La rilevanza penale del saluto romano
Depositate le motivazioni della sentenza della Cassazione, n. 16153 del 18 gennaio 2024, con le quali sono stati chiariti i profili di rilevanza penale del saluto romano, compiuto da 8 militanti di estrema destra, per i quali è stato disposto un processo di appello bis.
Mercoledi 24 Aprile 2024 |
Per le Sezioni Unite, ai fini dell’integrazione del reato previsto dalla legge Scelba ( art. 5 della L. 20 giugno 1952, n. 645), serve il pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione.
A seguito della manifestazione pubblica tenutasi, nel 2016, a Milano in memoria di un consigliere provinciale del movimento sociale e di due militanti, l’uno del fronte della gioventù e l’altro della repubblica sociale italiana, la Prima Sezione della Cassazione aveva rimesso la questione di diritto alle Sezioni Unite, interrogandole sul “se la condotta consistente nel protendere in avanti il braccio nel c.d. saluto romano e nel rispondere “ presente!” alla chiamata, evocativa della gestualità tipica del disciolto partito fascista, tenuta nel corso di manifestazione pubblica alla presenza di circa 1200 persone radunatesi per commemorare soggetti deceduti, uno dei quali militante in formazioni politiche conservatrici, gli altri due già esponenti della Repubblica Sociale Italiana, senza previa identificazione della partecipazione di esponenti di una associazione esistente oggi che propugni i medesimi ideali del predetto partito fascista, integri la fattispecie di reato di cui all’art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 oppure quella prevista dalla legge 30 giugno 1952, n. 645, art. 5; se entrambe le disposizioni normative configurino un reato di pericolo di natura concreta oppure astratta e se le medesime siano traloro in rapporto di specialità, oppure possano concorrere”.
Per le Sezioni Unite, per stabilire la sussistenza del reato, il giudice deve valutare in concreto una serie di elementi, in quanto idonei a concretizzare il pericolo di emulazione, tra i quali: il contesto ambientale, l’eventuale valenza simbolica del luogo, la ripetizione dei gesti, il numero dei partecipanti.
I giudici escludono che la caratteristica commemorativa dell’evento possa rappresentare fattore di “ automatica insussistenza del reato”. Questa condotta, per la Corte, può integrare anche il delitto previsto dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 122/1993, convertito nella legge n. 205/1993, cosiddetta Legge Mancino, laddove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, di cui all’art. 604-bis, secondo comma, c.p., rubricato Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. Pur trattandosi di due reati diversi, si realizzano ambedue attraverso la partecipazione a pubbliche riunioni: le prime con le modalità proprie del disciolto partito fascista e le seconde in quelle di movimenti, gruppi e associazioni aventi il comune scopo di incitare alla discriminazione e alla violenza.
Tuttavia ad un nucleo comune, si affianca “ un elemento di sicura differenziazione”. Tra i due delitti non sussiste alcun rapporto di specialità tanto che essi possono concorrere. La Corte d’appello, dopo aver precisato che il “saluto romano” e la chiamata “presente”, rimandavano all’iconografia fascista, riteneva che l’ostentazione pubblica di tali gesti fosse concretamente idonea alla propaganda e diffusione di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico e sulla violenza e quindi alla compromissione della ordinata e pacifica convivenza civile, come tale integrante il rischio tipico del reato contestato perchè svoltosi alla presenza di un migliaio di persone.
Per la Cassazione, il ricorso degli imputati è fondato nella parte in cui deduce l’erronea qualificazione giuridica della condotta come una violazione dell’art. 2 della legge Mancino anziché dell’ art. 5 della legge Scelba. “Affinchè il rituale espresso nelle manifestazioni di cui all’art. 5 legge cit. possa integrare anche il reato di cui all’art. 2 occorrerà che ad esso si accompagnino elementi, relativi al contesto complessivo in cui lo stesso sia tenuto, idonei ad attribuirgli non solo la funzione semplicemente evocativa del disciolto partito fascista – e, dunque, ove ricorrente il pericolo concreto richiesto, incitativa della sua ricostruzione – ma anche, a fronte del contesto materiale o dell’ambito nel quale la manifestazione ha luogo, il significato discriminatorio tipizzante il reato di cui all’art. 2 cit”.
Dunque, le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo il quale, “ la condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla chiamata del presente e nel cosiddetto saluto romano integra il delitto previsto dall’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista , vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall’art. 2, comma 1, d.l. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. ( già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654”.