Responsabilità per cose in custodia e il criterio della ragionevole cautela del danneggiato.
La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 30394/2023, nell’affrontare nuovamente la questione della responsabilità dell’Ente custode della strada in caso di caduta a causa del dissesto del manto stradale, chiarisce quando rileva la condotta del danneggiato ai fini dell’esclusione della responsabilità ex art. 2051 c.c.
Mercoledi 3 Gennaio 2024 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio davanti al Tribunale il Comune, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni dal medesimo patiti a seguito di una caduta avvenuta di sera, verso le ore 19 circa, nel viale dell’abitato cittadino, causata (a suo dire) dal dissesto del marciapiede (per mancanza di mattonelle), non visibile né segnalato, in punto ove peraltro risultavano posizionati due tombini, talché si presentava insidioso per qualunque utente.
Il Comune, nel costituirsi, contestava la domanda nell’an e nel quantum: osservava che una condotta prudente dell’attore avrebbe consentito di evitare la caduta; escludeva che le condizioni dei luoghi configurassero un’insidia e deduceva l’insussistenza del nesso causale tra la res e le lesioni.
Il Tribunale rigettava la domanda attorea, sentenza che veniva confermata integralmente dalla Corte d’Appello.
Tizio ricorre in Cassazione, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art.2051 c.c. con riguardo all’art.360 c.p.c. comma 1 n. 3 c.p.c. nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che la caduta fosse occorsa a causa della sua imprudenza e distrazione e fosse unicamente da ascrivere alla sua condotta, ritenuta idonea a interrompere il nesso causale riducendo la res a mera occasione dell’evento, con conseguente esenzione dell’ente da ogni responsabilità sia ai sensi dell’art. 2051 c.c.
Per la Suprema Corte il ricorso è infondato: in punto di responsabilità ex art. 2051 c.c ribadisce i seguenti principi:
a) in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.,
b) quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso;
c) nel caso in esame, la corte territoriale, pur avendo ritenuto provato il nesso di causalità tra la caduta ed il dissesto. ha ritenuto che detto nesso era stato interrotto dalla condotta colposa del danneggiato; in particolare ha rilevato che:
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l’incidente era avvenuto in pieno centro cittadino, in luogo dove era presente illuminazione pubblica che garantiva la visibilità dei luoghi;
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dalle acquisite fotografie raffiguranti il dissesto era risultato che l’assenza di mattonelle fosse di estensione tale da essere agevolmente visibile a chiunque e, da chiunque, facilmente apprezzabile;
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tale “evidenza” dell’anomalia, percepibile ad occhio nudo (tanto era vero che era stata notata sia dal testimone presente al fatto che dalle due testimoni successivamente intervenute), non poteva essere trascurata da alcuno e quindi neppure da Tizio, non essendo risultato dall’espletata istruttoria che il dislivello, non segnalato, fosse occultato dalla presenza di ingombri o ostacoli specifici.