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E’ configurabile il mobbing anche senza specifico intento persecutorio

A cura della Redazione.

Con l’ordinanza n. 22161/2024 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei presupposti in presenza dei quali è configurabile una situazione di mobbing e delll’onere della prova a carico del lavoratore.

Venerdi 23 Agosto 2024

Il caso: Mevia dipendente del Comune con qualifica di istruttore amministrativo ed inquadramento nella categoria C1, agiva innanzi al Tribunale di Siracusa per ottenere la condanna del Comune al risarcimento del danno per la forzata inattività cui era stata costretta nel periodo dal 20 aprile 2010 al giugno 2012.

Il Tribunale, rilevata dagli esiti istruttori la privazione delle mansioni lamentata e ritenuto che tale condizione avesse determinato, come accertato dalla c.t.u. medico-legale, un “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso misti” con un danno biologico temporaneo del 15% dal tempo della sua insorgenza, condannava il Comune al pagamento di un risarcimento liquidato in euro 10.492,35; la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado, ritenendo che:

– non sussisteva alcuna correlazione cronologica tra la sintomatologia presentata dalla lavoratrice e gli episodi denunciati;

– le risultanze della documentazione prodotta da Mevia ed in particolare una richiesta di accertamenti del servizio psichiatrico del febbraio 2010 ed altro documento consistente in una prescrizione farmacologica dell’aprile 2010 con l’indicazione della diagnosi “depressione ansiosa” escludevano la riconducibilità causale del danno lamentato all’inadempimento datoriale che la stessa ricorrente aveva collocato con l’inizio di una “situazione di protratta conflittualità nell’ambiente di lavoro iniziata nell’aprile 2010” .

Mevia ricorre in Cassazione, che, neaccogliere l’impugnazione, precisa quanto segue:

a) è pacifico, per effetto del giudicato interno, che, nel periodo oggetto di causa, vi sia stata “l’illegittimità della condotta dell’amministrazione di mantenere l’odierna appellante in una situazione non solo di forzata inattività ma anche di isolamento lavorativo”: da parte dell’Amministrazione vi è stato un comportamento violativo dell’art. 2087 cod. civ., norma che postula la rilevanza di quei doveri del datore di lavoro nei confronti dei suoi subordinati che vanno oltre il mero rispetto delle norme di sicurezza prescritte esplicitamente essendo estesi all’obbligo generale di prevedere ogni possibile conseguenza negativa della mancanza di equilibrio tra organizzazione di lavoro e personale impiegato;

b) il comportamento del datore di lavoro che lasci in condizione di forzata inattività il dipendente, pur se non caratterizzato da uno specifico intento persecutorio ed anche in mancanza di conseguenze sulla retribuzione, può determinare un pregiudizio sulla vita professionale e personale dell’interessato, suscettibile di risarcimento e di valutazione anche in via equitativa;

c) nel caso in esame, la Corte di merito, a fronte dell’affermazione del consulente tecnico d’ufficio secondo cui la riscontrata condizione di disturbo dell’adattamento, documentata dall’aprile 2010, “è compatibile, sul piano eziopatogenetico, con una situazione di protratta conflittualità nell’ambiente di lavoro iniziata nell’aprile del 2010”, non è dato rinvenire alcuna esplicitazione riguardo al diverso criterio logico che nel caso ha presieduto alla formazione del proprio convincimento né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito;

d) in particolare non vi è stata alcuna precisa valutazione di diagnosi a confronto né alcuna indicazione di quale sarebbe stata la causa della malattia diversa dall’ambiente di lavoro, né vi è stata alcuna considerazione, eventualmente sulla base di un supplemento di consulenza tecnica, di quanto la condizione lavorativa possa avere eventualmente inciso su un pur pregresso stato patologico: è stato, in particolare, precisato che questo approccio coglie meglio il complesso fenomeno causale, dando rilevanza anche alle condotte inadempienti rispetto agli obblighi di sicurezza di cui agli artt. 2087 cod. civ. successive alla genesi della patologia delle quali va verificata l’incidenza eziologica come fattore di aggravamento o accelerazione.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 22161 2024

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