La parte non adempie all’ordine di chiamata in causa del terzo iussu iudicis: conseguenze
Con l’ordinanza n. 3506/2024 la Corte di Cassazione analizza le conseguenze derivanti dalla inottemperanza all’ordine di chiamata in causa del terzo “iussu iudicis” ex art. 107 c.p.c.
Giovedi 15 Febbraio 2024 |
Il caso: l’avv. Caio conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Milano,Mevia chiedendone la condanna al pagamento della somma di € 12.402,52, oltre interessi legali e rivalutazione, nonché le spese del giudizio, per l’attività professionale stragiudiziale resa in suo favore a far data dall’aprile 2016, deducendo di averla assistita nella controversia relativa al risarcimento per un sinistro stradale e di averle consentito di conseguire dalla Assicurazione il pagamento di € 92.768,00, senza che la predetta, benché richiesta in tal senso, provvedesse a pagargli il compenso nella misura pattuita di € 13.500,00, oltre accessori, ma solo nella minor somma di € 7.295,60 al lordo degli accessori.
Mevia si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.
Il tribunale ordinava la chiamata in giudizio, a norma dell’art. 107 cod. proc. civ., dei terzi assicuratori e, non risultando notificato alcun atto di chiamata in causa, fissava l’udienza per la precisazione delle conclusioni sulla questione preliminare di cui all’art. 307 cod. proc. civ., all’esito della quale, dopo aver respinto l’istanza di revoca dell’ordinanza e la richiesta di rimessione in termini, dichiarava con sentenza ai sensi dell’art. 307 cod. proc. civ., l’estinzione del processo per mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ..
L’avv. Tizio proponeva appello, che veniva rigettata dalla Corte distrettuale; il legale quindi ricorre in Cassazione, evidenziando che:
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il giudice di merito ha fondato la decisione sulla base di un erroneo inquadramento normativo e processuale della fattispecie e una lacunosa applicazione delle norme processuali, atteso che il giudice di primo grado aveva disposto la chiamata in causa delle compagnie assicurative non già in quanto litisconsorti necessari, ma per meri motivi di opportunità;
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in siffatti casi, la mancata ottemperanza all’ordine del giudice avrebbe imposto a quest’ultimo, ai sensi dell’art. 270, secondo comma, cod. proc. civ., di cancellare la causa dal ruolo, consentendo alla parte la sua riassunzione nel termine perentorio di tre mesi a pena di estinzione del processo.
Per la Cassazione la censura è fondata:
a) premesso che la chiamata iussu iudicis del terzo dà luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio processuale necessario, le conseguenze della mancata ottemperanza all’ordine del giudice sono espressamente previste dall’art. 270, secondo comma, cod. proc. civ., secondo il quale il processo non si estingue, ma la causa viene cancellata dal ruolo con ordinanza non impugnabile;
b) dall’ordinanza di cancellazione decorre il termine trimestrale entro il quale la causa deve essere riassunta con la chiamata in causa del terzo, ai sensi dell’art. 307, primo comma, cod. proc. civ., altrimenti il processo si estingue;
c) il legislatore del 1950 ha scelto la soluzione di una degradazione delle conseguenze dell’inottemperanza all’ordine di chiamata in causa del terzo, configurando la cancellazione della causa dal ruolo come una fase preliminare alla dichiarazione di estinzione e assumendo la riassunzione nel termine perentorio fissato dall’art. 307 nei confronti (anche) del terzo come rimedio alle conseguenze della precedente omissione.