English EN French FR Italian IT Spanish ES

Per impugnare una delibera assembleare occorre anche un interesse concreto

Secondo l’art. 1137 c.c., che sancisce l’obbligatorietà delle delibere assembleari per tutti i condomini, le decisioni collegiali possono essere impugnate da assenti, dissenzienti o astenuti quando in esse siano ravvisate contrarietà alla legge o al regolamento di condominio.

Tutto ciò nei limiti di un termine perentorio di trenta giorni, diversamente computato in relazione al soggetto che intende sollevare il vizio che renderebbe illegittima la deliberazione.

La giurisprudenza, più volte chiamata a decidere in merito alla domanda di annullamento, non si è fermata ad esaminare la irregolarità formale della deliberazione, ma ha considerato un ulteriore profilo della questione, ritenuto determinante al fine dell’accoglimento della domanda: la necessità di dimostrare, da parte dell’attore, di un interesse ad agire.

Rigettata l’impugnativa per mancata dimostrazione del danno patito dall’attore. Fatto e decisione

Il Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza n. 3410 pubblicata il 25 luglio 2023, ha respinto l’impugnativa di due delibere assembleari, aventi ad oggetto l’approvazione di più bilanci preventivi e consuntivi, per asserita illegittimità delle stesse rispetto alle norme in materie di condominio.

Il condominio, costituitosi in giudizio, eccepiva l’inammissibilità della domanda per decorrenza dei termini di cui all’art. 1137 c.c., nonché l’improcedibilità della domanda per asimmetria della stessa rispetto a quanto chiesto nell’esperito tentativo obbligatorio di mediazione.

Ad avviso del giudicante, il quale ha richiamato l’attenzione sulla dicotomia tra delibere nulle ed annullabili, notoriamente definita dalla Corte suprema (Cass. Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806 e successive conferme), ha dichiarato la legittimità delle delibere impugnate, che non contenevano vizi riconducibili a quelli richiesti dalla normativa vigente per procedere ad un loro annullamento.

Tale decisione è stata, peraltro, preceduta dall’esame di una ulteriore circostanza: ovvero che per avere ragione dell’annullamento di una delibera assembleare occorre dimostrare di avere un interesse economico all’azione che è sottoposto, per quanto riguarda l’attore, al rispetto dell’art. 2697 c.c. Più specificamente il Tribunale ha affermato che non è sufficiente, ai fini dell’accoglimento della domanda, dimostrare che il deliberato sia normativamente viziato, ma occorre anche dimostrare “l’ulteriore circostanza, rappresentata dal danno economico per effetto della delibera assembleare presa non in conformità della legge, danno economico riverberatosi nel patrimonio del condomino impugnante che deve essere oggetto di espressa quantificazione da parte di quest’ultimo“.

Solo in tal modo, ad avviso del Tribunale, è possibile porre un freno ad impugnative che si ripercuotono negativamente sull’andamento della vita dei condomini e senza apportare un vantaggio alla collettività.

Mentre il Tribunale si è astenuto dal decidere in merito alla eccepita difformità tra l’oggetto della mediazione e quello di cui giudizio incardinato tra le parti.

Considerazioni conclusive

Il Tribunale nella sua decisione ha opportunamente richiamato un precedente principio espresso dalla Corte di cassazione, secondo cui ” il condomino, il quale intenda proporre l’impugnativa di una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale” (Cass. 9 marzo 2017, n. 6128. Nella specie, la mancanza di tale interesse era stata ravvisata in presunti errori di contabilizzazione dei consumi di riscaldamento, che non avevano riguardato le unità di proprietà degli attori).

Un principio chiarito ancora di recente (Cass. sez. 6, 22 settembre 2023, n. 27086), là dove è stata dichiarata destituita di fondamento giuridico la censura della sentenza di appello, che non aveva considerato come meritevole di accoglimento il solo motivo di denuncia di vizi formali della delibera.

Infatti, l’interesse all’impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. “pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell’ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio“.

Questo è valso anche nel caso oggetto della decisione assunta dal Tribunale di Napoli, dalla cui motivazione risulta che la doglianza fosse stata riferita ad una presunta irregolarità del quorum deliberativo senza essere accompagnata dalla prova della sussistenza del danno subito dall’attore.

Il rigetto della domanda su questo punto ha evidentemente indotto il Tribunale a ritenere assorbita la questione di improcedibilità della domanda per mancata corrispondenza dell’oggetto tra il preventivo procedimento di mediazione obbligatoria ed il conseguente giudizio ordinario.

La questione è stata più volte affrontata dai giudici di merito, rispetto ai quali appare interessante, tra tutti, la decisione del Tribunale di Roma (sez. 5, 11 gennaio 2022, n. 259) il quale ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di una delibera assembleare, ritenuta tardiva rispetto ai termini di cui all’art. 1137 c.c. “mancando la necessaria simmetria tra l’istanza di mediazione e la domanda giudiziale in concreto formulata“.

Occorre, infatti, tenere presente l’art. 4 del D.lgs. n. 28/2010, il quale dispone che l’istanza di mediazione deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa (n. 2). La norma, quindi, richiede che esista una simmetria tra i fatti narrati nei rispettivi atti, almeno per quanto concerne gli eventi principali: diversamente, dovrebbe essere dichiarata l’improcedibilità per mancato assolvimento della condizione prevista dal legislatore.

Condividi