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Il condominio non può assolutamente aggravare la servitù di conduttura sul giardino di un condomino

È fondamentale mantenere le tubazioni in buono stato di conservazione e funzionamento, rispettando le norme di utilizzo ed evitando interventi non autorizzati. Naturalmente questo discorso vale anche per quelle condutture che per volontà del costruttore si trovano nelle proprietà esclusive dei singoli condomini.

In altre parole è possibile (e non certo raro) che l’acquirente di un’unità immobiliare facente parte di un caseggiato si trovi il proprio immobile gravato da servitù di scarico fognario realizzate dal costruttore quando era unico proprietario. Si parla in tal caso di servitù nate per destinazione del padre di famiglia, situazione che si verifica quando il fabbricato, prima della vendita delle singole proprietà individuali, apparteneva interamente al costruttore (il c.d. padre di famiglia).

Se però il condominio vuole inserire nuove tubazioni nelle aree private, il singolo condominio deve essere informato.

A tale proposito sembra utile prendere in considerazione la sentenza del Tribunale di Roma n. 1785 del 29 gennaio 2024.

Giardino del singolo condomino e aggravamento della servitù di conduttura da parte del condominio. Fatto e decisione

I proprietari di un appartamento, munito di giardino privato, in occasione della stipula di un contratto di locazione a terzi, si rendevano conto di infiltrazioni d’acqua nel detto spazio verde; un loro tecnico di fiducia valutava che la causa era da ricercarsi in vizi delle condutture condominiali.

Di conseguenza informavano il condominio, il cui amministratore affermava però non essere esistenti tubazioni e/o impianti condominiali nell’ambito della loro proprietà, atteso che gli scarichi erano tutti collocati nella parte opposta del fabbricato.

Successivamente, però, i predetti condomini apprendevano dell’avvenuta realizzazione – nel giardino di loro proprietà esclusiva – di pozzetti a servizio di fognatura condominiale (non esistenti alla data di stipula del contratto di locazione a terzi), in riferimento ai quali nessuna comunicazione e/o richiesta di autorizzazione era a loro pervenuta.

Successivamente le parti cominciavano a trattare per trovare una soluzione concordata con il condominio (che proponeva un indennizzo non soddisfacente). Le trattative non portavano a nulla.

I condomini perciò citavano davanti al Tribunale il condominio richiedendo, previo accertamento dell’abusività delle linee fognarie condominiali (con relativi pozzetti di scarico), realizzati a loro insaputa nel giardino di proprietà esclusiva, la condanna del convenuto alla rimozione delle dette opere illecite; inoltre chiedevano il risarcimento dei danni subiti a causa delle perdite provenienti dai pozzetti fognari e relative linee fognarie, abusivamente realizzati nel loro giardino. Non solo. Gli attori richiedevano pure il risarcimento dei danni per mancato utilizzo dell’immobile, nonché il rimborso delle spese per gli accertamenti tecnici fatti eseguire.

Infine domandavano la condanna del condominio a far eseguire tutti gli interventi necessari per allacciare lo scarico della cucina del loro appartamento alla nuova rete fognaria.

Nel corso del procedimento il CTU – in esito a due sopralluoghi – rilevava che nel giardino delle attrici, nella striscia cementata a ridosso dello stabile, erano effettivamente presenti due pozzetti di recente fattura a servizio della fognatura condominiale, realizzata con tubazione in PVC di colore arancione.

In merito allo scarico del lavello della cucina, la prova colorimetrica non evidenziava alcun allaccio con la linea fognaria e/o con i pozzetti presenti nel giardino.

La videoispezione espletata metteva in rilievo che, oltre al mancato allaccio della cucina, parte dei denunciati inconvenienti erano da imputare anche a presunte perdite provenienti dalle colonne condominiali di scarico dei piani superiori; in ogni caso lo stesso CTU accertava che, anche prima dei detti lavori nel giardino delle attrici era esistente una linea di scarico di acque bianche e nere, che però aveva direzione in senso opposto a quello determinato con i nuovi lavori. Il Tribunale, valutata la CTU, dava ragione agli attori.

Secondo il giudicante, i nuovi lavori abusivi realizzati all’insaputa degli attori hanno determinato un evidente aggravamento della servitù che già era in essere (art. 1067 c.c. comma 1), e sul quale nessun consenso è stato espresso dai condomini proprietari del fondo servente, essendo poi assente qualsiasi statuizione giudiziale; né rileva l’omessa impugnazione delle delibere condominiali (che han riguardato proprietà individuali) e/o il pagamento negli anni degli oneri ordinari e straordinari (avvenuto in assenza di consapevolezza della condizione di fatto in essere).

Impianto di fognatura, quando è di tutti i condòmini

Considerazioni conclusive

È pacifico che rientri nelle attribuzioni dell’assemblea il potere di disciplinare la gestione dei beni e dei servizi comuni, ai fini della migliore e più razionale utilizzazione degli stessi da parte dei condomini, anche quando il servizio si svolge con l’uso di determinati beni comuni (mobili o immobili) e, quando, la sistemazione più funzionale del servizio, deliberata dall’assemblea, comporti, come conseguenza la dismissione dell’uso di detti beni ovvero il trasferimento di essi in altro luogo.

Si può, quindi, affermare che, nell’ambito della gestione dinamica delle parti condominiali, non v’è ragione di prescrivere una sorta di intangibilità delle condizioni esistenti e di negare l’operatività del principio maggioritario al fine di decidere le modifiche al servizio, anche nei casi in cui, assieme al vantaggio dei più (e spesso di tutti, compresi i dissenzienti), esse comportino qualche inconveniente o pregiudizio.

Alla luce di quanto sopra i condomini, titolari di un fondo configurato come dominante, nell’ambito di una servitù costituita per la fruizione di un servizio condominiale (autoclave), possono decidere di modificare il servizio (spostando l’ubicazione dell’autoclave) con le maggioranze richieste dall’art. 1136 c.c., quando la rinunzia della servitù non costituisca l’oggetto della delibera ma consegua ad essa come effetto della nuova situazione di fatto venutasi a creare tra i fondi in conseguenza del venir meno dei requisiti oggettivi che caratterizzano la servitù (Cass. civ., sez. II, 28/10/2020, n. 23741).

Si tenga conto però che, ai sensi dell’art 1067 c.c., è fatto divieto al proprietario del fondo dominante (nella vicenda esaminata il condominio) di apportare innovazioni che, procurando un apprezzabile pregiudizio, attuale o potenziale, rendano più gravosa la condizione del fondo servente (Cass. civ., sez. II, 14/05/2018, n. 11661).

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