Rimborso delle spese processuali del chiamato in garanzia e principio della soccombenza
Le spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto devono essere rimborsate dall’attore opponente, se la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate.
Giovedi 2 Febbraio 2023 |
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1909/2023.
Il caso: Tizio chiedeva al Tribunale di Roma il pagamento dell’importo di € 40.000, relativo a lavori di ristrutturazione presso un appartamento dell’ingiunto, Caio, che, nel proporre opposizione al decreto ingiuntivo, negava che i lavori fossero stati conclusi nei termini pattuiti e domandava il risarcimento dei danni subiti a causa della cattiva esecuzione delle opere. Ritualmente costituitosi, Tizio chiedeva ed otteneva l’autorizzazione alla chiamata in garanzia della società di assicurazione Delta spa, che faceva proprie le istanze dell’assicurato.
Il giudice adito revocava il decreto ingiuntivo e, eseguita la compensazione del caso nei rapporti di
dare ed avere, condannava Caio al pagamento di € 27.552,25.
La Corte d’appello rigettava l’appello incidentale di Tizio e in accoglimento parziale dell’appello principale, riduceva la somma dovuta da Caio a € 20.539,01: per la Corte distrettuale, le spese processuali della garante erano state correttamente poste dal Tribunale a carico dell’opponente Caio, sulla base del criterio di causalità, secondo cui “in tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere avrebbe dovuto essere posto a carico della parte soccombente che aveva provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, anche se l’attore soccombente non avesse formulato alcuna domanda nei confronti del terzo”.
Caio ricorre in Cassazione, evidenziando che:
a) la sentenza impugnata non aveva tenuto conto della circostanza che la compagnia assicuratrice era stata evocata arbitrariamente e senza ragione nel giudizio di opposizione al provvedimento monitorio;
b) inoltre, Caio non avrebbe potuto essere definito soccombente, diversamente da Tizio al quale era stata quasi dimezzata l’originaria pretesa e che era risultato totalmente soccombente in appello.
La Cassazione ritenendo fondata la censura, osserva quanto segue:
1) attesa la lata accezione con cui il termine “soccombenza” è assunto nell’art. 91 c.p.c., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda;
2) al contrario, il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria;
3) nel caso in esame, la chiamata in garanzia era stata originata dall’opposizione a decreto ingiuntivo, attraverso la quale Caio aveva eccepito che i lavori non si erano conclusi nei tempi stabiliti e che erano successivamente emersi gravi vizi: in esito all’istruzione probatoria le ragioni dell’odierno ricorrente erano state parzialmente accolte, tanto che la somma a suo tempo ingiunta era stata ridotta del 35%.;
4) non può pertanto affermarsi che l’opposizione fosse pretestuosa, né che la chiamata in causa fosse immotivata; e lo stesso discorso può riproporsi per il grado d’appello, ove l’odierno ricorrente ha ottenuto un’ulteriore riduzione del dovuto.
5) pertanto, tenuto conto delle risultanze del giudizio di primo grado, non è possibile reputare totalmente soccombente Caio con la conseguenza che l’attribuzione a suo carico delle spese processuali sostenute dalla terza chiamata non può essere motivata col richiamo al mero criterio di causalità.