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Installazione di un nuovo lucernaio e valutazione dell’impatto sul decoro architettonico del condominio

I lucernari (e cioè le aperture praticate sulla parete esterna o sulla copertura di un edificio per illuminare gli ambienti adiacenti o sottostanti), anche se inseriti nella facciata, non rientrano fra le parti necessarie o comunque destinate all’uso comune, essendo accidentali rispetto alla struttura essenziale del fabbricato, e piuttosto costituiscono, di regola, elementi integranti dell’appartamento che vi ha accesso o nel quale comunque immettono luce ed aria.

I lucernari però possono essere anche beni condominiali.

La sua natura di bene comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., va accertata in base al criterio della sua precipua e prevalente funzione protettiva od ornamentale ed alla rilevata efficacia decorativa dell’intero edificio.

Soltanto in specifiche situazioni di fatto, determinate dalla peculiare conformazione architettonica del fabbricato, i lucernari, ovvero, in particolare, alcuni elementi di tali manufatti, assolvono non ad una funzione accessoria al decoro della singola unità immobiliare di proprietà esclusiva, cui assicurano luce ed aria, quanto ad una prevalente funzione di rendere esteticamente gradevole l’intero edificio, dovendo unicamente in questi casi essere considerati di proprietà comune dei condomini.

In tale ultima ipotesi non si può escludere che un condomino apra nel tetto nuovi lucernari per dare aria e luce ai locali sottostanti.

In altre parole è legittimo, in quanto esplicazione del diritto di comproprietà, aprire un lucernario nel tetto comune di un edificio per dare aria e luce ad un sottotetto di proprietà esclusiva purché l’opera sia realizzata a perfetta regola d’arte, non pregiudichi la copertura né leda i diritti degli altri condomini. Non solo. I nuovi lucernari devono avere le stesse caratteristiche di quelli esistenti. La questione è stata affrontata dalla Cassazione nella sentenza n. 24073 del 2 agosto 2022.

Installazione di un nuovo lucernaio e valutazione dell’impatto sul decoro architettonico del condominio: la vicenda

Una condomina con appartamento all’ultimo piano citava in giudizio davanti al Tribunale il condominio chiedendo che fosse accertata la piena legittimità dei lucernai da lei installati sul tetto dell’edificio, anche sotto il profilo edilizio, per non avere essi compromesso e messo in pericolo la stabilità del fabbricato.

Il condominio, assumendo che le opere poste in essere dalla controparte non erano state autorizzate e violavano il regolamento condominiale, propose domanda riconvenzionale chiedendo che l’attrice fosse condannata a rimuovere i lucernai, sostituendoli con quelli preesistenti o analoghi agli altri lucernai già installati, ed a ripristinare la struttura del tetto e l’orditura dei travetti secondari.

A fronte di tale domanda riconvenzionale l’attrice, dietro autorizzazione del giudice, chiamava in causa gli altri possessori di lucernaio localizzato nel sottotetto, manifestando il desiderio di voler estendere la domanda riconvenzionale anche a loro. Il Tribunale di Milano, riteneva che spettasse all’assemblea condominiale approvare un progetto, comune a tutte le unità immobiliari, da adoperare come riferimento nella realizzazione di lucernai aventi le stesse misure e dimensioni.

La Corte d’appello, invece, ribaltando la decisione del giudice di primo grado, rigettava le richieste che la condomina aveva rivolto al condominio, reputando inammissibili quelle che implicavano il coinvolgimento degli altri possessori di lucernari; in ogni caso accogliendo la domanda del condominio condannava la condomina al ripristino dello stato originale dei luoghi.

A sostegno delle loro ragioni i giudici di secondo grado facevano presente, tra l’altro, che la nuova opera realizzata senza autorizzazione del condominio, ledeva il decoro architettonico dell’edificio, per essere i lucernai installati di dimensioni maggiori e di conformazione diversa rispetto agli altri presenti nel tetto (violando sia l’art. 1120 c.c. per le innovazioni, sia l’art. 6 del regolamento di condominio, per essere sati inseriti nel tetto elementi difformi rispetto all’insieme delle linee e delle strutture dell’edificio, tali da alterare l’armonica fisionomia dello stabile).

Secondo la Corte tale compromissione non era esclusa dal fatto che il palazzo era di poco pregio, né dalla maggior o minore o comunque scarsa visibilità delle difformità riscontrate. La condomina ricorreva in cassazione sulla base di una serie di motivazioni.

La decisione della Cassazione: il problema decoro

I giudici supremi non hanno condiviso pienamente il ragionamento della Corte di Appello. Gli stessi giudici hanno ricordato che la lesione al decoro architettonico dell’edificio non può ritenersi normalmente esclusa da interventi precedenti sull’immobile, a meno che essi non abbiano arrecato un degrado tale da rendere ininfluente e nemmeno percepibile l’intervento successivo.

Come nota la Cassazione, però, la Corte d’Appello non ha compiuto alcun accertamento su punto, omettendo di valutare se la situazione antecedente avesse o meno già compromesso il decoro architettonico dell’edificio e, quindi, se l’intervento dell’attrice potesse ritenersi, per tale ragione, ininfluente sotto tale aspetto.

Pertanto, in relazione a questo ed altri motivi, la Suprema Corte ha cassato la sentenza, rinviando la causa alla Corte d’appello, che si occuperà anche della liquidazione delle spese del giudizio tra la condomina e il condominio.

Sentenza
Scarica Cass. 3 agosto 2022 n. 24073

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