Valore dell’immobile adibito a casa coniugale, diritto di abitazione e quota di conguaglio nel giudizio di divisione
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18641/2022 affronta, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, la questione se il diritto di abitazione di un immobile, adibito a casa coniugale, assegnato ad uno dei coniugi in sede di separazione possa incidere sul suo valore economico e quindi sulla quota di conguaglio allorchè i due ex coniugi, comproprietari, decidano in sede di divisione di attribuire la proprietà esclusiva all’assegnatario.
Il caso: Tizio conveniva in giudizio Mevia dalla quale era separato legalmente, per sentir disporre lo scioglimento della comunione legale esistente sull’immobile costituente casa coniugale.
La convenuta, affidataria della prole, si costituiva in giudizio opponendosi, in via principale, allo scioglimento della comunione immobiliare ai sensi dell’articolo 717 c.c., nonche’ degli articoli 1111 e 1116 c.c., e, in via subordinata, chiedeva che si procedesse alla divisione del compendio immobiliare, previo accertamento del suo valore che tenesse conto dell’assegnazione in suo favore dello stesso a titolo di casa coniugale, come disposta nel giudizio di separazione giudiziale, nonche’ considerando la coabitazione con lei delle figlie di minore eta’, che le erano state affidate.
Il Tribunale, rigettata l’opposizione avverso la domanda di divisione, disponeva lo scioglimento della comunione legale fra le parti, attribuendo alla convenuta la proprieta’ esclusiva dell’anzidetto compendio immobiliare, determinando il conguaglio dovuto dalla stessa in favore dell’attore, e respingeva ogni altra domanda.
La Corte d’appello, nel rigettare l’impugnazione, condivideva l’impugnata sentenza anche con riferimento al punto della mancata considerazione, ai fini dell’ottenimento di una congrua decurtazione del conguaglio stabilito come dovuto in favore di Tizio, del diritto di assegnazione come casa coniugale vantato dall’appellante principale Mevia sullo stesso quale coniuge legalmente separato dal marito.
Mevia ricorre in Cassazione, che, nel rigettare il ricorso, enuncia i seguenti principi:
a) è pacifico che non vi siano ragioni che possano giustificare il mancato accoglimento della domanda di divisione che abbia ad oggetto anche la casa coniugale gravata da un provvedimento di assegnazione: in base alla disciplina generale in tema di scioglimento della comunione immobiliare, ove trattasi di immobile non divisibile (articolo 720 c.c.) e si proceda all’attribuzione dell’intero bene a uno dei comproprietari, scatta quale applicazione della relativa regola generale il conseguente obbligo di corresponsione a favore dell’altro della quota di conguaglio;
b) qualora il bene venga attribuito in proprieta’ esclusiva al coniuge che gia’ ne godeva come casa coniugale, verra’ a prodursi l’effetto della concentrazione in capo allo stesso coniuge di tale diritto di godimento e del diritto dominicale sull’intero immobile, che permane privo di vincoli, con la conseguenza che il primo, gia’ derivante dal provvedimento di assegnazione giudiziale, risultera’ assorbito dall’acquisito diritto in proprieta’ esclusiva dell’immobile stesso, il quale, percio’, ne determinera’ l’estinzione;
c) in sede di valutazione economica del bene “casa familiare” ai fini della divisione, il diritto di godimento di esso conseguente al procedimento di assegnazione non potra’ avere alcuna incidenza sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge, in quanto lo stesso si atteggia come un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale) che viene a caducarsi con l’assegnazione della casa familiare in proprieta’ esclusiva al coniuge affidatario dei figli, divenendo, in tal caso, la sua persistenza priva di una base logico-giuridica giustificativa, anche in virtu’ dell’applicazione del principio generale secondo cui nemini res sua servit;
d) peraltro, ove si operasse la decurtazione del valore in considerazione del gia’ riconosciuto diritto di godimento della “casa familiare”, il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla meta’ (nell’ipotesi di antecedente comproprieta’ al 50%) dell’effettivo valore venale del bene: cio’ trova conforto anche nella considerazione che, qualora intendesse rivenderlo a terzi, l’assegnatario della proprieta’ esclusiva (che decidesse di trasferire altrove la residenza comune con i figli, cosi’ rendendo l’immobile libero) potrebbe ricavare l’intero prezzo del mercato, pari al valore venale del bene, senza alcuna diminuzione
Principio di diritto: l’attribuzione dell’immobile adibito a casa familiare in proprieta’ esclusiva dell’assegnatario in sede di divisione configura una causa automatica di estinzione del diritto di godimento, che comporta il conferimento allo stesso immobile di un valore economico pieno corrispondente a quello venale di mercato.