Lavori su parti comuni e private in condominio: è possibile compensare il danno da ritardo con il corrispettivo dei lavori?
Il Tribunale di Torre Annunziata, con una sentenza del 13 luglio scorso, prende in esame il caso del mancato saldo del corrispettivo all’impresa esecutrice di lavori, poi fallita, per lavori conclusi oltre la scadenza contrattuale.
La decisione, interessantissima, investe numerosi istituti di diritto sostanziale e processuale, quali il recupero dei crediti dell’impresa fallita, le forme e le modalità dell’appalto, l’arricchimento indebito, la compensazione dei crediti e le differenze tra una domanda giudiziale di compensazione e una eccezione riconvenzionale.
Appalto, danno da ritardo e compensazione con il corrispettivo dei lavori: la vicenda
La vicenda ha origine da un contratto di appalto stipulato da un Condominio del comune di Sorrento ed una impresa, successivamente fallita.
I lavori, che hanno interessato sia parti comuni che private e non erano stati tutti previsti inizialmente, sono stati pagati solo in parte, determinando un credito in favore dell’impresa fallita; questa però, anche in ragione delle maggiori lavorazioni richieste in corso d’opera, ha concluso l’appalto con un ritardo di quasi due anni.
L’azione promossa dalla Curatela fallimentare (titolare della legittimazione dopo il fallimento dell’impresa appaltatrice) nei confronti del Condominio è stata tesa quindi all’accertamento dell’inadempimento del Condominio ed alla sua condanna al pagamento del corrispettivo dell’appalto ancora non saldato.
Nella causa è intervenuta spontaneamente anche una condomina.
La domanda dell’impresa
La domanda attrice ha ad oggetto l’accertamento del credito derivante dal contratto di appalto stipulato con il Condominio e la condanna di quest’ultimo al pagamento del corrispettivo ancora dovuto (circa €. 44.000) o, in subordine, all’indennità per l’indebito arricchimento ex art.2041 c.c. goduto dal Condominio per le lavorazioni fatte; sempre oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di lite.
Le difese del condominio
Il convenuto si è costituito sollevando una serie di eccezioni e chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento del credito del Condominio per la penale da ritardata conclusione dei lavori (per oltre €. 53.000), la relativa condanna del Fallimento al pagamento e, in caso di accertamento di un debito nei confronti dell’impresa fallita, la compensazione del medesimo nella misura corrispondente con quello vantato dal Fallimento.
L’intervento volontario di un condomino
Nella causa è intervenuta volontariamente una condomina, la quale, oltre al rigetto della domanda del Fallimento, ha domandato in via subordinata una riduzione delle pretese dell’attore in ragione dell’effettivo prezzo delle opere eseguite, della loro non corretta esecuzione e della natura privata e non condominiale di alcune lavorazioni.
Anch’essa poi ha chiesto in via riconvenzionale l’accertamento dell’inadempimento e la condanna dell’impresa al pagamento della penale da ritardo così come la compensazione con quanto eventualmente dovuto dal Condominio a titolo di corrispettivo dell’appalto.
Sul punto si osserva che essendo il Condominio privo di personalità giuridica, in più occasioni la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto e la legittimazione di ciascun condomino non solo ad intervenire nella causa ma addirittura ad impugnare la decisione sfavorevole al Condominio stesso.
Il giudizio
Durante il corso del processo ed in sede conclusionale, il Condominio, resosi conto dell’inammissibilità della propria domanda (poi confermata dalla sentenza) ha rinunciato alla domanda riconvenzionale riducendola al rango di eccezione.
Come è noto, la differenza consiste nel fatto che mentre la domanda “riconvenzionale” mira ad ottenere l’accertamento di un diritto (nel caso di specie, di credito) e la conseguente condanna (nel caso di specie, al pagamento di una somma) ed è destinata a formare un giudicato sul punto (che per l’effetto non potrà essere oggetto di accertamento da parte di altro giudice), l’eccezione riconvenzionale mira semplicemente a bloccare la domanda di controparte precludendone l’accoglimento, così da scongiurare una pronuncia di condanna al pagamento somme ma senza una richiesta di accertamento del controcredito opposto in compensazione, che, nel caso di specie, trattandosi di un Fallimento, avrebbe richiesto l’adozione della procedura speciale prevista dalla legge fallimentare.
La decisione del tribunale
Questa si è basata innanzi tutto su alcuni fatti pacifici e documentati:
- la stipula di un contratto di appalto tra il Condominio e l’impresa, in esecuzione di una delibera assembleare del settembre 2007;
- oggetto della domanda del Fallimento era il pagamento di somme (circa €.44.000) per lavori eseguiti su parti comuni e private dell’edificio non previsti nell’originario contratto;
- la circostanza, riconosciuta dallo stesso Fallimento in sede di comparsa conclusionale, che detti lavori non costituivano una variante dell’appalto ma, pur connessi al medesimo, erano totalmente nuovi e autonomi rispetto a quelli originariamente pattuiti, tanto da determinare uno sconvolgimento del piano originario delle opere;
- il fatto che in base al contratto stipulato eventuali nuovi lavori (e relativi prezzi) si sarebbero dovuti concordare per iscritto: forma scritta pacificamente assente nel caso di specie;
- il fatto che alla data del 19 febbraio 2014 i lavori (che avrebbero dovuto avere conclusione nel maggio 2012) erano ancora in corso e di ciò il Condominio si era ripetutamente lamentato, sollecitando l’adempimento;
- nel contratto stipulato era prevista una penale di €. 75,00 per ogni giorno di ritardo.
Dai fatti di cui sopra, il Tribunale non ha potuto che dare attuazione alle norme di legge, così come interpretate e applicate dalla giurisprudenza costante della Suprema Corte.
Ovvero:
- pur essendo vero che il contratto di appalto tra soggetti privati e non pubblici non necessita della forma scritta, tuttavia è preclusa all’impresa l’azione di adempimento per il pagamento del corrispettivo (per assenza di valido contratto), ove le parti come nel caso di specie abbiano previsto la forma scritta come essenziale per qualsiasi accordo inerente nuove lavorazioni non classificabili come varianti;
- nel contempo è improponibile e non accoglibile anche la domanda ex art.2041 c.c., considerato che secondo l’orientamento della S.C. (Cass. n.723/2022) la proponibilità dell’azione di arricchimento (nel caso di specie proposta in subordine dal Fallimento) va valutata in astratto e va negata ove la domanda di adempimento (astrattamente possibile) sia in concreto rigettata per nullità del contratto: come nel caso di specie in cui la nullità del contratto avente ad oggetto le nuove lavorazioni è determinata dal difetto della forma scritta convenuta;
- l’inammissibilità della domanda (riconvenzionale) di indebito arricchimento non si estende però alle eccezioni (riconvenzionali) in virtù delle quali il Condominio convenuto e la condomina intervenuta, mutando e riducendo l’originaria domanda, si sono limitate ad opporre il diritto alla penale da ritardata esecuzione dei lavori al solo fine di paralizzare l’avversa richiesta di condanna per ottenerne il rigetto (cfr. Cass. n.9787/2022);
- la pacificità del ritardo e dell’ammontare della penale maturata (come detto circa €.53.000) ha reso inutile qualsiasi accertamento circa l’entità dei lavori eseguiti in aggiunta così come la loro natura condominiale o privata;
- infine, in ragione della particolarità della questione, che il Tribunale ha ritenuto rientrare nel perimetro di cui alla sentenza n.77/2018 della Corte Costituzionale, appare corretta anche la decisione di compensare le spese di lite, salvo quelle della CTU, poste definitivamente a carico dell’attore.
Sentenza
Scarica Trib. Torre Annunziata 13 luglio 2022 n. 1742