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Rimane in carcere il marito violento anche se la moglie vittima di maltrattamenti è in una casa rifugio.

La collocazione della moglie in un centro anti-violenza non giustifica la concessione all’autore del reato della misura del divieto di avvicinamento in luogo della custodia cautelare in carcere.

Lunedi 9 Gennaio 2023

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 60 del 3 gennaio 2023-

Il caso: il Tribunale di Roma, decidendo in sede di riesame, confermava l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Roma con la quale era stata applicata la custodia cautelare in carcere nei confronti di Tizio per il delitto di maltrattamenti in danno della della coniuge separata, Mevia.

Per il Tribunale, la custodia in carcere era misura necessaria in ragione dell’aggressività dell’indagato incapace di contenere i propri impulsi a causa dell’abituale assunzione di sostanze alcoliche e dell’atteggiamento di rivalsa del predetto anche dopo la collocazione della persona offesa e dei figli minori in una casa protetta, in relazione al manifestato intento di scoprire il luogo in cui la persona offesa si trova attraverso informazioni assunte presso la scuola frequentata dai figli.

Tramite il proprio difensore di fiducia, Tizio ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento articolando un unico motivo in ordine alla scelta della misura cautelare di massimo rigore, in violazione del principio di proporzionalità, ed adeguatezza considerato il fatto che:

– la persona offesa vive presso un centro antiviolenza, quindi in un luogo non raggiungibile dal coniuge Tizio;

– attesa l’incensuratezza del ricorrente, potrebbe pertanto essere disposta la più gradata misura del divieto di avvicinamento congiunta a quella dell’obbligo di allontanamento dalla casa familiare.

Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile: sul punto chiarisce che:

a) la scelta della misura della custodia in carcere, contrariamente a quanto dedotto, è supportata da una motivazione adeguata che tiene conto della estrema gravità dei fatti in ragione delle lesioni personali ripetute nel tempo accompagnate da minacce di morte, valutate in rapporto alla dimostrata incapacità di autocontrollo dell’indagato dovuta all’abuso di sostanze alcoliche;

b) l’elemento di novità valorizzato dal ricorrente, rappresentato dalla collocazione della persona offesa presso una casa rifugio del centro antiviolenza, è palesemente incongruo: la collocazione della persona offesa presso un centro antiviolenza non può infatti essere apprezzata quale motivo di attenuazione delle esigenze cautelari, costituendo all’opposto una conseguenza della sua pericolosità e non già una ragione valida per attenuare le restrizioni imposte nei confronti dell’imputato a tutela della persona offesa, quasi che i condizionamenti della libertà di movimento della vittima possano giustificare una maggiore libertà di azione da parte dell’autore delle violenze.

Allegato:

Cassazione penale sentenza n. 60 2023

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