Vano scala serve solo un appartamento: è condominiale?
Ancora una volta, oggetto di una lite giudiziaria, è stato l’accertamento della natura condominiale di un bene. Nello specifico si è trattato di un vano scale, cioè di un elemento, normalmente di uso e titolarità comune.
Sappiamo, infatti, che le scale servono necessariamente ai vari proprietari di un edificio, poiché, senza di esse, non si potrebbe accedere ai vari appartamenti.
È per questo motivo, perciò, che le scale sono dei beni comuni, rientranti nell’elencazione di cui all’art. 1117 cod. civ., salvo il titolo contrario.
Cosa accade, però, se un vano scala serve, esclusivamente, solo un appartamento? Ad esempio, se l’ultimo piano di un edificio, compreso il lastrico solare, è di proprietà esclusiva di un solo condòmino, questi potrebbe, legittimamente chiudere il vano scala ed appropriarsene?
Ha risposto a queste domande la recente ordinanza della Cassazione n. 36377 del 13 dicembre 2022.
Prima di tutto, però, vediamo cosa è accaduto in questo fabbricato nel Lazio.
Vano scala serve solo un appartamento: è condominiale? Il caso concreto
Un complesso immobiliare, costruito e di proprietà esclusiva del costruttore, a partire dalla metà degli anni settanta era ceduto ai vari figli del medesimo.
In particolare, negli atti di cessione, era sempre stato chiaro che il terzo ed ultimo piano, compreso il lastrico solare, fossero di proprietà esclusiva di un solo condòmino.
Era per questa ragione, dunque, che questi si arrogava il diritto di chiudere con una porta il vano scala che serviva solo il proprio immobile.
Da tale circostanza nasceva una diatriba con gli altri proprietari, secondo i quali la natura condominiale del pianerottolo in discussione impediva ogni appropriazione. In sede giudiziale, perciò, essi chiedevano la rimozione della porta e il ripristino allo status quo ante e all’uso comune del cespite in contestazione.
La lite, sia in primo che in secondo grado, si concludeva con l’accoglimento della domanda. Secondo i giudici di merito, il vano scala era condominiale. Nell’atto costituivo del condominio non era presente alcuna menzione che attribuisse la titolarità del bene a un singolo. Per questi motivi, la chiusura posta dal proprietario dell’ultimo piano doveva essere rimossa e tutti potevano avere accesso al pianerottolo de quo.
Il contenzioso si spostava, dunque, in Cassazione, dove, però, l’esito non è mutato. Per gli Ermellini, il ricorso è stato, addirittura inammissibile e ogni domanda intesa a ribaltare il precedente verdetto è stata respinta.
Vano scala: è condominiale?
La condominialità del vano scala è sancita al livello legislativo. Basta, infatti, consultare il testo dell’art. 1117 cod. civ. La legge ammette, però, che un titolo contrario contraddica questa disposizione.
Ad esempio, potrebbe trattarsi dell’atto costitutivo del condominio, ad opera del costruttore, redatto nel momento in cui le singole unità immobiliari vengono destinate e cedute ai diversi proprietari.
In questo documento potrebbe, ad esempio, essere precisato che il vano scala all’ultimo piano è di proprietà esclusiva dell’unico titolare dei medesimi.
A quanto pare, però, si tratta di un’indicazione che non era rinvenibile nella vicenda in commento.
Natura comune del vano scala che serve un solo proprietario: cosa dice la Cassazione?
Partendo dal naturale presupposto che le scale sono dei beni condominiali, la Cassazione ha più volte precisato che la natura comune del bene può essere esclusa soltanto in presenza di un titolo contrario o nell’ipotesi in cui risulti oggettivamente al servizio di un solo proprietario «Si tratta di bene che, salvo che per le sue caratteristiche strutturali risulti destinato oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (cfr. Cass. Sez. Unite, 07/07/1993, n. 7449), rientra tra le parti comuni dell’edificio (art. 1117 c.c.) e che pertanto, in caso di frazionamento per alienazione delle singole porzioni, vi resta compreso anche se l’atto di trasferimento abbia omesso di inserirlo tra i beni condominiali, in quanto insuscettibile di separato o autonomo godimento, per essere vincolato all’uso comune, in virtù della sua naturale destinazione (cfr. Cass. Sez. 2, 27/03/2003, n. 4528)».
La naturale destinazione delle scale all’uso comune, quindi, può essere superata allorquando la particolarità del bene, per sue caratteristiche, sia quella di servire solo una parte dell’edificio. In tal caso, affermano gli Ermellini, la condominialità può essere esclusa al pari di un titolo contrario «Il diritto di condominio ha il suo fondamento nel fatto che le parti siano necessarie per l’esistenza, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune.
Le obiettive caratteristiche strutturali, per cui dette scale servono in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile, ne fanno venire meno in questo caso il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene vince l’attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario (Cass. sent. n. 7704/2016)».
Nel caso in commento, però, in assenza di un titolo contrario che affermasse la natura privata del bene, il fatto che il vano scale in contestazione servisse solo il terzo ed ultimo piano e il lastrico e che questi appartenessero soltanto a un proprietario, non sono stati sufficienti ad escludere la condominialità del bene. All’uopo sono stati riportati alcuni precedenti «Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla “presunzione” di comunione di cui all’art. 1117 c.c., occorre, del resto, che dal titolo, e cioè dall’atto costitutivo del condominio, risultino, in modo chiaro ed inequivocabile e nel rispetto della forma scritta essenziale, la volontà rivelatrice della esclusione della condominialità di quel determinato bene e l’attribuzione dello stesso in proprietà esclusiva ad uno o alcuni soltanto dei condomini.
Il dato che il vano scale oggetto di lite serviva a rendere accessibile l’appartamento al terzo piano, rimasto nella proprietà di Domenico Mancini (dante causa Elvio Domenico Mancini), allorché con atto del 5 settembre 1977 questi alienò ai figli alcune porzioni dell’edificio, dando vita al condominio, non vale perciò ex se a sottrarre tale bene alla regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, 04/03/2015, n. 4372; Cass. Sez. 2, 12/02/1998, n. 1498; Cass. Sez. 2, 22/03/1985, n. 2070)».
Perciò, evidentemente, la vicenda in commento si presta ad applicazioni giurisprudenziali discordanti. Si resta, quindi, in attesa di una decisione definitivamente dirimente sul punto.
Sentenza
Scarica Cass. 13 dicembre 2022 n. 36377