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Nessuna compatibilità tra il reato di maltrattamenti e l’attenuante della provocazione

A cura della Redazione.

La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 28417/2024 affronta la questione della compatibilità o meno tra delitto di maltrattamenti ed attenuante della “provocazione”.

Venerdi 9 Agosto 2024

Il caso: La Corte di appello di Ancona confermava la condanna di Tizio per il delitto di maltrattamenti in danno della propria compagna aggravato dal fatto di essere stato commesso in presenza dei loro figli minorenni.

Tizio, tramite il proprio difensore, ricorre in Cassazione, deducendo in particolare la violazione di legge e vizio di motivazione, per essere stato ritenuto sussistente il reato nonostante il riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, ex art. 62, n. 2), cod. pen., la quale è incompatibile con i reati a condotta abituale.

Per la Cassazione il motivo, in tema di compatibilità tra delitto di maltrattamenti ed attenuante della “provocazione”, non è fondato: sul punto osserva che:

a) la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere l’incompatibilità di tale circostanza attenuante con il delitto di maltrattamenti e, più in generale, con il genus dei reati abituali, quelli, cioè, che si realizzano attraverso una serie di comportamenti antigiuridici di analoga natura, ripetuti e replicati nel tempo;

b) tuttavia, è sufficiente leggere tali precedenti di legittimità, per rilevare che quella giurisprudenza è maturata tutta in relazione a vicende nelle quali si invocava il riconoscimento dell’attenuante e non – come invece si pretende nel caso in esame – l’esclusione del reato: la Corte di cassazione ha rilevato che, in presenza di comportamenti offensivi reiterati e protratti nel tempo, quella che si vorrebbe prospettare come una reazione emotiva ad un fatto ingiusto non può che presentarsi, in realtà, come l’espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta, al quale l’ordinamento non può dare alcun riconoscimento;

c) l’errore giuridico che inficia le sentenze di merito sta, dunque, nell’aver riconosciuto l’attenuante pur nella ritenuta presenza degli estremi del delitto di maltrattamenti: tuttavia, la sentenza d’appello, in mancanza di un’impugnazione del Pubblico ministero sul punto, non poteva emendarlo; d’altro canto, però, di esso non può comunque dolersi l’imputato, trattandosi di una decisione sì errata, ma a lui favorevole.

Allegato:

Cassazione penale sentenza 28417 2024

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