Rettifiche delle pensioni: le controversie sono devolute alla giurisdizione ordinaria
Avv. Carlo Alvano.
Tribunale di Roma, i sez. lavoro, giudice Elisabetta Capaccioli, n. 4894 del 15 maggio 2023, inedita non risultano precedenti in materia di giurisdizione
Giovedi 18 Maggio 2023 |
Massima
Le controversie in materia di rettifiche delle pensioni liquidate in favore di pubblici dipendenti appartengono alla giurisdizione ordinaria e non alla giurisdizione speciale della Corte dei Conti.
Il fatto
La moglie di un Prefetto a seguito del decesso del coniuge diventa beneficiaria della pensione ai superstiti dal primo semestre del 2019 sulla base di un provvedimento definitivo dell’INPS che le attribuisce la suddetta prestazione previdenziale.
Il 26.11.2021 la sede territoriale dell’INPS di Roma EUR ove risiede la pensionata, comunica alla ricorrente un provvedimento emesso il 03.11.2021 avente ad oggetto il recupero di importi ricevuti sulla indicata pensione asseritamente non dovuti, in base a controlli effettuati sulla base di tardive informazioni fiscali ricevute, in data imprecisata, dei redditi del 2018 risultati diversi da quelli da pensione dichiarati all’Agenzia delle Entrate con il mod. 730/REDDITI/CU 2019, presenti nel Casellario centrale dei pensionati relativi all’anno 2019.
Di conseguenza, a partire dal gennaio 2022, l’INPS inizia ad operare trattenute sulla pensione deliberando unilateralmente di recuperare l’indebito in 32 rate.
La decisione veniva impugnata con atto di diffida e messa in mora del 21.04.2022, con il quale la pensionata contestava parola per parola l’operato dell’INPS chiedendo l’annullamento del provvedimento.
L’atto veniva riscontrato il 10.05.2022 dal funzionario autore del provvedimento, che si limitava a ribadire genericamente quanto già affermato senza fornire ancora una volta le specifiche spiegazioni richieste e le modalità della verifica.
Né alcun esito sortiva la successiva specifica richiesta di accesso agli atti del 03.06.2022 precludendo in tal modo alla pensionata l’esercizio dei propri diritti.
Infine, come preannunciato con una nota di risposta del 10.05.2022 con un secondo provvedimento datato 21.10.2022, l’INPS avviava una seconda “campagna” (così definita) di decurtazione per il recupero di ingenti somme da operarsi con trattenute a partire dal dicembre 2022, con riserva per la parte eccedente di successiva ulteriore comunicazione, determinando quale effetto riflesso uno stato di prostrazione psicologica della pensionata, in dipendenza della quale veniva avviava un’azione cautelare incidentale dinanzi al Giudice ordinario del lavoro. Solo in questa sede per la prima volta l’INPS eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione in favore della Corte dei Conti trattandosi di pensione pubblica in favore dei superstiti contestando ogni addebito
La decisione
Con la sentenza in commento, la n. 4894 del 15 maggio 2023, inedita e la prima del genere in materia di giurisdizione delle pensioni pubbliche, il Giudice designato del Tribunale di Roma I sez. Lavoro Elisabetta Capaccioli, nell’accogliere la difesa della pensionata rappresentata dall’Avv. Marina Musolino, che con una recente sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 22/11/2022 (cfr Internet Global Report in www.alvano.it) vanta già un precedente specifico in materia di taglio alle pensioni, ha affermato che, pur trattandosi di pensione pubblica, per stabilire la giurisdizione bisogna innanzitutto attenersi al principio del petitum sostanziale ( cfr per tutte Sez Unite n° 10374/2007, n° 32112/2019) in quanto nella fattispecie non si discute del trattamento pensionistico di reversibilità ma solo di rapporti dare avere tra le parti come riconosciuto dallo stesso Inps secondo il quale la controversia ha ad oggetto “logiche di quantificazione delle liquidazioni / ricostruzioni periodicamente subordinate alle verifiche reddituali “.
Nel merito la questione va risolta secondo diritto con riferimento all’articolo 13 della Legge 412 del 1991 il quale prevede che le somme non dovute, erogate dall’INPS, non debbano essere restituite, a meno che l’errore non sia attribuibile all’interessato. Tanto perché nella riforma del settore previdenziale fu introdotta una normativa di carattere speciale in deroga al disposto di cui all’art. 2033 c.c. e con rif. all’art. 1886, in base alla quale, l’art. 52 della Legge n. 88/1989 con la successiva norma di interpretazione autentica di cui all’art. 13 della Legge n. 412/1991 dispone che: «Le pensioni (…) possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione. Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Il mancato recupero delle somme predette può essere addebitato al funzionario responsabile soltanto in caso di dolo o colpa grave».
La giurisprudenza di legittimità, ex multis Cassazione n. 482 dell’11 gennaio 2017 della Sezione Lavoro, ha espressamente affermato che «l’art. 52 della Legge n. 88/89, è espressione di un principio generale di irripetibilità delle pensioni (Cass. n. 328/02), perché la disciplina della sanatoria è globalmente sostitutiva di quella ordinaria di cui all’art. 2033 c.c., le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato». Quindi è il dolo che va ricercato ed è ovvio che se vi è stato non vi può essere comprensione.
Molto spesso l’INPS decade dall’azione, in quanto l’art. 13 comma 2 l.cit. dispone che la verifica annuale della situazione reddituale e la successive contestazione debba avvenire entro l’anno successivo a quello nel quale è stata resa la dichiarazione reddituale, laddove i termini ad anno si calcolano secondo l’art. 152, c. 2, c.p.c., vale a dire che scadono lo stesso giorno dell’anno successivo.