Revisione appalto per eccessiva onerosità: è possibile escluderla
In tema di appalto, soprattutto quando si tratta di eseguire dei lavori di notevole entità e la cui realizzazione richiede molto tempo, non è escluso che, in corso di contratto, i prezzi dell’intervento aumentino sensibilmente.
Se ciò dovesse accadere, nel rispetto di determinati presupposti, la parte svantaggiata, nello specifico l’appaltatore, potrebbe chiedere, addirittura, la risoluzione del contratto (art. 1467 c.c.) oppure pretendere una revisione del corrispettivo, originariamente, pattuito (art. 1664 c.c.).
Perciò, in ragione di questo rischio, in alcuni contratti di appalto, il committente si cautela. Lo può fare inserendo nell’atto una clausola particolare, cioè quella per cui, se sopraggiungono eventi straordinari e imprevedibili che rendono eccessivamente onerosa l’esecuzione dell’appalto, l’appaltatore non può pretendere alcunché.
Si tratta, evidentemente, di una pattuizione che può rivelarsi molto svantaggiosa per l’impresa e che può essere motivo di contenzioso.
È proprio ciò che è successo nella vicenda oggetto del recente pronunciamento della Corte di Appello di Napoli. Infatti, con la sentenza n. 3022 del 28 giugno 2022, l’ufficio partenopeo ha risolto una lite tra un appaltatore e un condominio in cui, tra i vari punti in discussione, c’era anche la clausola de quo.
Passiamo, dunque, al caso concreto.
Revisione appalto per eccessiva onerosità: è possibile escluderla? Il caso concreto.
Nel 2011, un’impresa citava in giudizio un condominio e alcuni proprietari dello stesso, al fine di ottenere il corrispettivo di un appalto mai compiutamente saldato. La vicenda si presentava, però, più intricata di quanto era prospettato dalla parte attrice.
I convenuti, infatti, negavano ogni addebito e, addirittura, proponevano riconvenzionale per ottenere riconoscimento di quanto versato in più all’appaltatore.
La lite non si risolveva nemmeno al termine del primo grado. Tale verdetto, conclusosi con un sostanziale rigetto delle istanze avanzate dalla ditta, era oggetto di appello dinanzi alla Corte di Appello di Napoli.
In questa sede, tra le argomentazioni riproposte dall’appellante c’era la vessatorietà di una clausola del contratto. Nello specifico, si trattava di quella con la quale era stato stabilito che, dinanzi alla sopravvenuta eccessiva onerosità dell’appalto, ogni rischio era assunto dall’impresa. Secondo l’appellato, tale pattuizione era nulla non essendo stata sottoscritta specificatamente.
Era, dunque questa la ragione principale per cui l’appaltatore insisteva nel corrispettivo richiesto, calcolato in ragione dell’aumento esorbitante dei costi dell’intervento complessivo.
La Corte di Appello di Napoli non ha però accolto le conclusioni, sul punto, dell’appellato.
Appalto diventato eccessivamente oneroso: come può reagire l’impresa?
L’esperienza ci insegna che nel corso di un appalto, soprattutto se di rilevante entità, l’inevitabile decorso del tempo, necessario per la sua esecuzione, potrebbe serbare delle sorprese. Ad esempio, potrebbero aumentare, sensibilmente, i costi dei materiali.
Ebbene, in una circostanza come questa, l’appaltatore può chiedere la revisione del corrispettivo originariamente pattuito «Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.
Se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso (art. 1664 c.c.)».
Ancor più particolare è il caso, invece, in cui l’eccessiva onerosità del contratto sia stata dovuta a circostanze straordinarie (si pensi proprio ad una pandemia). In tale occasione, all’appaltatore spetta il diritto di chiedere la risoluzione del contratto, ferma la facoltà del committente di impedire questa conclusione offrendo alla controparte il giusto compenso «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (art. 1467 c.c.)».
Nel caso in commento, però, il rischio che, in corso d’opera, i costi dell’appalto potessero aumentare era stato accollato all’impresa. Ciò era legittimo?
Revisione appalto per eccessiva onerosità: è vessatoria la clausola che la esclude?
Per la Corte di Appello di Napoli, nel solco della giurisprudenza sull’argomento, la clausola con la quale l’appaltatore si accolla il rischio della potenziale eccessiva onerosità dell’appalto è valida e non è vessatoria.
Per la Cassazione, infatti, è normale che le parti di un appalto decidano di aumentare il margine di rischio a carico dell’appaltatore. Rientra, infatti, nella normale autonomia che i contraenti possono esprimere «nella derogabilità della normativa in tema di revisione del prezzo di cui all’art. 1664 cod. civ., resta consentito alle parti dell’appalto, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di allargare gli ordinari margini di rischio a carico dell’appaltatore, lasciando interamente a carico di costui, con la pattuizione dell’invariabilità del corrispettivo, l’alea correlata alla sopravvenienza di una maggiorazione dei costi e ciò anche con riferimento a situazioni sopravvenute astrattamente riducibili nel quadro di operatività dell’art. 1467 cod. civ. e comportanti, quindi, un’eccessiva onerosità dell’esecuzione dell’opera per sopraggiunti eventi straordinari ed imprevedibili (Cass. sent. n. 25762/2015)».
Quindi, la clausola in discussione è valida e non comporta certo che il contratto diventi aleatorio «La clausola con la quale si escluda, in deroga all’art. 1664 c.c., il diritto dell’appaltatore a ulteriore compenso per le difficoltà impreviste incontrate nell’esecuzione dell’opera (cosiddetto appalto “a forfait”) non comporta alcuna alterazione della scrittura ovvero della funzione dell’appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall’alea normale di questo tipo contrattuale (Cass. sent. n. 4198/2014)».
In conclusione, visto che è normale attribuire il rischio della sopravvenuta eccessiva onerosità dell’appalto all’impresa e atteso che ciò non muta l’alea di questo contratto, non si può affermare che tale condizione sia vessatoria.
Per questo motivo non deve essere specificatamente approvata e sottoscritta dalle parti per essere valida ed efficace «La clausola di esclusione della revisione dei prezzi non è, quindi, vessatoria, ai fini della specifica sottoscrizione ex art. 1341 c.c. ed è sufficiente che la volontà delle parti risulti chiaramente manifestata».
Sentenza
Scarica App. Napoli 28 giugno 2022 n. 3022