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Mancato rispetto del termine di 15 gg. nella mediazione delegata: conseguenze

Con l’ordinanza 4133, pubblicata il 14 febbraio 2024, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa alla natura del termine di quindici giorni concesso dal giudice civile alle parti per l’instaurazione del procedimento di mediazione e sulle conseguenze derivanti dal suo mancato rispetto.

Lunedi 26 Febbraio 2024

IL CASO: La vicenda riguarda un opposizione promossa avverso un decreto ingiuntivo per il pagamento di una somma di denaro a titolo di penale contrattuale dovuta dall’ingiunto per l’ingiustificato recesso da un contratto di spandimento fanghi di depurazione agricola che era stata stipulato con il richiedente l’emissione dell’ingiunzione.

Nel corso del giudizio il Tribunale disponeva procedersi con la mediazione.

All’esito, il Tribunale riteneva non rispettato il termine di quindici giorni assegnato per il deposito dell’istanza di avvio della mediazione delegata e dichiarava l’opposizione inammissibile.

Di diverso avviso la Corte di appello, la quale accoglieva il gravame proposto dagli ingiunti con conseguente revoca del decreto ingiuntivo.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, i giudici della Corte territoriale ritenevano ordinatario il termine di 15 giorni per l’avvio della mediazione, ai sensi dell’art. 152 del codice di procedura civile, evidenziando che per l’avveramento della condizione di procedibilità è sufficiente che il primo intervento viene svolto prima della data fissata per lo svolgimento dell’udienza di rinvio disposta dal giudice.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso promosso dagli originari creditori, sul punto ha richiamato il precedente giurisprudenziale di legittimità (Cassazione sentenza 40035/2021) che ha negato il carattere di perentorietà al termine di quindici giorni disposto dal giudice per dar corso alla mediazione delegata e ritenendo soddisfatta la condizione di procedibilità di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 se, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, vi sia stato il primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo.

Il legislatore, con il comma 2 bis dell’art. 5 del decreto legislativo 28/2010, secondo il quale “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, hanno osservato gli Ermellini, non ha collegato la dichiarazione di improcedibilità al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda, bensì al solo evento dell’esperimento del procedimento di mediazione.

Tale lettura, hanno concluso:

i) risulta coerente con la riconosciuta natura non perentoria del termine di quindici giorni, fissato dal giudice ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5,comma 2, e tale è rimasto anche nella disciplina risultata a seguito della riforma legislativa del 2013, che non è intervenuta sul punto;

ii) ha il conforto dell’art. 152, 2° comma, cod. proc. civ., posto che il termine di quindici giorni non è stato qualificato come perentorio;

iii) è confermata dalla necessità che il giudice fissi una successiva udienza tenendo conto della scadenza del termine massimo della durata della mediazione;

iv) è compatibile con la ratio legis sottesa alla mediazione obbligatoria ope iudicis, consistente nella ricerca della soluzione migliore possibile per le parti, dato un certo stato di avanzamento della lite e certe sue caratteristiche che poco si concilierebbero con la tesi della natura perentoria del termine, atteso che finirebbe per frustrare l’operatività del generale principio del raggiungimento dello scopo;

v) è coerente con il principio della ragionevole durata del processo, perché la verifica all’udienza fissata, è già ricompresa nell’intervallo temporale delimitato dalla previsione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 7, a mente del quale “Il periodo di cui all’art. 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2” (c.d legge Pinto).

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