Stalking: non applicabile l’aggravante del fatto commesso in presenza di minori
A cura della Redazione.
L’aggravante del fatto commesso in presenza di un minore o di persona in stato di gravidanza, di cui all’art. 61, comma primo, n. ll-quinquies cod. pen., non è applicabile al reato di atti persecutori, essendo prevista solo per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità personale e contro la libertà personale,
Martedi 5 Novembre 2024 |
Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 40301 del 31 ottobre 2024.
Il caso: La Corte d’appello di Roma confermava la condanna pronunciata in primo grado nei confronti di Tizio per il reato di atti persecutori ai danni dell’ex compagna, aggravato, quindi, ai sensi del secondo comma dell’art. 612 bis cod. pen; veniva, inoltre, applicata la circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen. In quanto i giudici del merito ritenevano tale ulteriore circostanza aggravante correttamente contestata, posto che l’imputato aveva agito in presenza del figlio minore, il quale, all’epoca dei fatti, aveva nove anni.
Tizio ricorre in Cassazione, deducendo, come terzo motivo, l’erronea applicazione, al caso di specie, della circostanza aggravante dell’aver agito in presenza del figlio, all’epoca dei fatti minorenne.
Per la Suprema Corte il motivo è fondato in quanto:
a) la precisa scelta del legislatore nel configurare tanto il delitto di cui all’art. 612 bis cod. peno quanto le circostanze aggravanti allo stesso applicabili è stata quella non estendere al minore che assista ad atti persecutori la medesima tutela a lui riservata qualora assista ad altri delitti e, segnata mente, secondo la lettera dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen., ai delitti contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale;
b) la lettera dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen. non presenta margini di ambiguità: ove si coniughi il dato letterale con quello della collocazione sistematica del delitto di atti persecutori (titolo XII -dei delitti contro la persona- capo III -dei delitti contro la libertà individuale- sezione III -dei delitti contro la libertà morale), si ricava che la contestata circostanza aggravante comune non può applicarsi al delitto di atti persecutori;
c) si potrebbe altresì ragionevolmente obiettare – valorizzando l’evoluzione giurisprudenziale in tema di violenza cd. assistita nel reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi (Sez. 6, n. 18833 del 23/02/2018, B., Rv. 272985) o di violenza cd. percepita (cfr. Sez. 6, n. 4332 del 10/12/2014, dep. 2015, Pm in proc. T., Rv. 262057) – che il reato cd. di stalking possa in concreto determinare effetti pregiudizievoli anche nei confronti di minori che, pur senza essere vittime dirette di atti persecutori, assistano a episodi di persecuzione violenza e/o minacciosa;
d) tuttavia, allo stato, la giurisprudenza di legittimità è assestata sulla più restrittiva e condivisibile interpretazione che, facendo leva sul tenore letterale dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies,cod. pen. e sull’interpretazione sistematica (e, quindi, anche sull’esistenza di una specifica circostanza aggravante, peraltro a effetto speciale, contemplata proprio dall’art. 612 bis, comma terzo, cod. pen., che richiede, tuttavia, non già la sola presenza del minore, bensì l’esser la condotta persecutoria volta a suo danno), esclude l’applicabilità della circostanza aggravante in parola al delitto di atti persecutori.