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Fallimento: come accertare lo stato di insolvenza dell’imprenditore commerciale

Come disposto dall’art. 5 della legge fallimentare, lo stato di insolvenza di un imprenditore commerciale, ai fini della dichiarazione di fallimento, si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Mercoledi 31 Agosto 2022

Con l’ordinanza n. 24640, pubblicata il 10 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui criteri che devono essere utilizzati ai fini di fornire la prova circa lo stato di insolvenza dell’imprenditore per la declaratoria di fallimento.

IL CASO: Una società a responsabilità limitata proponeva reclamo contro la sentenza con la quale il Tribunale, su ricorso proposto da una banca, ne aveva dichiarato il fallimento, che veniva rigettato dalla Corte di Appello. Quest’ultima riteneva non fondate le contestazioni sollevate dalla debitrice rispetto al credito vantato dall’istituto bancario ed evidenziava che la mancanza di ragioni di contestazione di seria consistenza rispetto al credito azionato si accompagnava all’accertamento compiuto dalla curatela, con il deposito del progetto dello stato passivo, in ordine alla sussistenza di un’esposizione debitoria complessiva di oltre venti milioni di euro.

Pertanto, della questione veniva investita la Corte di Cassazione a seguito del ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello promosso dalla società fallita la quale deduceva l’erroneità della decisione dei giudici di merito in quanto, essendo questi ultimi chiamati a verificare l’esistenza di uno stato di insolvenza quale situazione in prognosi irreversibile e non già meramente temporanea, avrebbero dovuto verificare il carattere accidentale della situazione che aveva coinvolto la ricorrente, tenendo conto, da un lato, che la sua attività economica era stata bloccata dai provvedimenti prima di sequestro e poi di confisca (disposti nell’ambito di un giudizio penale a cui era rimasta estranea), dall’altro del prevedibile superamento di questa situazione occasionale. Inoltre, secondo la ricorrente, i giudici della Corte di Appello avrebbero dovuto accertare l’effettiva esistenza del credito della banca, essendo inopponibile al fallimento un decreto ingiuntivo non divenuto esecutivo prima della dichiarazione di insolvenza.

LA DECISIONE: I motivi del ricorso sono stati ritenuti inammissibili dalla Corte di Cassazione sulla scorta delle seguenti osservazioni:

1. come affermato dagli stessi giudici di legittimità in altri arresti giurisprudenziali, la verifica dello stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 5 della legge fallimentare esige la prova di una situazione d’impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all’epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe (Cass. 5215/2008);

2. ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza è necessario un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore, alla luce di una valutazione della sua situazione complessiva:

a) relativamente ai debiti, il computo non deve limitarsi alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato, ma va esteso a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità;

b) relativamente all’attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all’attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione – di regola – dell’operatività dell’impresa, salvo che l’eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell’avviamento.

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