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I parametri per l’accertamento di una malattia professionale non tabellata:onere della prova e nesso causale.

“In tema di malattia professionale, derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologìa multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore e il nesso causale tra l’attività lavorativa e il danno alla salute dev’essere valutato secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica”. 

Lunedi 28 Marzo 2022

La Sesta Sezione Civile della Cassazione, richiamandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante in materia, ha ribadito che l’onere di dimostrare la sussistenza del nesso eziologico tra l’evento morboso occorso e lo svolgimento della mansione spetta al lavoratore (Cass. Civ. n. 26041/2018; Cass. Civ. Ord. 8947/2020).

Va preliminarmente ricordato che la malattia professionale non tabellata, si configura ogni qualvolta il lavoratore è affetto da patologìa non espressamente riconosciuta dalle tabelle formulate secondo la normativa vigente. Nel caso di specie, nell’ordinanza de qua, la Corte ha sottolineato che il nesso causale tra l’attività lavorativa e il danno alla salute deve valutarsi secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica.

La Corte d’appello di Messina, confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda del lavoratore nei confronti dell’ Inail per l’accertamento del diritto alla rendita per inabilità parziale permanente conseguente alla limitazione funzionale subìta a seguito dello svolgimento dell’attività di ferraiolo carpentiere.

Avverso la pronuncia, il lavoratore proponeva ricorso per cassazione denunciando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del T.U. n. 1124 del 1965 e del d.m. 14. 1. 2008 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. avendo, la Corte d’appello, ignorato le norme sulle malattie tabellare e, soprattutto, le mansioni da lui svolte nel corso dell’attività lavorativa, in rapporto all’accertamento della patologìa denunciata. Con il secondo motivo, sottolineava che la Corte territoriale aveva accolto le risultanze della Ctu senza motivarle.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 9342 del 22 marzo, ha rigettato il ricorso.

Riguardo al primo motivo, lo ha dichiarato manifestamente infondato evidenziando che in tema di malattia professionale, derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifunzionale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore (Cass. n. 17438/2012 e Cass. n. 8773/2018) ed il nesso causale tra l’attività lavorativa e il danno alla salute dev’essere valutato secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica, nel senso che esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in un rilevante grado di probabilità da accertare in relazione all’entità dell’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, potendosi desumere, con elevato grado di probabilità, la natura professionale della malattia dalla tipologia della lavorazione, dalle caratteristiche dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione stessa, nonché dall’assenza di altri fattori causali extralavorativi alternativi o concorrenti. E, a proposito dell’accertamento del nesso causale, la Corte ha richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite, n. 581 del 2008 – in tema di danno da emotrasfusioni – per ribadire che i principi generali che regolano la causalità materiale ( o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli articoli 40 e 41 del cod. pen., mentre ciò che differenzia l’accertamento del nesso causale, sia in ambito penale che civile, è la regola probatoria. Mentre, infatti, in sede penale vige il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, in quello civile vige quello del più probabile che non. E pertanto, la regola della cosiddetta certezza probabilistica non può ancorarsi, in via esclusiva, alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classe di eventi ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto. Infine, le conclusioni del CTU, pacificamente accettate dalla Corte territoriale, hanno accertato che le alterazioni muscolo scheletriche riscontrate non sono riconducibili alle vibrazioni meccaniche trasmesse nell’esercizio delle mansioni dall’utilizzo dei macchinari, cosicchè non si può attribuire a questo l’insorgere precoce delle patologie denunciate.

Alla luce di tanto, non potendo ritenere sussistente un nesso causale tra l’esposizione subìta dal lavoratore e la malattia in mancanza di un accertamento circa la possibilità che la patologìa riscontrata fosse riconducibile, con ragionevole probabilità, alle mansioni lavorative del ricorrente, la Corte ha rigettato il ricorso condannandolo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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Note

 Così come aggiornato dal D.Lgs n. 38/2000, recante “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professiona

     

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n. 9342 2022

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