Superbonus, AdE avverte: senza coerenza fra reddito del cedente, ammontare dei lavori e valore del bene riqualificato si perde interamente il bonus
Prima di “maneggiare” i crediti d’imposta e di finanziare la riqualificazione del patrimonio edilizio privato con denaro pubblico occorre prestare il massimo livello di attenzione.
In questi anni è stato trasmesso alle assemblee il più grande “inganno” mai visto per favorire l’approvazione dei lavori ed esporre l’intero patrimonio dei condòmini a garanzia dell’Agenzia delle Entrate per l’intero periodo di accertamento: 12 anni per il superbonus e 18 anni per i bonus minori (vi avranno detto 8… altro “inganno”!).
Il più grande “inganno” di cui sto parlando è l’affermazione di semplicissima comprensione secondo cui sarebbe stato sufficiente rispettare i listini massimi di riferimento per le lavorazioni edili e i plafond massimi cedili per evitare problemi con il fisco.
E così ha avuto inizio la “gara”, palesemente elusiva, dell'”italiano medio” volta a chi riusciva attraverso frazionamenti e accatastamenti ad ottenere più subalterni possibili per aumentare il plafond del credito massimo cedibile, la ricerca di qualche margine extra su lavorazioni cedibili nel quale annegare quote di costo relative a lavorazioni non cedibili, finanche l'”invenzione” di attribuire il ruolo di “responsabile dei lavori” ad amministratori ragionieri, periti, avvocati, commercialisti… (insomma non formati nell’area tecnica come ingegneri civili, architetti o geometri, per intenderci) spesso al solo scopo di annegare i compensi amministrativi che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito non essere agevolabili.
Non solo tutto gratis e a rischio zero (qualcuno prima o poi dovrà spiegare alle assemblee che oggi hanno montato i ponteggi nella convinzione che fosse tutto gratis, che gratis non è!), ma possibilmente anche qualcosa di più!
Questa “ingordigia” ha probabilmente contribuito ad annebbiare le menti, ha generato distrazione, distorto l’attenzione su temi che oggi sembra siano un’invenzione di chi ha scritto questo articolo.
Oggi non vi annoierò con risposte ad interpello che possono rendere insonni le notti di chi ha ceduto crediti per milioni di euro con la superficialità di chi spesso sembra non abbia mai compilato neppure un 730, di chi pensa che il “visto di conformità” tributario magari emesso da grandi nomi della revisione tributaria sia il “bollino di garanzia” del credito fiscale sul quale è scongiurata ogni forma di accertamento, di chi maneggia nelle assemblee i crediti d’imposta ignaro che il fisco nel superbonus ha come garanti gli italiani con le loro case, i loro redditi e tutto il patrimonio personale, attuale e futuro, e non certo il “nulla tenente” che ha avuto un vantaggio illecito e che mai risponderà del danno economico che ha causato alla collettività.
Oggi vi parlerò della tanto argomentata Circolare n.23/E/2022 del 23.06.2022, che tutti i condòmini ricorderanno perché molti general contractor ne hanno data lettura nelle assemblee condominiali cercando di convincere i condòmini, in un ultimo disperato tentativo del “tutto gratis”, che la loro attività di mero coordinamento non rientrava nella definizione fornita dal fisco e quindi… “via libera” al credito! (senza però rinunciare ai diritti di rivalsa verso il condominio o alle solidali responsabilità fra i condòmini nei contratti d’appalto, spesso capestro, proposti ai condominii).
Nel parlarvi della Circolare n.23/E/2022 del 23.06.2022, non vi annoierò con tecnicismi o argomenti già trattati in altri contesti.
Vi invito a prestare attenzione al punto 5.3 della citata circolare, che è talmente poco comprensibile da essere spesso saltato a piè pari nel corso della lettura del documento: non sembra dire nulla di concreto, solo concetti generici, a tratti incomprensibili; non parla di serramenti, cappotto termico o caldaie, quorum assembleari ridotti o scadenze temporali.
Ciononostante credo personalmente che si tratti di uno dei passaggi più illuminanti dell’intera circolare… totalmente ignorato!
Ma ignorato perché incomprensibile o ignorato perché scomodo, pericoloso, in contrasto con tante piccole e grandi azioni elusive che gli italiani in questi anni hanno messo in atto per eludere il fisco ed “accaparrarsi” crediti d’imposta che non avrebbero avuto il diritto di ottenere?
Al citato punto 5.3., la circolare introduce sei principi cardine dell’accertamento tributario da parte dell’Agenzia delle Entrate in materia di superbonus, di cui vorrei analizzarne in particolar modo due:
- il principio della coerenza reddituale
- il principio della proporzione di valore
Il punto n.71 degli n.80 punti critici del “consenso informato” sviluppato dal Centro Studi ICAF tratta il tema della coerenza reddituale proprio perché rientra negli “alert” che l’Agenzia delle Entrate non ha omesso di evidenziare affinché il contribuente possa tenerne conto.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, afferma che si perde interamente il diritto al credito d’imposta in caso venisse accertata “l’incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori asseritamente eseguiti e il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame”.
Il punto n.72 degli n.80 punti critici del “consenso informato” sviluppato dal Centro Studi ICAF tratta invece il tema della sproporzione di valore.
L’Agenzia delle Entrate afferma che si perde interamente il diritto al credito d’imposta in caso venisse accertata “la sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare”.
Chi ha vissuto in questi anni l'”odissea” delle assemblee condominiali, con tecnici e appaltatori (sempre presenti in quanto asseritamente “gratis” e generalmente sostenitori del “tutto gratis”), consulenti legali e tributari (non sempre coinvolti in quanto avrebbero comportato un onere palese innanzi ad uno scenario di cotanta generosità da parte del nostro Paese) e amministratori spesso in balia dell’entusiasmo delle assemblee tipicamente appartenente al ricordo delle gite in pullman che si facevano durante gli anni delle scuole superiori, non credo abbia memoria di qualche esperto tributarista che abbia detto loro di prestare prioritaria attenzione al fatto che l’ammontare dei lavori deliberati finanziati con crediti fiscali dovesse trovare proporzione col valore della singola unità immobiliare, pena il disconoscimento da parte dell’Agenzia delle Entrate del credito utilizzato e applicazione dell’impianto sanzionatorio.
Al contrario gli “affabulatori del 110” hanno sempre sostenuto che bastasse rimanere nei prezziari DEI, nei listini MITE, nei parametri dei tariffari regionali o equipollenti e in ogni caso nel plafond massimo cedibile determinato dalla somma dei crediti maturanti sui singoli subalterni catastali per essere indenni da accertamenti del fisco, senza evidenziare tutti gli altri rischi e limiti imposti dalla norma tributaria parimenti incombenti.
Nondimeno non registro nella mia memoria momenti in assemblee condominiali nei quali “qualcuno” si sia soffermato su un altro tema fondamentale: il reddito e la consistenza patrimoniale di chi cede il credito deve essere coerente con l’oggetto e con il valore dei lavori eseguiti (e pagati con denaro pubblico).
Se non fosse chiaro al lettore, rileggendo con attenzione le precedenti righe emerge un quadro tutt’altro che confortante che non è in alcun modo oggetto di verifica nell’ambito del “visto di conformità” e che non può essere sottovalutato derubricandolo a “terrorismo fiscale” come spesso avviene in ridicoli commenti che non sono mai supportati da argomentazioni tecnico-tributarie.
L’Agenzia delle Entrate dispone dei valori delle unità immobiliari in quanto censite dall’Agenzia del Territorio e determinati nella misura del valore catastale, unico parametro di riferimento per il fisco in caso di accertamento e spesso inferiore agli effettivi valori di mercato.
L’Agenzia delle Entrate dispone inoltre di tutti i nostri dati reddituali e patrimoniali potendo con assoluta immediatezza verificare altresì la proporzione fra importo dei crediti d’imposta utilizzati e profilo (reddituale e patrimoniale) del contribuente.
Anche il valore di ricostruzione a nuovo del fabbricato presente nelle polizze di assicurazione “globale fabbricati” potrà essere utilizzato dall’Amministrazione Finanziaria per una verifica della congruità fra valore del bene e crediti utilizzati per la riqualificazione edilizia, allo scopo di applicare riprese fiscali e sanzioni in sede di accertamento.
Gli immobili che hanno un valore catastale di €.150.000,00, ad esempio, come potrebbero cedere crediti per 100.000,00 / 200.000,00 rispettando il criterio della “proporzione di valore”?
I condòmini che hanno un reddito lordo di €.30.000,00, ad esempio, come potrebbero cedere crediti per 50.000,00/100.000,00 rispettando il criterio della “coerenza reddituale”?
Questo è un tema che nessuno ritengo abbia mai considerato nell’ambito dello studio di fattibilità tributario delle riqualificazione con ricorso a bonus edilizi, limitandosi ad effettuare la verifica della fattibilità sul piano tecnico e ad applicare con estrema superficialità la parte “periferica” dell’impianto normativo, l’ultimo miglio della normazione tributaria, ovvero la disciplina finale specifica relativa al bonus “110”, ignorando i principi generali del diritto tributario sui quali la stessa disciplina trova fondamento e sui quali verranno basati gli accertamenti nei prossimi 12 (per il superbonus) e 18 (per gli altri bonus) anni.
Lo scenario rappresentato non è forse un limite più insidioso e ampio del concetto di “capienza” applicato all’utilizzatore diretto del credito che sembrava superato dalla cessione del credito o dallo sconto in fattura?
La norma tributaria potrebbe mai riservare, per il medesimo bonus e per le medesime agevolazioni edilizie, importanti disparità di trattamento tributario solo per la scelta tecnica della forma di utilizzo del bonus maturato?
Il “consenso informato” redatto dal Centro Studi ICAF ha segnalato queste importanti criticità già nel giugno 2022 consentendo a molti amministratori di proteggere i propri amministrati dagli “affabulatori del tutto gratis” e dalla certezza del “mettere a disposizione” dell’Amministrazione Finanziaria l’intero patrimonio attuale e futuro dei singoli condòmini in caso di disconoscimento del credito in sede di accertamento.
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Ivan Giordano
Giurista d’impresa con laurea presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi.
Tributarista esperto in fiscalità immobiliare, condominiale e societaria.
Esperto contabile iscritto presso la CCIAA – Milano.
Direttore scientifico di ICAF – Istituto di Conciliazione e Alta Formazione.
Giornalista iscritto presso l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, editore e direttore di ICAF TV.
Responsabile Scientifico del Registro Italiano Revisori Condominiali e Immobiliari
Autore di numerose pubblicazioni sui temi della contabilità condominiale e della revisione condominiale.
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