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Il giudice non può liquidare più di quanto chiesto dall’attore per ogni voce di danno

Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., il prescindere, travalicandole, dalle specifiche indicazioni quantitative della parte in ordine a ciascuna delle voci di danno elencate in domanda introduttiva.

Martedi 15 Ottobre 2024

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 25626/2024.

Il caso: Tizio conveniva in giudizio il Comune di Mignano Monte Lungo davanti al Tribunale di Cassino, onde ottenerne la condanna all’arretramento degli alberi di proprietà comunale piantati a distanza non regolamentare rispetto alla sua proprietà, al rimborso delle spese necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi, al taglio delle radici e al risarcimento dei danni subiti e subendi.

Il Tribunale condannava il Comune di Mignano Monte Lungo al pagamento della somma di Euro 8.066,97, oltre interessi, a titolo di risarcimento dei danni arrecati all’immobile dell’attrice dalle radici degli alberi di tiglio vegetanti a ridosso del muro di recinzione di sua proprietà.

Tizio appellava la sentenza di primo grado, lamentando, tra l’altro, che l’entità del risarcimento liquidato era inferiore a quanto accertato dal c.t.u. nella misura di Euro 21.884,88: la Corte d’Appello , in accoglimento del gravame, per quel che qui interessa elevava la sorte del risarcimento di condanna del suddetto Comune fino alla concorrenza di Euro 21.884,88.

Il Comune ricorre in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., nonché dell’art. 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.:

  • i giudici di merito hanno elevato la misura del risarcimento del danno per il rifacimento della recinzione a Euro 21.884,88, in luogo della somma di Euro 8.066,97, liquidata dal Tribunale, sostenendo che sul punto non vi fossero state specifiche contestazioni, senza invece considerare che il Tribunale aveva liquidato il risarcimento nella misura indicata con la citazione introduttiva (ossia Euro 8.066,97);

  • a fronte della doglianza dell’appellante in ordine all’entità dal quantum liquidato in primo grado, il Comune aveva eccepito la coerenza con il principio della domanda della misura liquidata e che, pertanto, il motivo di gravame sul punto costituiva domanda nuova.

Per la Cassazione la censura è fondata: in merito si richiamano i seguenti principi:

a) Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., il prescindere, travalicandole, dalle specifiche indicazioni quantitative della parte in ordine a ciascuna delle voci di danno elencate in domanda, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere – in base ad apprezzamento di fatto concernente l’interpretazione della domanda e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione – meramente indicative, come sarebbe lecito concludere allorché la parte, pur dopo l’indicazione, chieda comunque che il danno sia liquidato secondo giustizia ed equità;

b) non costituisce mera “emendatio” l’ampliamento dell’originaria domanda attrice, così trascurando di considerare la limitazione posta dalla stessa danneggiata alla propria domanda risarcitoria manifestata attraverso la quantificazione analitica di ogni singola voce di danno e il relativo ammontare espresso in una somma complessiva certa e determinata, tale da escludere un’ulteriore richiesta di liquidazione del danno secondo giustizia ed equità;

c) nel caso in esame, risulta dalla stessa sentenza impugnata che l’attrice aveva chiesto in primo grado il pagamento della somma di Euro 8.066,97, oltre a interessi e spese di lite, senza ulteriore specificazione, e che, in appello, aveva invece domandato che il risarcimento venisse liquidato nella misura di Euro 21.884,88, come quantificata dal c.t.u; appare allora evidente come la pronuncia della Corte d’Appello abbia travalicato i limiti della domanda, avendo accolto una censura che si poneva, rispetto al quantum risarcitorio, in termini tutt’affatto nuovi.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 25626 2024

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