English EN French FR Italian IT Spanish ES

Ruolo di Amazon nelle compravendite con terzi venditori nel marketplace

Avv. Luigia Campanile.

Nell’ambito del proprio Marketplace, Amazon offre servizi di intermediazione che, per quanto riguarda i venditori terzi, vanno dalla vendita dei loro prodotti sulla piattaforma (così raggiungendo un ampissimo numero di consumatori), alla conclusione della transazione sulla stessa piattaforma, senza reindirizzare il consumatore sul sito web del venditore, oltre al servizio di logistica e spedizione, mentre per quanto riguarda i consumatori, Amazon consente attraverso il proprio sito la possibilità di accedere a un’ampia scelta di prodotti, velocemente e con estrema semplicità della ricerca, nonché l’ affidabilità e la sicurezza della transazione.

La fiducia riposta dai consumatori nel marketplace di Amazon si traduce quindi nella capacità di attrarre il consumatore e soprattutto di convincerlo ad acquistare e a tornare. In tale contesto, la posizione di terzietà di Amazon non può ritenersi fondatamente esistente poiché la stessa società non si limita a fare da tramite nel rapporto tra venditore terzo e consumatore ma svolge un ruolo attivo idoneo a generare una sua responsabilità anche per inadempienze. A fronte delle previsioni di cui alla Direttiva sul Commercio Elettronico n. 31 del 2000 (recepita in Italia nel D. Lgs. 70/2003) che considera le piattaforme online come intermediari, la giurisprudenza Europea ormai da tempo è propensa a ritenere che, laddove le piattaforme digitali si inseriscano in modo rilevante nel processo di promozione dei prodotti, esse assumano un ruolo “attivo” e non fungano esclusivamente da meri e imparziali osservatori nel rapporto contrattuale che intercorre tra consumatore e venditore. La diffusione dell’e-commerce sta portando ad un’evoluzione di questo concetto, al punto tale che nelle più recenti direttive europee si promuove un inquadramento giuridico che consideri il ruolo delle piattaforme come veri venditori.

In tale contesto, estremamente significativa è la nota ordinanza del Tribunale di Milano del 19 ottobre 2020, che ha considerato Amazon come un hosting provider attivo.  La questione giuridica trae spunto dal ricorso presentato dai licenziatari di un noto marchio di profumi di lusso che richiedeva l’inibitoria della vendita dei prodotti sulla piattaforma online di Amazon per violazione dei contratti di distribuzione selettiva che garantivano la tutela del prestigio dei propri segni distintivi. I prodotti, infatti, avrebbero dovuto essere venduti solo dai rivenditori autorizzati e non sulla piattaforma di Amazon. Quest’ultima si difendeva invocando proprio il D.lgs. n. 70/2003, che esclude la responsabilità dell’hosting provider, cioè di colui che abbia il mero ruolo di memorizzare le informazioni fornite da un destinatario del servizio senza svolgere alcun ruolo attivo nella vendita dello stesso. 

Il Tribunale di Milano nel ritenere la configurabilità di un ruolo attivo di Amazon, ha ritenuto la stessa società responsabile. Infatti, gli indici per distinguere un hosting attivo sono tutte quelle condotte che, in sostanza, abbiano l’effetto di completare in modo non passivo i contenuti, tra cui le attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, valutazione, estrazione o promozione dei contenuti e l’adozione di tecniche di valutazione comportamentale degli utenti. 

Sulla base dei principi enunciati, deve ritenersi che Amazon rivesta un ruolo attivo nella gestione del marketplace ove la stessa gestisca un servizio clienti per le inserzioni di vendita di terzi (che è l’unico modo con cui il cliente finale può interfacciarsi con il venditore), svolga attività promozionale del prodotto, inducendo nei consumatori l’idea di un legame tra il venditore e Amazon stesso.

In tale contesto, anche tre Corti d’Appello della California nel 2021 hanno statuito la responsabilità di Amazon in ordine a contratti di vendita da parte di terzi, intercorsi sul marketplace (che contano per oltre la metà del business totale). I giudici di Los Angeles hanno, infatti, dichiarato che Amazon, in quanto parte attiva della catena di distribuzione, partecipa anche alla transazione con conseguente responsabilità della stessa società per gli inadempimenti conseguenti alle vendite del marketplace. Con l’ampia diffusione e la facilità di accesso a Internet per chiunque, il commercio elettronico e l’utilizzo dei market place è divenuto quotidiano al punto tale che Amazon è in continua crescita in quanto attraverso il suo marketplace offre una vetrina virtuale di merci e beni di diversi venditori, ricevendo per l’attività svolta commissioni sulle vendite effettuate.

Il tema della responsabilità di Amazon per vendite sul marketplace e quello di garantire la tutela del consumatore finale, esposto a rischio di non poter rintracciare il partner di vendita o a quello dell’insolvibilità dello stesso, è stata affrontata dai giudici californiani ( Cal. Ct.App. 4th Dist. No. D075738-Bolger Vs Amazon 13 agosto 2020) che hanno ribaltato il principio secondo il quale Amazon possa essere ritenuta non responsabile per “non avere distribuito, prodotto o venduto acquistato sul sito di Amazon” in quanto svolge un proprio ruolo nel processo di vendita inserendosi a livello verticale tra il produttore e il consumatore e così divenendo responsabile nei confronti dell’utente finale proprio perché è un anello della catena di distribuzione del prodotto, valorizzando tutte le attività accessorie poste in essere dalla stessa come quella di accettare che un prodotto possa essere offerto sul proprio portale, di attirare l’attenzione dell’utente finale sul suo sito, di fornire un elenco di prodotti, di ricevere il pagamento per l’acquisto del prodotto, di stabilire i termini del rapporto commerciale con il venditore, di controllare le condizioni di vendita del prodotto su Amazon, di verificare  i termini del rapporto commerciale con il venditore, di limitare l’accesso del venditore alle informazioni sui clienti Amazon, costringere il venditore a comunicare con i clienti solo tramite Amazon e ricevere per ogni vendita significative commissioni.

Conseguentemente, nell’ambito del commercio on-line, è configurabile una nuova figura giuridica diversa dal mero provider, che si limita semplicemente a mettere a disposizione uno proprio spazio virtuale per mettere in contatto la domanda con l’offerta. Il ruolo svolto, a prescindere dalla denominazione usata, è fondamentale per consentire la vendita del prodotto per l’affidamento generato dalla condotta complessiva di Amazon nel consumatore, il quale si sente in qualche modo tutelato per il solo fatto di acquistare nel marketplace di Amazon, oltre ad avere la percezione di acquistare direttamente dalla stessa società.

Nel caso esaminato dal GdP, Amazon ha affermato di non essere responsabile perché non ha venduto la macchina fotografica, che era disponibile sul suo sito Web tramite un venditore terzo suo partner di vendita e che pertanto non era parte del rapporto giuridico fra venditore e acquirente, ma di avere “semplicemente” messo a disposizione un’infrastruttura e di non poter essere considerata responsabile per gli inadempimenti del venditore. La circostanza che il prodotto acquistato era pubblicizzato su Amazon, poteva essere acquistato tramite Amazon con pagamento alla stessa società e con il diritto di Amazon a una percentuale sulla vendita,  induce a ritenere che la Società convenuta, nella gestione dell’iter relativo al contratto di acquisto della macchina fotografica e della sua esecuzione, avrebbe dovuto garantire il diligente adempimento da parte del terzo venditore, suo partner di vendita, con la consegna del bene compravenduto, ovvero rimborsare il relativo prezzo. Cosa che invece non è avvenuta.

Anche l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di Amazon è stata ritenuta manifestamente infondata così come la difesa svolta dalla stessa società nel merito delle domande azionate dal Sig. Tizio e ciò in quanto Amazon dovrà essere ritenuta responsabile del danno subito dal Sig.Tizio sia per l’omissione di qualsivoglia  informazione sul ruolo da lei rivestito nel Marketplace tale da indurre il consumatore a ritenere l’acquisto sicuro, come altri in precedenza fatti, sia per il mancato rimborso del prezzo sulla base della garanzia prestata da Amazon “dalla A alla Z”, così previsto nell’art. 12 delle Condizioni di vendita, oltre che per l’inadempimento alle obbligazioni contrattualmente assunte nei confronti dell’attore che, a fronte del pagamento a Amazon del prezzo di acquisto della macchina, non ha ricevuto la relativa  controprestazione e la consegna della macchina fotografica.

Il mancato adempimento alle obbligazioni contrattuali, espone la società convenuta a responsabilità nei confronti dell’attore e all’obbligo di restituire il corrispettivo indebitamente versato per l’acquisto della macchina fotografica, non consegnata.

In ordine al riparto dell’onere probatorio tra le parti, il consolidato orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità ha affermato il seguente principio di diritto: “ Secondo il generale criterio di riparto dell’onere della prova in materia contrattuale, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte ( negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”   (Cass. Civ. Sez. Unite 20 ottobre 2001 n. 13533, Trib. Bologna Sez. II Sentenza 18 marzo 2011).

L’applicazione del suddetto principio, al caso di specie, comporta che alla parte attrice incombeva l’onere di fornire la prova della fonte negoziale del proprio diritto, onere adempiuto, sia in forza del riconoscimento avversario dell’esistenza dell’avvenuto acquisto nel marketplace di Amazon, sia in forza del corrispettivo pagato, del danno subito pari all’ammontare del corrispettivo e della riferibilità dello stesso al comportamento della convenuta. La parte convenuta, invece, era gravata dall’onere di provare l’esatto e il diligente adempimento alle obbligazioni contrattualmente assunte e quindi la conseguente estinzione della pretesa attorea.

La parte attrice ha compiutamente adempiuto al suddetto onere, infatti, dalle produzioni documentali risultano provati: la fonte negoziale del diritto fatto valere, l’avvenuto adempimento alle proprie obbligazioni con il pagamento dell’importo richiesto dalla convenuta a titolo di corrispettivo, la mancata consegna del bene acquistato e la riferibilità eziologica, in via immediata e diretta, alle gravi negligenze della società convenuta per avere omesso di vigilare sulla corretta esecuzione del contratto e sull’adempimento del suo partner di vendita e per non avere rimborsato il prezzo, in applicazione della garanzia prestata dalla A alla Z, prevista a tutela del consumatore al fine di garantire la sicurezza del rimborso. Le circostanze di fatto e le asserzioni meramente enunciate dalla parte convenuta sono invece risultate, oltre che infondate, prive di qualsivoglia riscontro probatorio.

La parte convenuta, in sostanza, ha tentato di contrastare le domande attoree asserendo sostanzialmente di avere correttamente eseguito le proprie prestazioni, che il rapporto commerciale era stato instaurato con un soggetto terzo pur riconoscendolo suo partner di vendita, e sostanzialmente respingendo ogni addebito di responsabilità. Gli assunti della parte convenuta, di fatto, non hanno trovato alcuna conferma probatoria, neppure nei documenti prodotti, con conseguente inadempimento della stessa parte all’onere probatorio che le incombeva al fine di escludere l’incontrovertibile responsabilità alla stessa imputabile. Su tutti gli aspetti contestati, infatti, la parte convenuta non solo ha omesso di fornire un’adeguata prova ma ha, altresì, omesso di allegare circostanze concrete e idonee ad escludere l’esistenza della responsabilità contestata e accertata.

Condividi