Revoca dell’assegno di mantenimento: presupposti per la restituzione delle somme già riscosse
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 477/2023 conferma il principio enunciato dalle Sezioni Unite in merito alla revocabilità dell’assegno di mantenimento con conseguente restituzione delle somme già percepite dal beneficiario.
Mercoledi 1 Febbraio 2023 |
Il caso: Il tribunale di Bari, nel pronunciare la separazione personale tra Tizio e Mevia, affidava il figlio minore alla madre con la quale già conviveva dalla nascita; prescriveva che il minore fosse sottoposto a controlli periodici con cadenza almeno semestrale presso il servizio di neuropsichiatria infantile della ASL al fine di monitorare l’evoluzione della condizione di disagio psico-emotivo del bambino emersa nel corso del giudizio; fissava le condizioni relative agli incontri del padre con il bambino, secondo quanto prescritto dalla c.t.u.; revocava, a decorrere da giugno 2017, l’assegno mensile di euro 250,00 a carico di Tizio a titolo di mantenimento della moglie separata, aumentando ad euro 450,00 mensile l’assegno a titolo di contributo al mantenimento del minore collocato presso la madre, oltre al rimborso del 50% delle spese straordinarie.
Tizio proponeva appello avverso la sentenza di primo grado: la Corte distrettuale, in parziale accoglimento dell’appello, modificava le condizioni relative agli incontri del padre con il minore e rigettava la domanda di restituzione delle somme versate per il mantenimento dell’ex moglie.
Per i giudici di appello non sussistevano i presupposti della revoca retroattiva dell’obbligo di mantenimento della moglie, in quanto il carattere essenzialmente alimentare dell’assegno comportava che l’ordinaria retroattività della pronuncia giudiziale era da contemperare con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché le somme versate alla moglie per il mantenimento della stessa non erano restituibili.
Tizio ricorre in Cassazione, denunciando come secondo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c avendo la Corte d’appello escluso la ripetibilità delle somme versate a Mevia a seguito della revoca dell’obbligo di versarle l’assegno di mantenimento, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, e senza tener conto della situazione patrimoniale-reddituale della stessa moglie separata.
La Cassazione, nel ritenere fondata la censura, ribadisce i principi enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 32914/2022:
a) in tema di assegno di mantenimento, separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio – nella sentenza di primo o secondo grado – l’insussistenza ab origine, in capo all’avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della condictio indebiti che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi:
– ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo della pronuncia;
– ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge o ex coniuge in condizioni di debolezza economica;
b) nel caso in esame, il Tribunale aveva revocato l’assegno di mantenimento in favore di Mevia in quanto dagli elementi acquisiti era emerso che la beneficiaria “disponeva pacificamente di una propria stabile capacità lavorativa e reddituale, tant’è che in quasi tutti gli atti di causa era emerso che la stessa, oltre a svolgere ormai da diversi anni la professione di avvocato (e a disporre di un patrimonio familiare di notevole entità, tale da consentirle una vita agiata, trascorrendo il periodo estivo presso una villa a mare) collaborava stabilmente con uno studio notarile”;
c) pertanto, dagli atti di causa si desume l’insussistenza ab origine del diritto all’assegno di mantenimento, avendo già il Tribunale evidenziato che l’ex coniuge svolgeva stabile e proficua attività lavorativa professionale da diversi anni e di un cospicuo patrimonio immobiliare; pertanto, è da escludere che vi sia stata una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo delle pronuncia sulla debenza dell’assegno.
Decisione: la sentenza impugnata va cassata, disponendo la retroattività della revoca dell’assegno di mantenimento della controricorrente, con obbligo di restituzione delle somme incassate da quest’ultima ex art. 2033 c.c a decorrere dalla domanda di ripetizione dell’indebito.