Il debitore contesta le somme indicate in precetto: a chi spetta provare l’esattezza degli importi intimati
Con l’ordinanza 13848, pubblicata il 19 maggio 2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa al soggetto tenuto a fornire la prova circa l’ammontare delle somme richieste con un atto di precetto nel caso in cui il debitore ne contesta l’entità.
Giovedi 25 Maggio 2023 |
IL CASO: La vicenda esaminata riguarda l’opposizione promossa dall’INPS contro un atto di precetto notificatogli da un assistita sulla scorta di una sentenza con la quale la Corte di Appello aveva dichiarato il diritto di quest’ultima alla pensione di vecchiaia e condannato l’istituto di previdenza al pagamento degli arretrati, oltre agli interessi legali.
Con l’opposizione, l’INPS deduceva l’erronea determinazione della somma effettivamente spettante all’intimante in quanto non sussistevano i presupposti per “l’integrazione al minimo” e dichiarava di aver corrisposto alla stessa un importo minore.
L’intimante si difendeva sostenendo che la quantificazione dei ratei di pensione era stata effettuata applicando il sistema retributivo, e in ragione di ciò si sarebbe determinata la differenza rispetto alla somma indicata dall’Inps.
L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale e la decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame interposto dall’INPS.
Pertanto, quest’ultimo investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo con un unico motivo l’erroneità della decisione dei giudici di merito, avendo questi ultimi ritenuto che fosse onere del debitore opponente (cioè, dell’Inps) fornire la prova di aver pagato tutto quanto dovuto al creditore opposto, sulla base del titolo giudiziale.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale, nell’accoglierlo con rinvio alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione, ha dato continuità all’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui “nel giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, cod. proc. civ., qualora il titolo esecutivo non consenta l’esatta quantificazione del credito (come nella specie), incombe sul creditore opposto, attore in senso sostanziale, l’onere di fornire, in caso di contestazione, la prova della esattezza degli importi intimati” (Cass. n. 24669/14, cfr. Cass. n. 16610/11).
Quindi, nel caso esaminato, hanno concluso gli Ermellini, essendo in presenza di una condanna generica, spettava al creditore procedente, in qualità di attore in senso sostanziale, fornire la prova che la somma “precettata” fosse invece quella effettivamente dovuta ex lege (eventualmente mediante ammissione di una CTU tecnico contabile), e quindi, sarebbe stato necessario accertare se il pagamento dell’Inps fosse o meno interamente satisfattivo, così riproponendosi la questione sull’effettivo ammontare del dovuto e, quindi, sulla idoneità del titolo esecutivo.