Ricorso per cassazione su indirizzo pec errato del mittente: condanna ex art. 96 cpc
E’ da ritenersi giustificato che colui che abbia contribuito all’impegno di risorse giurisdizionali in sé limitate, nonostante una prima delibazione negativa, in caso di conferma di detta delibazione da parte del Collegio adito venga condannato ex art. 96 cpc per abuso del processo
Martedi 7 Maggio 2024 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 6040/2024.
Il caso: la società contribuente Delta impugnava svariate cartelle di pagamento ad essa indirizzate della quale sosteneva esser venuta a conoscenza a seguito della richiesta di estratto di ruolo, riferite a IRES, lRAP e IVA e ritenute alla fonte degli anni dal 2009 al 2014.
La CTP adita, dopo aver dichiarata cessata la materia del contendere con riguardo alle cartelle definite dalla contribuente a seguito di domanda di definizione agevolata, accoglieva il ricorso quanto ad una delle cartelle oggetto di contestazione; la CRT accoglieva l’impugnazione del riscossore, ritenendo legittima la notifica via PEC dell’atto impugnato emesso e trasmesso in formato PDF, indipendentemente dall’avere lo stesso raggiunto lo scopo ex art. 156 c.p.c.
La soc. Delta ricorre in Cassazione, censurando la sentenza della CTR laddove ha erroneamente ritenuto correttamente perfezionata la notifica della cartella di pagamento contestata ancorchè proveniente, quanto al notificante, da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nei pubblici registri.
Per la Cassazione la doglianza è manifestamente infondata: sul punto chiarisce quanto segue:
a) le Sezioni Unite con la entenza n. 15979 del 18/05/2022 hanno specificato che in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto:
b) la più stringente regola, di cui all’art. 3-bis, comma 1, della L. n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6-ter del d.lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente;
c) considerato ciò, il Collegio, nel ritenere che nel caso in esame ricorra una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, condanna parte ricorrente al pagamento, oltre alle spese di lite (che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito), della somma di euro 3.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e di euro 2.000 ex art. 96 c. 4 c.p.c. a favore della cassa ammende;
d) per la Corte, infatti, deve ritenersi giustificato che colui che abbia contribuito all’impegno di risorse giurisdizionali in sé limitate, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo in caso di conferma di detta delibazione da parte del Collegio adito;
e) invero detto comportamento ha limitato la possibilità della Corte di Cassazione di concentrarsi su ricorsi che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che, all’inverso, meritino accoglimento, o comunque un più attento esame.