Si, è possibile la ricostruzione con ampliamento volumetrico di un edificio crollato per eventi bellici
Un Comune ha rigettato la richiesta di permesso di costruire presentata dalla proprietaria dell’immobile intenzionata ad attuare le direttive previste dal Piano Casa delle Regione Lazio per ricostruire, con ampliamento volumetrico, un edificio crollato in seguito ai bombardamenti bellici.
Il Comune ha respinto la richiesta basandosi su un parere regionale secondo cui che è indispensabile che un edificio esista fisicamente e sia stato ultimato oppure che sia presente un titolo edilizio in base al quale era possibile realizzarlo, quindi un titolo non decaduto.
Per la Regione, pertanto, gli edifici distrutti da eventi bellici devono considerarsi non realizzati e ultimati e non vi è un titolo in corso di efficacia”.
La ricostruzione con ampliamento volumetrico di un edificio crollato per eventi bellici: le ragioni della difesa della proprietaria e la posizione del Comune
Con rituale ricorso al Tar Lazio la proprietaria ha chiesto l’annullamento del provvedimento negativo del Comune.
In sede di ricorso, la difesa della proprietaria ha evidenziato come la normativa regionale non faccia alcun riferimento alla fisica esistenza dell’immobile e come il fatto che un immobile sia ridotto allo stato di rudere non escluda che questo sia stato legittimamente edificato, essendo questo l’unico requisito esplicitamente richiesto dalla norma in questione.
Inoltre ha sottolineato come secondo la giurisprudenza la nozione di “sostituzione edilizia” costituisca una modalità proprio della “ristrutturazione edilizia”.
Il Comune – che si è costituito in giudizio – ha sostenuto l’infondatezza del ricorso per la ritenuta non cumulabilità dei concetti di “sostituzione edilizia” e di “ristrutturazione edilizia” nel caso di specie; la presenza come “rudere” dell’originario immobile escluderebbe la possibilità di concedere un incremento volumetrico di un edificio del quale non si può avere l’esatta contezza di come fosse precedentemente essendone oggi rimasti, soltanto dei resti.
Il chiarimento del Tar Lazio -Sez. Latina (sentenza 27 maggio 2022 n. 505)
I giudici supremi hanno precisato come il legislatore abbia espressamente equiparato all’intervento di contestuale demolizione e ricostruzione proprio quello di “ripristino di edifici crollati o demoliti”, accomunati dalla medesima finalità di contenimento del consumo di suolo.
In particolare il Tar nota che la situazione è cambiata in seguito ad una ben precisa modifica legislativa, dovuta al d.l. 21 luglio 2013 n.69, e quindi posteriore al provvedimento impugnato, che ha inserito nella lettera d) del comma 1 dell’art. 3 T.U…il riferimento agli interventi “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione” che quindi ora rientrano nel concetto di ristrutturazione “purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Rispetto al regime previgente, quindi, il concetto di ristrutturazione è stato allargato al caso di edificio che più non esiste, di cui però la consistenza originaria si può ricostruire, evidentemente con un’indagine tecnica, ipotesi che la giurisprudenza in precedenza escludeva”.
Nel caso di specie non risulta che il diniego del Comune si sia fondato sull’impossibilità di una ricostruzione della consistenza originaria, che ben potrebbe essere attivata, data la presenza di muri ciechi e testimoni di attesa sulle pareti degli edifici adiacenti, non contestata dal Comune, e sulla quale potrebbe calcolarsi la cubatura originaria.
Il Tar Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo ha accolto e, per l’effetto, annullato il provvedimento di diniego del Comune.
Sentenza
Scarica Tar Lazio Sez Latina 27 maggio 2022 n. 505