Vano ascensore, uso esclusivo ed illegittimo da parte di un singolo condomino
Le controversie condominiali investono, come noto, contestazioni di varia natura e, sovente, interessano la proprietà comune o esclusiva di alcune parti dell’edificio e, in particolare l’uso ed occupazione delle stesse da parte di un singolo in pregiudizio del godimento da parte degli atri.
La questione portata all’attenzione del Tribunale di Agrigento (sentenza n.20 del giorno 8 gennaio 2024) ha ad oggetto la domanda di rimessa in pristino del vano ascensore, promossa dal condominio verso il proprietario del piano seminterrato e del piano terra, sul presupposto della condominialità di tale bene, a fronte della sopravvenuta scoperta della presenza di un montacarichi, a collegamento ed uso proprio di tali unità.
Nell’ambito di questa tipologia di vertenze, per la loro corretta risoluzione, non si può prescindere dall’effettuare una indagine sul titolo di proprietà e sulla destinazione concreta della parte dell’edificio il cui uso è contestato, mediante esame degli atti di provenienza ed istruttoria, all’uopo ponendo in evidenza il principio dettato in materia, che attiene alla presunzione di condominialità dei beni, di cui all’elenco del noto art. 1117 c.c.
Uso esclusivo ed illegittimo del vano ascensore da parte di un singolo condomino. Fatto e decisione
Nella vicenda in esame, un condominio ha convenuto in giudizio la società proprietaria degli immobili ubicati al piano seminterrato e piano terra, destinati ad attività commerciale, chiedendo di accertare la natura condominiale del vano ascensore in cui era stato collocato un montacarichi per porre in comunicazione i due piani, senza alcuna preventiva autorizzazione ed in pregiudizio della installazione dell’ascensore a servizio di tutti.
Parimenti, il condominio esponeva che la descritta situazione di illegittima occupazione ed impiego del vano era stata conosciuta solo al momento del sopralluogo conseguente alla adozione della delibera di realizzazione dell’ascensore, non essendo stata, in precedenza, diversamente visibile e percepibile.
Per i richiamati motivi, il condominio ha chiesto la rimessa in pristino del vano ascensore con condanna della convenuta a rimuovere l’impianto esistente.
La società convenuta ha avanzato censura preliminare sulla necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, chiedendo il rigetto della domanda e precisando che l’azione sarebbe prescritta per intervenuta usucapione.
Previa acquisizione degli atti di compravendita, espletamento di CTU ed acquisizione delle prove testimoniali, tesa ad accertare la funzione in concreto assolta dal vano de quo, il Tribunale ha accolto la domanda del condominio per le ragioni, in appresso, illustrate.
Legittimazione dell’amministratore a promuove il giudizio
In via preliminare è confacente esaminare la censura sollevata sulla mancata legittimazione dell’amministratore formulata dalla convenuta.
A tal riguardo, preme rappresentare che, per Giurisprudenza costante, qualora emerga la necessità e/o opportunità di promuovere azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi allo scopo di ottenere una pronuncia di accertamento sulla titolarità, il contenuto o, ancora, la tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale, che non attengono e configurano un atto meramente conservativo, l’amministratore può avanzarle solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art. 1131, comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.
In proposito, è appropriato rilevare che, nel caso in esame, tale delibera sussiste ed è stata utilmente prodotta in giudizio, per cui la eccezione della convenuta è stata rigettata in quanto palesemente infondata.
Natura condominiale del vano ascensore
Posto che il contraddittorio tra le parti in causa è stato correttamente instaurato, per una compiuta disamina della querelle sulla natura condominiale o meno del vano ascensore, occorre premettere quanto segue.
In linea generale, è notorio che alcuni beni o parti dell’edificio condominiale si ritengono condominiali per la destinazione e la funzione cui sono oggettivamente destinati.
Sulla questione, il nostro ordinamento ha dettato una norma ad hoc, l’art. 1117 c.c., rubricata “parti comuni dell’edificio” che individua, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le parti di un fabbricato che si presumono condominiali.
L’ascensore è indicato all’art. 1117, comma I, n.3) c.c., ove si riporta che devono intendersi di proprietà comune “le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori[…]“.
Ulteriormente, è confacente precisare che la presunzione di condominialità di cui alla elencazione ex art.1117 c.c. può essere superata soltanto da contrarie risultanze contenute in un determinato titolo e non opera con riguardo a beni o porzioni di essi che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate obiettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari
Nella fattispecie, nel corso delle operazioni peritali svolte in occasione della CTU, è emerso che l’accesso al montacarichi, posto tra il seminterrato ed il piano terra, è all’interno della proprietà della società convenuta e non nell’androne condominiale, altresì rilevando che è stato installato in continuità con il vano corsa dell’ascensore condominiale sovrapponendosi allo stesso.
Ebbene, dal suddetto accertamento derivano due importanti conseguenze ai fini del decidere: (i) la prima attiene alla circostanza che il condominio non poteva aver contezza prima dell’improprio occulto utilizzo del vano ascensore da parte del condomino, (ii) la seconda è che tale presenza del montacarichi impedisce e pregiudica concretamente la realizzazione dell’impianto di ascensore a servizio di tutti i piani.
Venendo al profilo giuridico, nell’ipotesi de qua, non esiste alcuna riserva di proprietà del vano ascensore, nei contratti di acquisto, da parte dell’originario costruttore/venditore, e perciò lo stesso non che qualificarsi come condominiale.
Al contempo, per le deduzioni finora argomentate, confortate dalla istruttoria espletata, non si può ignorare che l’azione di rivendica ex art.948 c.c., promossa dal condominio, non si prescrive salvo acquisto per usucapione.
Tuttavia, gli esiti della CTU e delle prove testimoniali hanno palesato che non possono ravvisarsi i presupposti per l’accoglimento della eccezione di intervenuta usucapione del vano ascensore, sollevata dalla società convenuta, proprio in quanto, nella presenta vicenda, quest’ultima non ha tenuto una condotta inequivoca pubblicamente ma clandestina.
A conforto, richiamando l’indirizzo unanime della Giurisprudenza, si riporta il consolidato principio espresso “Ai fini dell’usucapione, il requisito della non clandestinità va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest’ultimo” (Cassazione civile sez. II, 30/04/2021, n.11465).
Ne deriva che, il possesso ai fini della sussistenza della prova dell’usucapione di cui all’art. 1158 c.c. non è stato dimostrato il possesso pacifico e continuato per un determinato arco temporale.
Sulla scorta di quanto sopra, ne deriva che la decisione che ha riconosciuto la natura di proprietà comune del vano scale, lette le risultanze della CTU e valutate le prove testimoniali nonché i documenti prodotti, è giusta e conforme al diritto.