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Usura, usurarietà sopravvenuta e buona fede.

Avv. Dario Giuseppe Salvaggio.

La Cassazione con la sentenza n.27545 del 28 settembre 2023 ha affermato che è contrario a buona fede il comportamento del creditore che chiede il pagamento di un tasso di interesse divenuto usuraio successivamente al momento di stipula del contratto.

La disciplina dell’usura nel nostro ordinamento giuridico si fonda su un concetto oggettivo di usura, in quanto la tutela è rivolta non tanto alla vittima, quanto piuttosto al mercato e, in particolare, tende ad evitare l’infiltrazione criminale nell’economia legale e la stabilità del mercato creditizio e del sistema bancario.

Pertanto, al fine di assicurare una tutela forte gli interessi usurai, cioè quelli sproporzionati rispetto al tasso soglia stabilito con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono nulli, ex art. 1815cc, con la conseguenza che non vi è possibilità di sostituzione e non sono dovuti interessi dal debitore al creditore, se non l’importo dell’obbligazione principale.

La giurisprudenza si è interrogata su quale fosse il momento in cui è possibile eseguire un raffronto tra il tasso di interesse stabilito dalle parti e il tasso soglia e quindi se questo deve essere individuato nel momento di stipula dell’accordo o nel momento di esaurimento del rapporto tra le parti.

Il dibattito giurisprudenziale ha riguardato soprattutto le ipotesi di usurarietà sopravvenuta, cioè quei casi in cui il tasso di interesse fissato dalle parti, che al momento di conclusione del rapporto era proporzionato al tasso soglia, solo a seguito della stipula del contratto diviene sproporzionato rispetto al tasso soglia e ciò per un abbassamento significativo di quest’ultimo.

A porre fine al dibattito ci ha pensato il legislatore con la L. n. 24 del 2001, una legge di interpretazione autentica che ha indicato come momento di individuazione del tasso usuraio la data di stipula del contratto.

Nonostante questa chiara indicazione del legislatore, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che stante il puntuale intervento del legislatore, nell’individuare il momento di stipula del contratto quale istante in cui è possibile verificare se vi è o meno una sproporzione tra tasso di interesse convenzionale e tasso soglia, ciò non toglie che nei casi di usuraietà sopravvenuta il creditore può pretendere legittimamente solo il pagamento di interessi inferiori al tasso soglia, altrimenti, la richiesta di pagamento degli interessi orginariamente pattuiti e nel frattempo divenuti usurai costituirebbe una pretesa contraria a buona fede.

Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 24675 del 18.07.2017 e hanno escluso che si possa verificare una nullità virtuale ex tunc, perché il legislatore individua il momento chiave in quello della stipulazione dell’obbligazione e, di conseguenza, che non possa sussistere un’ipotesi di usura sopravvenuta. Le SS.UU. hanno puntualizzato che la pretesa di riscuotere gli interessi come orignariamente pattuito dalle parti non possa comportare una lesione del criterio di buona fede. 

Ciò posto, questo principio era stato dettato in riferimento ai contratti di mutuo ed è stato poi esteso anche ai contratti di conto corrente.

Questo inciso è molto importante, perchè la Cassazione con la sentenza n.27545 del 28 settembre 2023 ha dettato un principio in controtendenza rispetto alle SS.UU. del 2017, ma solo rispetto ai contratti di conto corrente e non anche per quelli di mutuo. 

Ovvero, secondo la Cassazione nel 2023 gli interessi usurai costituiscono sempre degli importi indebiti anche nelle ipotesi di usura sopravvenuta. Quindi, il creditore che chiede il pagamento di interessi per come stabiliti al momento di conclusione del contratto, senza tener conto dei successivi abbassamenti significati del tasso soglia, pretende una prestazione sproporzionata e quindi contraria a buona fede. Difatti, questo criterio generale dell’ordinamento giuridico italiano, alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 1175-1374-1375 cc e art. 2 Cost. impone comportamenti di collaborazione tra le parti contrattuali in ottemperanza agli obblighi di solidarietà sociale imposti dalla nostra Costituzione.

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