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Il regolamento contrattuale vincola le porzioni di proprietà esclusiva

Con sentenza emessa in data 16 dicembre 2022, n. 36963, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su sei motivi di censura rinvenienti da azione intentata dalla società Y (successivamente fusa per incorporazione nell’attuale ricorrente società Alfa) nei confronti di due convenuti-condomini, innanzi al Tribunale di Milano, per sentirli condannare alla rimozione di una loggia-balcone realizzata nell’immobile di loro proprietà situato nell’ambito del complesso residenziale.

Il vincolo della servitù reciproca: la vicenda

La società attrice, dopo aver premesso di essere proprietaria di alcuni immobili siti nel medesimo complesso, deduceva che quest’ultimo era regolato da un regolamento di “Condominio Centrale”, il quale imponeva in tutto il comprensorio un vincolo di servitù reciproca che precludeva ai singoli proprietari la possibilità di apportare qualsiasi tipo di modifica agli immobili siti nel medesimo complesso.

Detto vincolo, proseguiva l’attrice, veniva poi richiamato nei regolamenti dei singoli “Condomini Periferici” nonché nei singoli atti di acquisto dei condomini, compreso quello dei convenuti, risultando quindi pienamente opponibile.

Di contro, i resistenti nel costituirsi, contestarono:

  1. la legittimazione attiva della società Y, in quanto non titolare di alcuna unità immobiliare nel singolo condominio ove era situata l’unità immobiliare di cui erano titolari;
  2. l’inopponibilità della servitù in questione, in quanto non menzionata nell’atto di acquisto da essi concluso con il dante causa;
  3. l’usucapione del diritto di mantenere la loggia, in quanto quest’ultima era stata realizzata dallo stesso proprietario precedente, oltre venti anni prima.

Chiesero, infine, di essere autorizzati alla chiamata in manleva del medesimo vecchio proprietario dell’immobile. Quest’ultimo, tuttavia, autorizzata ed effettuata la chiamata in causa, rimase contumace.

Il giudice di prime cure rigettava la domanda della società attrice rilevando la mancanza di “un elemento di collegamento certo tra vicissitudini e la regolamentazione di tutte le unità immobiliari appartenenti ai litiganti, e cioè di un regolamento supercondominiale.

Avverso tale pronuncia l’appellante-società Y proponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello di Milano, si costituirono i due appellati, i quali proposero appello incidentale, rimanendo contumace sempre il medesimo condomino, rimasto contumace anche nel giudizio di primo grado.

Anche il giudice di appello territorialmente competente rigettava sia l’appello principale che l’appello incidentale con sentenza depositata il 27.10.2016 e confermava in toto la decisione di primo grado, precisando che corretta era la valutazione del giudice di prime cure in ordine all’assenza di prova della titolarità in capo all’appellante della servitù invocata, risultando infondate le doglianze dell’appellante in ordine alla mancata rilevazione, da parte del giudice di prime cure, della identità del compendio immobiliare nell’ambito del quale erano inserite le unità immobiliari di titolarità delle parti in causa, in quanto: a) le deduzioni dell’appellante apparivano contraddittorie nel dedurre l’esistenza di un supercondominio collocato nel territorio di ben tre diversi Comuni; 2) l’atto di acquisto del dante causa, in ogni caso, non menzionava alcun regolamento di supercondominio, ma il solo regolamento di condominio.

Avverso la decisione del giudice del gravame, il ricorrente-società Alfa, (quale incorporante della società Y) proponeva ricorso in cassazione adducendo sei motivi. Resistevano gli appellati con controricorso, non costituendosi un intimato.

I motivi del ricorso

Il primo motivo. La società-ricorrente denunciava con il primo motivo, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2504 c.c., nella versione ratione temporis vigente. Il ricorso criticava la decisione impugnata nella parte in cui la stessa aveva ritenuto che la fusione per incorporazione tra le due società non valesse ad elidere l’originaria diversità di identità delle due compagini.

Il secondo motivo. Si deduceva, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 24 Cost. Il ricorso lamentava il carattere incomprensibile della motivazione della Corte territoriale nella parte in cui essa ha disatteso il motivo di appello che deduceva l’esistenza di un supercondominio.

Il terzo motivo. Si denunciava, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1411 c.c. nonché dell’art. 24 Cost. Il ricorrente lamentava che la Corte territoriale avesse escluso l’esistenza di un collegamento negoziale tra i patti contrattuali che contemplano la servitù sia nell’atto di acquisto della ricorrente sia nell’atto di acquisto dei controricorrenti, sebbene nei due titoli venga riprodotta una clausola di identico tenore, argomentando da tale circostanza la propria titolarità ad agire per il rispetto del vincolo stabilito dalla servitù.

Il quarto motivo. Si deduceva, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 1138 c.c. e la “conseguente errata e falsa interpretazione dell’opponibilità ed efficacia del regolamento di supercondominio predisposto dall’originario costruttore e venditore”.

Il ricorso censurava la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’appello aveva escluso la vincolatività del regolamento di supercondominio, evidenziando il carattere contraddittorio di tale affermazione rispetto alla precedente negazione, da parte della medesima Corte territoriale, della stessa esistenza di un supercondominio.

Il quinto motivo. Si deduceva, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1362 c.c. con riferimento all’art. 25 del regolamento di supercondominio.

Il sesto motivo. Si deduceva, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ancora una volta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1362 c.c. con riferimento all’art. 25 del regolamento di supercondominio.

Questione preliminare

La Suprema Corte riteneva opportuno esaminare, in via preliminare, l’eccezione contenuta nel controricorso in ordine alla inammissibilità della produzione documentazione effettuata dal ricorrente, ritenendola fondata, atteso che i documenti prodotti dalla ricorrente non concernono né la nullità della sentenza impugnata né l’ammissibilità del ricorso e risultano conseguentemente del tutto estranei all’ambito di ammissibilità fissato dall’art. 372 c.p.c., non senza rilevare, peraltro, che i medesimi sono anche del tutto irrilevanti ai fini della presente decisione.

La Cassazione esaminando i motivi del ricorso riteneva fondati il primo, il secondo ed il quarto, ed assorbiti gli altri.

La incorporazione della società realizza una situazione giuridica come una successione universale

Gli ermellini precisavano che l’incorporazione di una società realizza una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale e produce gli effetti, tra loro indipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della nuova persona giuridica venendo quindi ad operare un fenomeno successorio che appare affine a quello della successione mortis causa, anche se da quest’ultima si differenzia perché la modificazione dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti (Vedi Cass. civ. sez. II, sent. 25 febbraio 2011, n. 4740; Cass. civ. sez. III, sent. 11 novembre 2015, n. 22998; Cass. civ. sez. III, sent. 25 ottobre 2016, n. 21482).

Posto ciò, la Cassazione rilevava che in relazione ad una vicenda verificatasi in epoca anteriore alla riforma del diritto delle società, che “la incorporazione non elide la originaria diversità di identità” di incorporante ed incorporata, la Corte d’appello di Milano ha immotivatamente disapplicato tali principi, pervenendo a conclusioni che sarebbero, semmai, compatibili con l’attuale disciplina della fusione dettata dall’art. 2504-bis c.c. (Cass. civ. S.U. sent. 10 settembre 2010, n. 19698).

Regolamento del Supercondominio: vincolatività alle parti esclusive con servitù reciproca

La Cassazione si soffermava sull’opponibilità ed efficacia del regolamento di supercondominio predisposto dall’originario costruttore e venditore, considerata dalla Corte territoriale ambrosiana, che vincola chi abbia acquistato le singole unità immobiliari successivamente alla sua predisposizione purché richiamato ed approvato nei singoli atti di proprietà, in modo da far parte per relationem del loro contenuto (Cass. civ. sez. II, sent. 19 settembre 2014, n. 19798; Cass. civ. sez. II, ord. n. 974/2019).

Servitù e regolamento contrattuale

Però la Corte d’appello lombarda non ha tenuto conto dell’ulteriore principio, enunciato sempre da questa Corte, per cui il regolamento di un supercondominio, predisposto dall’originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtù del suo carattere convenzionale, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l’uso ed il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (cfr. Cass. civ. sez. II, sent. 20 novembre 2019, n. 30246; Cass. civ. sez. II, sent.13 giugno 2013, n. 14898).

I vincoli ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari

Alla luce di quest’ultimo principio deve ritenersi che il regolamento di condominio (o supercondominio), predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio (o del complesso) e contenente clausole di natura contrattuale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, vincoli i successivi acquirenti delle singole unità immobiliari nelle due ipotesi alternative in cui:

  • indipendentemente dalla trascrizione, nei singoli atti di acquisto venga fatto riferimento al regolamento medesimo, che -seppure non inserito materialmente- deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass. civ. sez. II, sent. 11 febbraio 2022, n. 4529).
  • il regolamento sia fatto oggetto di regolare trascrizione nei registri immobiliari in base agli artt. 2643, n. 4), e 2659, n. 2) c.c., in epoca anteriore alla trascrizione dei singoli atti di acquisto, divenendo in tal modo opponibile ai successivi acquirenti, al di là del richiamo del regolamento stesso nei medesimi atti (Cass. civ. sez. II, sent. 9 agosto 2022, n. 24526; Cass. civ. sez. II, sent. 18 ottobre 2016, n. 21024).

Purtroppo a tali principi la Corte ambrosiana non si è pienamente conformata, omettendo in particolare, di verificare sia se l’atto di acquisto dei controricorrenti contenesse il richiamo al suddetto regolamento di supercondominio, ove effettivamente esistente, sia se quest’ultimo fosse stato comunque oggetto di trascrizione sull’unità immobiliare successivamente divenuta di titolarità dei medesimi.

In buona sostanza, la Suprema Corte riteneva che la Corte di appello Milano avesse motivato in modo inadeguato la sentenza impugnata, non solo con riferimento alle regole ratione temporis vigenti in tema di fusione, ma anche dei principi più volte affermati da questa Corte in tema di opponibilità dei regolamenti condominiali contrattuali e dei vincoli sulle porzioni di proprietà esclusiva da essi contemplati.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, assorbiti glia altri, e per l’effetto cassava la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Sentenza
Scarica Cass. 16 dicembre 2022 n. 36963

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