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Giudizio avanti al GdP introdotto con citazione: ammissibile il mutamento di rito

Come disposto dal primo comma dell’art. 316 del Codice di procedura civile, nel testo modificato dalla Riforma Cartabia, le domande giudiziali innanzi al Giudice di Pace vanno proposte nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. Quindi, ogni azione va introdotta con il ricorso e non più con l’atto di citazione.

Venerdi 28 Giugno 2024

Con l’ordinanza 10141/2024, pubblicata il 15 aprile 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla validità o meno delle azioni introdotte innanzi al Giudice di Pace con atto di citazione anziché con ricorso e sulla possibilità o meno, in questi casi, di procedere con il mutamento del rito.

La questione è giunta all’esame dei giudici di legittimità a seguito di un ordinanza emessa dal Giudice di Pace di Barre ai sensi dell’art. 363 bis, introdotto dalla riforma Cartabia il quale stabilisce che il “giudice di merito può disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto”, nel concorso di quattro condizioni: 1) la questione deve essere “necessaria alla definizione anche parziale del giudizio”; 2) la stessa non deve essere “stata ancora risolta dalla Corte di cassazione”; 3) deve presentare “gravi difficoltà interpretative”; 4) deve essere “suscettibile di porsi in numerosi giudizi”.

Il giudizio pendente innanzi al Giudice di Pace di Barra aveva ad oggetto la richiesta di risarcimento danni derivanti da sinistro stradale. La domanda era stata proposta con atto di citazione nei confronti del responsabile civile e della di lui compagnia assicurativa.

Il difensore dell’attore alla prima udienza chiedeva disporsi il mutamento del rito da citazione in ricorso.

La difesa della compagnia si opponeva alla richiesta attorea, eccependo l’improponibilità della domanda in quanto introdotta con atto di citazione in contrasto con quanto disposto dal nuovo testo del primo comma dell’art. 316 c.p.c.

Nel disporre il rinvio alla Corte di Cassazione per la risoluzione della questione di diritto, il Giudice di Pace di Barra ha formulato il seguente quesito “se possa procedersi – nei giudizi ordinari davanti al Giudice di Pace ove è previsto, a seguito della riformulazione dell’art. 316 c.p.c. (entrata in vigore il 28.02.2023) che l’atto introduttivo assuma le forme del procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies, undecies, duodecies e terdecies c.p.c., e quindi del ricorso – al mutamento del rito qualora il giudizio venga introdotto con atto di citazione a comparire ad udienza fissa, ovvero secondo un rito non più esistente perché abrogato”.

Con l’ordinanza di rimessione alla Cassazione, il Giudice di Pace di Barra ha:

– osservato che non si registrano pronunce di legittimità sulla facoltà concessa alla parte di mutare il rito dalla stessa introdotto ove questo “non sia più esistente” e, quindi, “non costituisca più uno strumento processuale a disposizione della parte”, come accaduto a seguito della riforma recata dal d.lgs. n. 149 del 2022, in forza della quale, dinanzi al Giudice di pace, sussiste «un solo (e unico) “rito ordinario” che va introdotto nelle forme del procedimento semplificato di cognizione»;

– dato atto che la giurisprudenza di legittimità ha più volte (opposizione a decreto ingiuntivo per credito relativi a rapporti di locazione urbana ex art. 447-bis c.p.c.; giudizi di impugnazione; giudizi in tema di recupero di prestazioni professionali ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011; procedimenti semplificati ex d.lgs. n. 150 del 2011) ritenuto possibile, e anzi doveroso, “da parte del giudice di disporre il mutamento del rito, da quello erroneamente adottato dalla parte a quello corretto, anche in ossequio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.

– evidenziato il carattere della novità della questione che secondo il giudice remittente presenterebbe “gravi difficoltà interpretative”, anche perché le precedenti decisioni della Cassazione sono state rese “nel quadro normativo previgente all’entrata in vigore della riforma” del 2022, dove, innanzi al Giudice di pace, era previsto un “rito ordinario”, da introdursi con citazione diverso e distinto da quelli “speciali”.

Il rinvio pregiudiziale sollevato dal Giudice di Pace di Barra è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione la quale ha ritenuto non sussistenti le condizioni previste dall’art. 363-bis c.p.c., escludendo nel caso trattato qualsiasi apprezzamento circa la grave difficoltà interpretativa che attiene alla questione concernente la possibilità, o meno, dopo l’entrata in vigore della riforma del codice di rito recata dal d.lgs. n. 149 del 2022, di operare il mutamento del rito nei giudizi innanzi al giudice di pace introdotti con citazione a comparire ad udienza fissa e non secondo le forme del procedimento semplificato di cognizione, anche se il rito adottato non sia più esistente in quanto abrogato.

Gli Ermellini hanno, altresì, osservato che:

– nel caso specifico, il Giudice di Pace, da un lato ha mostrato chiaramente di avere contezza di quale sia la giurisprudenza di legittimità nei casi di rito erroneamente adottato dalla parte e, del resto, proprio in forza dei principi da essa enucleabili, ha evidenziato quali potrebbero essere, in coerenza, le soluzioni ermeneutiche praticabili, nell’ambito delle quali ben potrebbe, il medesimo giudice, maturare il proprio convincimento;

– soccorrono ad integrare il quadro giurisprudenziale tratteggiato dal Giudice di Pace remittente e ad arricchire i contenuti delle opzioni interpretative di cui può disporre il medesimo giudice, ulteriori precedenti, i quali consentono di collocare utilmente la questione anche in un più ampio e sedimentato contesto valoriale, assegnando specifica rilevanza al principio secondo il quale “l’erronea applicazione delle regole procedurali non può pregiudicare o aggravare in modo non proporzionato l’accertamento del diritto, sicché dall’adozione di un rito errato non deriva alcuna nullità, né la stessa può essere dedotta quale motivo di gravame, a meno che l’errore non abbia inciso sul contraddittorio o sull’esercizio del diritto di difesa o non abbia, in generale, cagionato un qualsivoglia altro specifico pregiudizio processuale alla parte” (così, più di recente nell’ambito dell’abrogato “rito societario”, Cass., Sez. I, 12 maggio 2021, n. 12567; in precedenza, tra le altre, Cass., Sez. II, 17 ottobre 2014, n. 22075, Cass., Sez. III, 27 gennaio 2015, n. 1448 e Cass., Sez. Lav., 5 aprile 2018, n. 8422).

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 10141 2024

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