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Per l’assegno di mantenimento il giudice deve considerare ogni concreto fattore individuale ed ambientale.

Nell’ordinanza n. 18820/2022 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei presupposti in presenza dei quali è legittimo riconoscere al coniuge in sede di separazione il diritto di percepire l’assegno di mantenimento.

Venerdi 24 Giugno 2022

Il caso: Il Tribunale di Crotone, nel pronunciare la separazione personale dei coniugi Tizio e Mevia, revocava il contributo al mantenimento a carico di Tizio a favore dei due figli, ormai maggiorenni, e a favore della moglie e revocava l’assegnazione della casa coniugale; rigettava entrambe le domande di addebito.

La Corte distrettuale in sede di appello su istanza di Mevia, in riforma della sentenza di primo grado, poneva a carico di Tizio la somma mensile di Euro 150,00 a titolo di mantenimento della ex moglie, osservando che:

– non era stato provato che l’appellante lavorasse in nero;

– non era stata provata una stabile convivenza della donna con terza persona;

– non era emersa la possibilita’ di un’effettiva capacita’ lavorativa dell’appellante, la quale non aveva mai lavorato, priva di titoli di studi, e consideratane l’eta’ di 48 anni.

Pertanto per i giudici d’appello Mevia aveva diritto al mantenimento poiche’ la condizione economica complessiva dell’appellato era migliore.

Tizio ricorre in Cassazione,  denunziando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., e dell’articolo 115 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che Mevia non avesse una concreta attitudine lavorativa, tenuto conto anche del dato notorio della difficolta’ di trovare lavoro in Calabria.

Per la Suprema Corte la doglianza è infondata; sul punto richiama le seguenti argomentazioni:

a) in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacita’ di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, dovendosi verificare la effettiva possibilita’ di svolgimento di un’attivita’ lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, senza limitare l’accertamento al solo mancato svolgimento di un attivita’ lavorativa e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche;

b)  grava sul richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacita’ di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali, poiche’ il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’articolo 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non puo’ estendersi fino a comprendere cio’ che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo;

c) nel caso in esame, la Corte d’appello, dopo aver escluso in fatto sia il lavoro in nero ascritto alla donna, sia la convivenza con altro uomo (ritenute in primo grado), ha negato con un giudizio di merito, incensurabile in questa sede, che la donna avesse una concreta possibilita’ di reperire occasioni di lavoro basandosi su una pluralita’ di fattori: eta’, inesperienza lavorativa, l’attuale e notoria situazione del mercato del lavoro in Calabria, caratterizzata da elevata percentuale di disoccupati e dalla larga diffusione del precariato negli impieghi; tenuto conto dei suddetti elementi, per la Corte d’appello Mevia aveva assolto all’onere probatorio su di lei incombente.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.18820 2022

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