L’onere di allegazione e di prova del danneggiato da animale randagio
Si segnala la sentenza n. 187/2024 del 16 gennaio 2024 con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere specifica l’onere probatorio a carico di chi assume di essere stato danneggiato da animali randagi non essendo sufficiente che la normativa regionale individui il soggetto avente il compito di controllo e di gestione del fenomeno del randagismo.
Mercoledi 31 Gennaio 2024 |
Il caso: I sig.ri Tizio e Mevia in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore Gaia convenivano in giudizio l’Asl nonché il Comune al fine di chiedere il risarcimento dei danni patiti all’esito dell’aggressione subita dalla minore da un cane randagio: la predetta minore, mentre si trovava ad attraversare una piazza accompagnata dal padre e dallo zio, veniva improvvisamente aggredita da un cane randagio di grossa taglia fuoriuscito da un grosso cespuglio.
A seguito dell’aggressione la minore cadeva al suolo battendo violentemente il viso e immediatamente veniva soccorsa dal padre che provvedeva a trasportarla presso il P.S. dell’ospedale ove le venivano diagnosticate “Flc tripla della guancia destra e frattura parziale della corona degli incisivi centrali superiori”.
Parte istante sosteneva che la presenza del cane randagio era stata più volte segnalata agli agenti del la Polizia locale del Comune, ma tali segnalazioni rimanevano prive di riscontro.
Il Tribunale, nell’esaminare la vicenda anche alla luce della normativa vigente, preliminarmente osserva:
a) con riferimento alla legittimazione passiva, per i danni causati dagli animali liberi e privi di proprietario, essa spetta “esclusivamente all’ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge il compito di prevenire il pericolo specifico per l’incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi”
b) secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, il danneggiante invero deve farsi carico “dell’onere di individuare non in astratto, bensì in concreto, il comportamento colposo ascritto all’amministrazione comunale”: non basta, infatti, che la normativa regionale individui nel Comune (nel caso di specie il soggetto (o meglio: uno dei soggetti) avente il compito di controllo e di gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo che chi si assume danneggiato, in base alle regole generali, alleghi e dimostri il contenuto della condotta obbligatoria esigibile dall’ente e la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva;
c) l’art. 2043 c.c., in luogo di quella di cui all’art. 2052 c.c., quest’ultimo ritenuto invocabile nelle ipotesi in cui ricorre il potere/dovere di custodia, ossia la concreta possibilità di vigilanza e controllo del comportamento degli animali (Cass. 25/11/2005, n. 24895), impone, infatti, che la responsabilità dell’ente si affermi solo previa individuazione del concreto comportamento colposo ad esso ascrivibile e cioè che gli siano imputabili condotte, a seconda dei casi, genericamente o specificamente colpose che abbiano reso possibile il verificarsi dell’evento dannoso
d) ciò implica che, applicandosi i principi generali in tema di responsabilità per colpa di cui all’art. 2043 c.c. non è possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi: in mancanza della puntuale allegazione e della prova di una concreta condotta colposa esigibile dall’ente, il cui onere spetta certamente all’attore danneggiato in base alle regole generali e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria non è possibile ascrivere alcun tipo di responsabilità in capo all’ente preposto alla prevenzione e repressione del fenomeno del randagismo;
e) occorre dunque che sia specificamente allegato e provato dall’attore che, nel caso di specie, la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era nella specie possibile ed esigibile, e che l’omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell’ente preposto (ad es. perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura);
f) nel caso di specie, l’attore ha assolto all’onere probatorio richiesto per accedere alla tutela risarcitoria avendo dimostrato che dopo le segnalazioni l’ente convenuto non si era attivato con la dovuta diligenza per provvedere all’accalappiamento.