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Usucapione di porzione del sottotetto, la prova utile per conseguire la proprietà esclusiva

Negli ultimi anni, le aule dei Tribunali interessate dell’insorgere di liti su questioni in materia condominiale hanno avuto un significativo aumento di domande aventi ad oggetto l’intervenuta usucapione di parti comuni da parte del singolo condomino, anche per la sempre maggiore consapevolezza dei propri diritti e della chiara esigenza di voler dare certezza ad uno stato di fatto ormai consolidato nel tempo.

Sovente, abbiamo esaminato sentenze in proposito, con riferimento a lastrici solari e cortili o loro frazioni ed abbiamo potuto riflettere sull’importanza delle prove poste a fondamento delle pretese avanzate.

Ebbene, la pronuncia emanata dal Tribunale di Sondrio (sentenza n.376 del 30 novembre 2022) concerne la dichiarazione di usucapione di una porzione di sottotetto, qualificata quale parte comune ed inserita tra quelle indicate nell’art. 1117, comma I, n.2 c.c. in occasione della novella del 2012 (legge n.212).

In continuità con le statuizioni rese sul tema, il punto centrale delle argomentazioni poste dal Giudice a fondamento della propria decisione attiene all’assolvimento, da parte dell’attore, ovvero di colui che ha promosso la causa, della prova atta ed idonea ad accertare e dichiarare l’intervenuto acquisto per usucapione della parte comune oggetto della domanda giudiziale.

La vicenda

La causa trae origine dall’azione giudiziale promossa dai proprietari di un immobile innanzi al Tribunale per veder accertata la proprietà esclusiva di una porzione del sottotetto, censito quale parte comune sin dalla costruzione del compendio condominiale in cui è ubicato.

A fondamento della loro richiesta, gli attori hanno dedotto di aver avuto il possesso esclusivo e continuato della porzione di sottotetto, individuata ed identificata nell’atto di citazione, da oltre vent’anni senza mai ricevere alcuna contestazione.

A tal riguardo, è stata, altresì, prodotta documentazione fotografica dello stato dei luoghi da cui si evince che l’accesso a detta porzione avviene (ed è sempre avvenuto) unicamente dall’immobile di cui sono proprietari gli attori con ciò negando l’avvenuto utilizzo della stessa da altri condomini.

Parte convenuta, indicata in tutti i singoli condomini proprietari di immobili all’interno dell’edificio de quo, non si è costituita in giudizio per cui ne è stata dichiarata la contumacia.

Esperite le prove testimoniali richieste dagli attori, il Tribunale ha accolto la domanda di usucapione essendo risultata provato l’acquisto per usucapione.

Il sottotetto

È noto che il sottotetto rappresenta uno spazio ubicato tra il tetto di un edificio e l’appartamento situato all’ultimo piano del medesimo.

In proposito, appare utile rammentare che la novella sul condominio ha modificato l’art. 1117 c.c., rubricato “Parti comuni dell’edificio”, annoverando il sottotetto nell’elenco ivi descritto qualora sia destinato, “per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune”.

Con tale integrazione, dunque, è stata oggetto di codifica una annosa querelle sulla collocazione o meno del sottotetto tra le parti comuni all’uopo determinando e puntualizzando la necessità di preventiva verifica della sua stessa destinazione, con ciò circoscrivendo le ipotesi in cui può riconoscersi come tale.

Ne consegue, che la presunzione di condominialità del sottotetto esige, per essere confermata, una innegabile correlazione allo scopo che esso svolge con riferimento alla sua funzione ed alla sua destinazione all’uso comune.

Prova per la dichiarazione di intervenuta usucapione

Tanto riepilogato per un compiuto inquadramento del tema motivo di lite, è opportuno e confacente delineare che, nel caso de quo, oltre al materiale fotografico prodotto in atti, esemplificativo dello stato dei luoghi, le risultanze delle prove testimoniali hanno confermato la sussistenza dei presupposti e requisiti per la dichiarazione di intervenuta usucapione del bene.

Sul punto, è doveroso rilevare che i testi escussi hanno univocamente affermato che la porzione di sottotetto in questione ha unico accesso dalla proprietà degli attori e che non esiste altro ingresso, riferendo, al contempo, di aver visto tale condizione di esclusivo utilizzo da parte degli attori in considerazione degli oltre trent’anni di frequentazione dei medesimi e del loro immobile.

Non vi può essere titubanza sulla circostanza che le suddette dichiarazioni dimostrino la esistenza di una condotta manifestamente idonea a mutare di fatto il titolo del possesso trattandosi di una situazione che contrasta con la facoltà di godimento altrui in modo tale da non poter sollevare alcun dubbio sulla volontà degli attori di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”.

Parimenti ed al contempo, non può essere ignorato che dalla mancata costituzione dei convenuti, ne deriva la applicazione del principio di non contestazione, il quale trova la sua fonte nel disposto dell’art. 115 c.p.c., per cui i fatti non contestati non abbisognano di essere provati, come prescritto dalla richiamata norma «salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.

Il Giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza».

Sentenza
Scarica Trib. Sondrio 30 novembre 2022 n. 376

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