Sopraelevazione e decoro architettonico
In tema di sopraelevazione, quando si sostiene che non vi sia lesione dell’aspetto architettonico dell’edificio (a causa della sopraelevazione) perché sono presenti interventi precedenti che lo hanno già compromesso, si deve fornire una prova rigorosa dello status qua ante e degli interventi eseguiti, quanto a tempistica ed elemento qualitativamente deteriore, poiché, in difetto, non si potrà ottenere salvezza delle nuove costruzioni eseguite, che saranno destinate alla demolizione.
Questo ed altri i temi affrontati dalla Corte d’Appello di Bari, con l’ordinanza n. 990 del 28 giugno 2022 che esamineremo oggi.
Sopraelevazione e decoro architettonico: la pronuncia
Tizio, condòmino e proprietario di un’unità sita al piano terreno dell’edificio, cita in giudizio Caio e Sempronia, proprietari dell’ultimo piano dell’edificio, per ottenere la dichiarazione dell’illegittimità della costruzione realizzata a partire dal 2007 dagli stessi sul lastrico solare condominiale a causa della lesione del decoro architettonico, con condanna alla rimessione in pristino e risarcimento del danno, nonché, in via subordinata, il pagamento dell’indennità di sopraelevazione.
Caio e Sempronia, costituendosi, svolgono varie difese a sostegno della loro posizione: innanzitutto, eccepiscono che nel 2007 gli eredi di Mevio (tra i quali anche Tizio) avevano notificato loro ricorso ex art. 1171 c.c. avanzando le stesse pretese oggetto dell’odierno giudizio, costituente la fase di merito dell’azione cautelare e di nunciazione promossa dagli Eredi Mevio, violando pertanto il principio del ne bis in idem e la litispendenza.
Eccepiscono poi che Tizio non avrebbe fornito prova di essere proprietario dell’unità immobiliare a piano terreno e, quindi, che non sarebbe legittimato attivo all’azione, non valendo come prova la denuncia di successione e la voltura catastale da costui prodotte in giudizio, in quanto atti fiscali e tributari.
Pertanto, eccepiscono l’improcedibilità della domanda di Tizio per litispendenza con l’azione degli Eredi Mevio, l’infondatezza e l’erronea determinazione dell’indennità di sopraelevazione.
Il Tribunale accoglie la domanda di Tizio, condanna Caio e Sempronia a demolire il manufatto ed a pagare le spese di lite.
Caio e Sempronia ricorrono in appello, ma la Corte d’Appello barese conferma la sentenza di I°.
L’accettazione tacita dell’eredità: valore della denuncia di successione
Secondo Caio e Sempronia, Tizio non avrebbe dato prova di essere proprietario dell’unità immobiliare sita a piano terreno – e, quindi, di essere condòmino del Condominio cui appartengono gli stessi Caio e Sempronia nonché soggetto legittimato attivamente a denunziare l’illegittimo sopralzo in danno del decoro condominiale – in quanto egli ha prodotto unicamente la denuncia di successione relativa al de cuius Mevio e la voltura catastale dell’unità a suo nome.
In particolare, si discute se questi due documenti siano indizi validi ad attestare un’accettazione tacita dell’eredità, che permetterebbe di qualificare Tizio come erede puro e semplice di Mevio e di attribuirli, pertanto, la titolarità delle posizioni attive e passive di Mevio, tra le quali la proprietà dell’unità immobiliare sita nel Condominio ove è stata realizzata la sopraelevazione contro la quale Tizio si è scagliato.
Secondo la Corte d’Appello, «l’accettazione tacita di eredità, per consolidato orientamento giurisprudenziale, può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, inidonea di per sé a comprovare un’accettazione tacita dell’eredità, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale.
Infatti, in tal caso, la voltura catastale rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. Soltanto chi intende accettare l’eredità, in effetti, assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso (sul punto, da ultimo Cass. Sez. 6- 2, Ord. n. 11478 del 30.04.2021)».
La Corte poi specifica che la sola voltura catastale non è sufficiente ad integrare accettazione tacita, ma va interpretata in tal modo desumendo altri elementi dal comportamento complessivo del chiamato all’eredità.
L’autonomia della fase cautelare da quella di merito nelle azioni di nunciazione
Il Tribunale, nella sentenza che Caio e Sempronia censurano, aveva affermato che la pendenza dell’azione di nuova opera, introdotta nel 2007 dagli Eredi Mevio e conclusasi con ordinanza nel 2012, non ostava all’introduzione del giudizio di merito, perché sussiste diversità del petitum (ciò che le parti chiedono al Giudice) tra i due giudizi.
Infatti, nella fase cautelare si domandano provvedimenti urgenti di sospensione dei lavori e, solo nella fase di merito, si chiede l’accertamento della lesione – in questo caso, del decoro architettonico – e la demolizione del manufatto illegittimo.
La Corte concorda sul governo fatto dal Giudice di prime cure delle norme applicabili, rammentando che la fase cautelare inerente la concessione dei provvedimenti urgenti e provvisori in presenza delle condizioni dettate dagli artt. 1171 e 1172 c.c. è, appunto, una fase cautelare, non un giudizio a sé stante, con requisiti suoi propri (infrannualità dall’inizio dell’opera e incompletezza della stessa) e la misura concessa potrà essere confermata o caducata nel giudizio di merito, nel quale, invece, si farà questione del boni iuris, quindi si accerterà il diritto della parte richiedente la misura ad ottenere la tutela richiesta – nel nostro caso, se sussista o meno lesione del decoro.
Peraltro, il richiamo operato da Caio e Sempronia all’art. 705 c.p.c., che vieta al convenuto nel giudizio possessorio di proporre giudizio petitorio, fintantoché il giudizio possessorio non si è concluso, non è ritenuto conferente alla fattispecie in esame, atteso che il divieto è dettato unicamente ai procedimenti possessori e non è estensibile analogicamente ad altre azioni – quali quelle di nunciazione esercitate dagli Eredi Mevio nel caso concreto.
Il decoro e l’aspetto architettonico: una sintesi
Spesso, chi è chiamato a dirimere o consigliare circa l’incisione dell’aspetto architettonico dell’edificio in seguito ad una sopraelevazione, si trova dinnanzi il dilemma circa la sovrapposizione tra aspetto e decoro architettonico: infatti, l’art. 1227 c.c., che disciplina il sopralzo, menziona «l’aspetto architettonico», mentre in materia di innovazioni, l’art. 1220 c.c. menziona il decoro.
Ciò cui si deve porre attenzione, quando si intenda sopraelevare o quando si debba valutare un sopralzo già realizzato, è se la nuova costruzione si armonizzi con l’aspetto stilistico dell’edificio, adeguandosi alle sue caratteristiche.
La giurisprudenza da tempo afferma che la sopraelevazione è illegittima e va rimossa se induce, in chi guarda, una chiara sensazione di disarmonia, anche se la fisionomia dell’edificio risulta già in parte lesa da altre modifiche preesistenti, salvo che lo stabile sia talmente degradato da rendere ininfluente allo sguardo ogni ulteriore intervento (così, Cassaz. 12 settembre 2018, n. 22156).
La Corte d’Appello aggiunge, a quanto sopra, che il pregiudizio all’aspetto architettonico che, ai sensi del terzo comma dell’art. 1127 c.c., consente l’opposizione dei condomini, deve consistere in un’incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell’edificio che, essendo immediatamente apprezzabile ictu oculi ad un’osservazione operata in condizioni obiettive e soggettive di normalità da parte di persone di media preparazione, si traduce in una diminuzione del pregio estetico del fabbricato.
È utile riportare quale fosse la situazione ‘di fatto’ esaminata dal Tribunale e dalla Corte d’Appello chiamati a giudicare la sopraelevazione realizzata da Caio e Sempronia.
In particolare, riporta la Corte d’Appello che la consistenza del manufatto realizzato da Caio e Sempronia appare, in tutta la sua evidenza, dalle fotografie prodotte nel giudizio di primo grado ed è tale da risultare apprezzabile e ben visibile da qualunque osservatore.
Trattasi di manufatto di discreta volumetria che occupa gran parte dell’originario terrazzo dell’ultimo piano – dunque ben visibile dall’esterno – che è stato realizzato modificando la preesistente costruzione con inevitabile alterazione delle linee originarie dell’intero stabile.
L’innovazione realizzata interrompe bruscamente l’omogeneità della parte alta del fabbricato – che si presentava, prima delle modifiche, con una semplice ma armonica linea di terrazzo – rappresentando, indubbiamente, un elemento di estraneità per chi osserva l’edificio dalla strada o dai fabbricati vicini.
Nella specie, la trasformazione e l’ampliamento del preesistente vano lavanderia e la sua copertura con tettoie e pergolati, nonché la realizzazione del muro portante della nuova edificazione (prima assente) alterano con opere visibili ed apprezzabili la conformazione dei volumi e delle superfici dell’edificio; opere che, per l’assoluta novità dei materiali adoperati, il disegno delle stesse e le superfici interessate, non possono richiamarsi alla preesistente struttura.
Tale valutazione deve essere condotta considerando l’impatto della nuova opera sull’edificio in esame, risultando a tal fine irrilevanti le innovazioni allo stato dei luoghi che si pretendono realizzate nello stesso fabbricato o in quelli vicini.
Ecco perché, ribadisce la Corte, non ha errato il Tribunale nel rigettare l’istanza di ammissione di CTU avanzata da entrambe le parti, essendo già immediatamente apprezzabile la lesione del decoro rappresentata da Tizio.
Né Caio e Sempronia sono riusciti a provare che le fotografie prodotte da Tizio riproducano una situazione dei luoghi diversa da quella descritta nella sentenza impugnata in ordine alle dimensioni delle strutture per cui è causa, alla consistenza delle loro componenti, con alterazione della sagoma dell’edifici.
Infine, conclude la Corte, con riferimento alle asserite modifiche apportate all’edificio dagli altri proprietari, tali, secondo Caio e Sempronia, da alterare la fisionomia dello stabile, già in precedenza all’intervento per cui è causa, non è dato comprendere – come correttamente rilevato dal Tribunale – a quali interventi gli appellanti intendano far riferimento, restando tale allegazione sfornita di ogni riscontro probatorio.
Sentenza
Scarica App. Bari 28 giugno 2022 n. 990