La natura residuale dell’ azione di arricchimento senza giusta causa
Il pagamento delle rate di mutuo da parte del coniuge, essendo comunque dovuto alla banca mutuante, esclude l’esperibilità dell’ azione tipica di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c nei confronti dell’altro coniuge.
Lunedi 25 Novembre 2024 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27008/2024.
Il caso: Nel corso di una causa per la separazione giudiziale tra i coniugi Tizio e Mevia, il primo conveniva in giudizio la moglie per sentire accertata:
-
l’efficacia e validità ad una missiva inviata via fax tramite i rispettivi avvocati, nella quale egli chiedeva fosse riconosciuto che per le sessantatré (63) rate di mutuo scadute dal 2005 al 2010 pagate dal conto cointestato (alimentato dai suoi soli stipendi),
-
che quindi Mevia si era arricchita senza giusta causa e, per l’effetto, fosse condannata al pagamento risultante dagli estratti conto bancari.
Il Tribunale rigettava, con sentenza non definitiva, la domanda ritenendo che Tizio avrebbe dovuto esperire l’azione dell’art. 2033 cod. civ., di indebito oggettivo, e non quella prevista dall’art. 2041 cod. civ.
Tizio ricorreva in appello; la Corte distrettuale confermava la sentenza di primo grado; Tizio propone ricorso per Cassazione, rilevando che il mutuo doveva essere rimborsato, ma veniva pagato con denaro proveniente dal solo Tizio e non anche da Mevia, che invece era la debitrice, almeno in senso formale, cosicché veniva effettuato un pagamento dovuto (alla banca mutuante) ma da parte di un soggetto che non vi era obbligato, Tizio, con conseguente arricchimento privo di causa di Mevia.
Per la Suprema Corte il motivo è fondato:
a) la Corte d’appello di Lecce ha escluso la proponibilità da parte di Tizio dell’azione generale di arricchimento senza causa, di cui all’art. 2041 cod. civ. sulla base dell’assunto che lo stesso avrebbe potuto esperire l’azione di indebito oggettivo ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., poiché l’azione di arricchimento senza causa «non è legittimamente esperibile qualora il danneggiato abbia la facoltà di esercitare un’altra azione tipica nei confronti dell’arricchito onde evitare il pregiudizio economico paventato»;
b) però la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico;
c) nel caso in esame, non risulta, dalla sentenza impugnata, che sia rimasta priva di prova la circostanza dell’avvenuto esborso di denaro, proveniente dagli stipendi e dal trattamento di fine rapporto, da parte di Tizio per provvedere al rimborso del mutuo contratto per l’acquisto, in capo a Mevia, della villa;
d) pertanto, non potendo Tizio esperire l’azione di indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 cod. civ., in quanto comunque il pagamento delle rate di mutuo era dovuto alla banca mutuante e dunque ricorrendo un’ipotesi di esclusione originaria dell’esperibilità di un’azione tipica, l’unica azione esperibile dall’odierno ricorrente per recuperare in parte quanto sborsato mediante il pagamento delle dette rate, è l’azione di cui all’art. 2041 cod. civ.