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La convivenza prematrimoniale può incidere sul quantum dell’assegno di divorzio

Nell’ambito di un procedimento di divorzio, con ordinanza interlocutoria n. 30671/2022, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, ritenuta la questione posta dalla ricorrente relativa al rilievo della durata del rapporto di convivenza, anteriore al matrimonio formalizzato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, «di massima di particolare importanza» a norma dell’art. 374 c.p.c., comma 2, rimetteva la causa alla Prima Presidente, per le valutazioni di sua competenza in ordine alla possibile assegnazione della presente controversia alle Sezioni unite per la sua soluzione.

Le Sezioni Unite, dopo una ampia e articolata disamina, conclude per ritenere che vada computato, ai fini dell’assegno divorzile, il periodo della convivenza prematrimoniale, ma a detereminate condizioni, delle quali la parte richiedere dovrà fornire prova rigorosa:

a) la convivenza prematrimoniale rileverà, ai fini patrimoniali che interessano, ove poi consolidatasi nel matrimonio, se assume i connotati di stabilità e continuità, essendo necessario che i conviventi abbiano elaborato un progetto ed un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio), dal quale inevitabilmente discendono anche reciproche contribuzioni economiche;

b) l’assegno divorzile, nella sua componente compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del nesso causale tra l’accertata sperequazione fra i mezzi economici dei coniugi e il contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali;

c) solo un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio, presente al momento del divorzio fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, sia l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari può giustificare il riconoscimento di un assegno perequativo, tendente a colmare tale squilibrio, mentre in assenza della prova di questo nesso causale, l’assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell’assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli; d) sarà necessario verificare poi l’effettivo nesso tra le scelte compiute nella fase di convivenza prematrimoniale e quelle compiute nel matrimonio.

e) nel caso in esame, la Corte d’appello, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile dovuto dall’ex marito alla ricorrente, non ha effettivamente considerato, nella valutazione del contributo al ménage familiare dato dalla ex moglie anche con il ruolo svolto di casalinga e di madre, per come allegato, il periodo (dal 1996 al 2003), continuativo e stabile, di convivenza prematrimoniale (nell’ambito del quale era nato anche un figlio della coppia), avendo incentrato il giudizio, oltre che sulle disponibilità economiche del soggetto onerato, solo sulla «durata legale del matrimonio»;

Da tali premesse, discende il seguente principio di diritto: « Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio».

Allegato:

Cassazione civile Sezioni Unite sentenza 35385 2023

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