbonus ha messo in rilievo che realizzare piani simili a totale carico dello Stato non sembra possibile, così come è impensabile però immaginare che quote consistenti di un intervento che rientra comunque nell’alveo delle politiche sociali e per la tutela dell’ambiente, possano essere pagate dai singoli proprietari di immobili.

  • Le indicazioni sopra indicate del CNI sono mirate alla realizzazione di un valido Piano Nazionale di Ristrutturazione degli edifici che deve prevedere quanto segue:

  • una rassegna dettagliata del parco immobiliare;
  • una tabella di marcia con obiettivi nazionali e indicatori di progresso;
  • una valutazione delle politiche e delle misure di supporto;
  • un’analisi del fabbisogno di investimenti,
  • un’indicazione delle fonti di finanziamento;
  • soglie specifiche per le emissioni di gas serra e il consumo energetico degli edifici;
  • una traiettoria nazionale per la ristrutturazione del parco immobiliare residenziale;
  • una stima affidabile del risparmio energetico atteso.
  • La tabella di marcia comprende obiettivi nazionali per il 2030, il 2040 e il 2050 per quanto riguarda il tasso annuo di ristrutturazione energetica, il consumo di energia primaria e finale del parco immobiliare nazionale con le relative riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra operative (scadenze specifiche entro le quali gli edifici non residenziali dovranno rispettare soglie massime di prestazione energetica inferiori, entro il 2040 e il 2050, in linea con il percorso di trasformazione del parco immobiliare nazionale in edifici a emissioni zero).

    In ogni caso, per sostenere lo sviluppo del proprio piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, ogni Stato membro organizza una consultazione pubblica sulla proposta di piano nazionale in questione prima della trasmissione dello stesso alla Commissione.

    La Commissione valuta, nelle proposte di piani nazionali di ristrutturazione degli edifici trasmessi, in particolare se:

  • il livello di ambizione degli obiettivi stabiliti a livello nazionale è sufficiente e in linea con gli impegni nazionali in materia di clima e energia figuranti nei piani nazionali integrati per l’energia e il clima;
  • le politiche e misure sono sufficienti a conseguire gli obiettivi stabiliti a livello nazionale;
  • l’assegnazione delle risorse di bilancio e amministrative è sufficiente per l’attuazione del piano;
  • le fonti e le misure di finanziamento sono in linea con la riduzione prevista della povertà energetica;
  • i piani attribuiscono carattere prioritario alla ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori;
  • la consultazione pubblica è stata sufficientemente inclusiva;
  • i piani sono conformi alle disposizioni di cui al paragrafo 1 e al modello di cui all’allegato II.

Gli Stati membri devono elaborare e trasmettere alla Commissione la propria proposta di piano ogni 5 anni, coinvolgendo le autorità locali, regionali e altri attori socioeconomici attraverso una consultazione pubblica.

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