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Vincolo di destinazione a vantaggio del condominio: è una servitù?

Nel caso qui in commento, l’oggetto del contendere è stato un vincolo di destinazione di una proprietà privata a vantaggio del condominio. In particolare, le parti si sono scontrate sulla natura di tale vincolo, sull’eventuale estinzione del medesimo e sulla legittimazione in giudizio in una lite come questa.

Nello specifico, su quest’ultimo aspetto, secondo una tesi, dovrebbe essere citato l’amministratore, quale rappresentante del condominio e degli interessi di cui i vari proprietari sono titolari. Secondo, invece, un’opinione diversa, non sarebbe possibile costituire, validamente, le parti in giudizio senza aver invocato nel procedimento tutti i condòmini.

Ha chiarito ogni dubbio a riguardo la recente ordinanza della Cassazione n. 30302 del 14 ottobre 2022.

Prima, però, di affrontare le soluzioni di diritto offerte da questa decisione, vediamo quali sono state le circostanze che hanno caratterizzato il caso concreto.

Vincolo di destinazione a vantaggio del condominio: è servitù? Il caso concreto.

In un condominio torinese, dal lontano 1920, un immobile di proprietà privata era destinato ad alloggio uso portineria a favore del fabbricato. Ebbene, nell’ottica di ottenere la caducazione di tale vincolo, l’attuale titolare dell’immobile citava in giudizio il condominio nella persona dell’amministratore pro tempore.

La lite, dopo un primo esito dinanzi al Tribunale di Torino, giungeva alla competenza della Corte di Appello. Per i giudici invocati in seconda istanza, la sentenza impugnata era nulla poiché non avevano partecipato al procedimento tutti i condòmini del fabbricato.

Per questa ragione, la Corte rimetteva le parti davanti al giudice di prime cure, affinché, in riassunzione, fossero chiamati in causa i vari proprietari dell’edificio, quali litisconsorti necessari.

A questo punto, su ricorso del titolare dell’alloggio destinato a portineria, interveniva la Cassazione. Per la tesi del ricorrente, la citazione che aveva caratterizzato i precedenti gradi di giudizio era stata regolare.

Correttamente, infatti, l’atto era stato notificato solo all’amministratore quale rappresentante del fabbricato. Non vi erano ragioni sostanziali per estendere la chiamata anche a tutti i proprietari. Sarebbe stato un inutile aggravio a carico dell’attore.

Gli Ermellini hanno accolto il ricorso, hanno cassato la sentenza impugnata e hanno rimesso le parti dinanzi alla Corte di Appello in diversa composizione.

Vincolo di destinazione alloggio privato a favore del condominio: è un’obbligazione propter rem?

Secondo la Cassazione, allorché un immobile privato e destinato ad uso portineria a vantaggio del condominio, non siamo in presenza di un’obbligazione propter rem, poiché ciò contrasterebbe con la tipicità di quest’ipotesi.

Per gli Ermellini, invece, si tratta, semplicemente, di un vincolo che limita la proprietà privata a favore dell’utilità di altri immobili. Insomma, in poche parole si sta parlando di una servitù «il vincolo di destinazione ad alloggio del portiere di una unità immobiliare di proprietà esclusiva compresa in un condominio edilizio può, viceversa, in quanto inteso a restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi ed utilità alle altre unità immobiliari ed alle parti comuni, assumere perciò carattere di realità, sì da inquadrarsi nello schema delle servitù».

Ciò, incide, inevitabilmente, sulla legittimazione in un’eventuale azione confessoria o negatoria. In tal caso, infatti, la rappresentanza processuale spetta all’amministratore essendo in gioco gli interessi comuni dei condòmini e non certo la possibilità che si possa accrescere o diminuire il loro diritto di condominio.

Rappresentanza processuale dell’amministratore: cosa dice la legge?

In base all’art. 1131 cod. civ., l’amministratore ha la rappresentanza processuale del fabbricato. In parole povere, quindi, se bisogna fare causa a un condominio, è sufficiente destinare la citazione al rappresentante dell’edificio. Sarebbe, infatti, inutile e gravoso notificare l’atto a tutti i singoli proprietari.

La descritta conclusione, invece, muta per quanto riguarda tutte quelle azioni che accrescono o riducono il diritto del singolo proprietario sul condominio. In questo caso, le conseguenze del procedimento potrebbero determinare un aumento o una diminuzione degli obblighi correlati alla posizione nei riguardi della cosa comune.

In tale circostanza, ci ricorda la Cassazione, è indispensabile invocare in giudizio il singolo e non l’amministratore, poiché questi non ha alcuna legittimazione a partecipare al procedimento «Il disposto dell’art. 1131 c.c., secondo cui, come detto, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, viene inteso, invero, nel senso che il potere rappresentativo che spetta all’amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sulla estensione del relativo diritto di condominio, affare che rientra nella disponibilità esclusiva dei condomini.

In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell’amministratore e dell’assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali (cfr. Cass. Sez. 2, 18/09/2020, n. 19566; Cass. Sez. 2, 28/01/2019, n. 2279; Cass. Sez. 2, 14/11/1989, n. 4840; Cass. Sez. 2, 02/10/1968, n. 3064; arg. anche da Cass. Sez. 2, 24/09/2013, n. 21826)».

Sentenza
Scarica Cass. 14 ottobre 2022 n. 30302

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