Gli errori contabili non rendono nulla la delibera
Il Tribunale di Verona, con la sentenza n. 1290 del 4 giugno 2024, ha ribadito l’importante principio secondo cui gli errori di contabilità non costituiscono causa di nullità della deliberazione, la quale quindi può essere invalidata soltanto se impugnata entro il consueto termine di trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c. Approfondiamo la vicenda.
Impugnazione della delibera per errori contabili: fatto e decisione
Un condomino conveniva in giudizio la propria compagine per ottenere la dichiarazione di nullità di alcune deliberazioni con cui l’assemblea aveva approvato bilanci di più annualità, senza peraltro che la rendicontazione fosse accompagnata dalla documentazione giustificativa delle spese.
Lamentava altresì una serie di errori contabili che, sempre a suo dire, avrebbe inficiato la validità delle decisioni.
Si costituiva il condominio eccependo la decadenza dell’impugnazione: la medesima, infatti, era stata proposta ben oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c.
Il Tribunale di Verona, con la sentenza in commento, ha rigettato la domanda attorea accogliendo l’eccezione del condominio convenuto.
In effetti, nessuno dei vizi sottoposti all’autorità giudiziaria rappresentava causa di nullità delle deliberazioni impugnate, potendo gli stessi al più integrare motivi di annullabilità che, com’è noto, vanno contestati entro il termine di trenta giorni.
Il Tribunale di Verona rammenta come gli errori di contabilità non costituiscono causa di nullità della deliberazione, la quale quindi può essere invalidata soltanto se impugnata entro il consueto termine di trenta giorni.
Lo stesso dicasi per l’ipotesi di approvazione contestuale di plurimi bilanci annuali; il giudice scaligero ricorda come possa costituire motivo di annullabilità l’approvazione di un unico bilancio pluriannuale mentre, al contrario, sia valida la deliberazione con cui vengono approvati più rendiconti annuali, l’uno separato dall’altro, indicati all’interno dell’ordine del giorno e oggetto di distinta disamina da parte dei condòmini
L’approvazione tardiva del rendiconto può infatti costituire al più motivo di revoca dell’amministratore ma non rappresenta mai una causa di nullità, nemmeno se viene approvato un rendiconto pluriannuale, cioè composto di annualità cumulate tra loro: in quest’ultima ipotesi, come detto, la delibera è solo annullabile.
Nemmeno costituisce motivo di nullità l’approvazione del rendiconto non accompagnato dalla documentazione giustificativa della spesa sostenuta dal condominio.
Nullità della deliberazione: considerazioni conclusive
La sentenza del Tribunale di Verona in commento ha fatto senz’altro buon governo dei consolidati principi della giurisprudenza legittimità.
Vanno innanzitutto citate le Sezioni Unite della Suprema Corte le quali, a più riprese, hanno ribadito in quali occasioni una deliberazione, nel silenzio normativo, può ritenersi nulla.
«Sono nulle, innanzitutto, le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario alle norme imperative. Le norme imperative sono quelle norme non derogabili dalla volontà dei privati, poste a tutela degli interessi generali della collettività sociale o di interessi particolari che l’ordinamento reputa indisponibili, assicurandone comunque la tutela.
Nella disciplina del condominio degli edifici, le norme inderogabili sono specificamente individuate dall’art. 1138 c.c., comma 4, e art. 72 disp. att. c.c.
Parimenti vanno ritenute nulle le deliberazioni assembleari che abbiano un contenuto contrario all’ordine pubblico, inteso quale complesso dei principi generali dell’ordinamento (tale sarebbe, ad es., una deliberazione che introducesse discriminazioni di sesso o di razza tra i condomini nell’uso delle cose comuni); ovvero che abbiano un contenuto contrario al buon costume, inteso quest’ultimo come il complesso delle regole che costituiscono la morale della collettività sociale in un dato ambiente e in un determinato tempo.
In questi casi, la deliberazione assembleare, nonostante verta su una materia rientrante nelle attribuzioni dell’assemblea, si pone però in tale contrasto con i valori giuridici fondamentali dell’ordinamento da non poter trovare alcuna tutela giuridica, sicché la sua nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (anche da parte del condomino che abbia votato a favore della sua approvazione).
Al di fuori di tali ipotesi, deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la mera annullabilità della deliberazione, che può essere fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all’art. 1137 c.c.» (Cass., Sez. Un., 14 aprile 2021 n. 9839).
La “madre” di tutte le sentenze riguardante la distinzione tra nullità e annullabilità rimane comunque quella resa dalle Sezioni Unite nel 2005 (7 marzo 2005 n. 4806): «Devono qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, quelle con oggetto impossibile o illecito (in quanto contrarie all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), quelle con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto.
Devono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all’oggetto».
Degna di menzione è anche la sentenza della Corte di Cassazione (4 marzo 2011, n. 5254) con la quale è stato stabilito che le deliberazioni di approvazione del rendiconto annuale non possono essere rimesse in discussione dal singolo condomino se non nella forma di impugnazione della delibera, da considerare perciò annullabile, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c.