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Vittime del Terrorismo e ristoro dei danni

Aggiunge l’Autore che “diversamente da quanto accadeva in passato,quando gruppi terroristici puntavano a uccidere un numero limitato di persone per influenzare le politiche di un determinato Stato,oggi i terroristi sembrano intenzionati a sferrare un attacco alla cultura ed alla democrazia occidentali, usando tutti i mezzi a loro disposizione al fine di fare il maggior numero possibile di vittime”.

Fatta questa doverosa premessa, l’Autore si diffonde nella pedissequa elencazione di tutti i possibili agenti chimici e batteriologici e sui limitati rimedi che la diffusione di tali armi di distruzione di massa consente di adottare in caso di attacco.

Ne consegue una visione apocalittica di una guerra ormai combattuta senza armi convenzionali e senza eserciti ma generata da pochi ma irriducibili nemici dell’Occidente che spesso sfuggono alla cattura delle varie polizie segrete e non impegnate nel debellare il fenomeno.

Compito dei Governi è quello di apprestare non solo le difese da tali attacchi ma soprattutto,stante la rilevanza che ha assunto il fenomeno,stabilire le regole per il ristoro dei danni arrecati alle vittime ed ai loro familiari.

I recenti e ripetuti episodi di uccisione di nostri connazionali impegnati anche in missioni di pace all’Estero, hanno indotto il Parlamento ad approvare le nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, nonchè dei loro familiari superstiti (2).

In proposito, la Circolare emanata dalla Presidenza del Consiglio in data 14 Novembre 2003 recita testualmente “Il terrorismo e la criminalità organizzata, anche in Paesi democratici e con avanzate caratteristiche sociali ed economiche come il nostro, hanno lanciato negli ultimi decenni una sfida costante, più o meno grave, all’ordinato svolgersi della vita civile, seminando una dolorosa scia di vittime non soltanto tra coloro che rappresentano lo Stato, ma anche tra la gente comune”.

Le istituzioni, sulle quali si fonda la struttura democratica del Paese, hanno tenuto salda la loro autorevolezza e la generale condivisione dei più alti valori alla base della coscienza civile ha costituito un baluardo invalicabile che ha impedito a questi fenomeni di assumere dimensioni più rilevanti e, tanto meno, di prevalere. Il prezzo pagato, però, in termini di vite umane, di drammi esistenziali e di sofferenze familiari e’ stato, al di là delle dimensioni numeriche, rilevantissimo.

Evoluzione della legislazione sulla tutela delle vittime del terrorismo

Lo Stato, anche rendendosi interprete dei sentimenti di gratitudine e di solidarietà dei cittadini, e’ intervenuto, a più riprese, con norme a favore delle vittime per fatti di terrorismo e di criminalità organizzata, con il preciso intento di offrire un segnale di sostegno, in termini morali ed economici, a fronte di quei delitti diretti contro la sua stessa ragion d’essere.

In tale ottica vanno annoverati i provvedimenti emanati a vari livelli diretti a garantire una qualche tutela giuridica agli interessi ingiustamente lesi di quanti cadano vittime di atti terroristici ovvero del dovere a causa di comportamenti delittuosi che non trovano alcuna giustificazione sul piano del diritto internazionale, tanto meno in termini di rappresaglia.

La normativa che disciplina i benefici in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e’ stata oggetto di numerose modifiche ed integrazioni che, nel tempo, hanno meglio adeguato l’intervento dello Stato alle necessità delle persone colpite da tali eventi delittuosi.

Con la Legge 13 agosto 1980, n.466 (3) il legislatore ha esteso ai dipendenti pubblici ed alle vittime del dovere o di azioni terroristiche una speciale elargizione, già prevista dalla legge 28 novembre 1975, n. 624 e dall’art. 3 della legge 27 ottobre 1973, n 629.

In particolare, l’art. 12 della legge n.466 ha introdotto l’obbligo della assunzione obbligatoria, con precedenza su ogni altra categoria protetta, del coniuge superstite e dei figli di chiunque fosse deceduto o rimasto Invalido a causa di azioni terroristiche.

Tale assunzione obbligatoria riguardava tutte «le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e le aziende private».

La successiva Legge 20 ottobre 1990, n. 302 (4) ha attribuito un diritto al ristoro dei danni a chiunque avesse subito un’invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di atti di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, a condizione che il soggetto leso non abbia concorso alla commissione degli atti medesimi ovvero di reati a questi connessi,ai sensi dell’art. 12 del codice di procedura penale.

In tali casi la legge stabilisce una elargizione,in proporzione alla percentuale di invalidità riscontrata, con riferimento alla capacità lavorativa.

L’art. 14 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, ha modificato,inoltre,la legge precedente, ampliando il novero dei beneficiari,includendo i genitori ed estendendo la previsione normativa anche ai casi di morte o invalidità derivanti da reati compiuti dalla criminalità organizzata

La Legge 23 novembre 1998, n. 407(5) ha apportato,quindi, alcune modifiche alla normativa previgente stabilendo, oltre alla elargizione prevista in precedenza,la corresponsione di un assegno vitalizio non reversibile soggetto alla perequazione automatica in favore di chiunque, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1,2,3 e 4 dell’art.1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, abbia subito una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacita’ lavorativa, nonchè’ ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche

Ai componenti la famiglia di colui che perda la vita per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi delle azioni od operazioni la Legge ha esteso una elargizione, anche in caso di concorso di piu’ soggetti, ,secondo l’ordine fissato dall’art. 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, come sostituito dall’art. 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720.

In tale quadro normativo veniva dichiarata prioritaria la norma della già richiamata legge n. 407/1998, art. 1, commi 1 e 2, che stabiliva per le pubbliche amministrazioni l’obbligo delle assunzioni degli appartenenti alla categoria delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata o loro congiunti, con precedenza assoluta rispetto alle altre categorie protette, anche nell’ipotesi in cui abbiano un’attività’ lavorativa e, quindi, in alternativa a quest’ultima,come ribadito dalla citata Circolare della Presidenza del Consiglio del 14/11/2003.

Soggetti destinatari della normativa in esame e come tali tenute ad effettuare l’assunzione di appartenenti alla categoria delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata,devono ritenersi,quindi, tutte le pubbliche amministrazioni così come specificatamente individuate dall’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Inoltre le assunzioni dei soggetti vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, secondo quanto prescritto dall’art. 39 della legge n. 449/1997 e successive modificazioni, devono essere effettuate dalla P.A. nell’ambito del sistema della programmazione delle assunzioni.

Il successivo DPR 28 luglio 1999, n. 510(6) ha introdotto le norme regolamentari alle disposizioni riguardanti le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

In effetti,l’art. 82 della Legge Finanziaria 2001 (Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalita’ organizzata) ha previsto che al personale di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, ferito nell’adempimento del dovere a causa di azioni criminose, ed ai superstiti dello stesso personale, ucciso nelle medesime circostanze, nonche’ ai destinatari della legge 20 ottobre 1990, n. 302, venga assicurata, a decorrere dal 1° gennaio 1990, l’applicazione dei benefici previsti dalla citata legge n. 302 del 1990 e dalla legge 23 novembre 1998, n. 407.

Inoltre l’art. 34, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, ha esteso i benefici della normativa in materia «al coniuge e ai figli superstiti, ovvero ai genitori o ai fratelli conviventi e a carico,qualora unici superstiti,del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia decedute o divenute permanentemente inabili al servizio per effetto di ferite o lesioni di natura violenta riportate nello svolgimento di attività operative a causa di atti delittuosi commessi da terzi».

La successiva Legge 14 gennaio 2003, n.7,con cui è stata ratificata la Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo e firmata a New York il 9 dicembre 1999,ja esteso l’applicazione,anche per gli atti di terrorismo interna zio nale,delle disposizioni concernenti il Fondo vittime del terrorismo (7).

Ulteriori modifiche alla disciplina sono state apportate dal D.L. 4 febbraio 2003, n. 13 convertito in Legge 2 aprile 2003, n. 56 (8), che ha stabilito la corresponsione dell’assegno vitalizio ai soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, anche in assenza di sentenza, qualora i presupposti per la concessione siano di chiara evidenza e denotino in maniera univoca, dalle indagini eseguite ,la natura terroristica o eversiva dell’azione, ovvero la sua connotazione di fatto ascrivibile alla criminalità nonchè il nesso di causalita’ tra l’azione stessa e l’evento invalidante o mortale.

Inoltre tale normativa ha elevato fino al 90% la speciale ‘elargizione spettante a titolo di provvisionale alle vittime del terrorismo,prevedendo, altresì, la possibilità di elargire l’assegno vitalizio,già previsto dalle leggi in vigore, ai cittadini, agli stranieri, agli apolidi ed ai superstiti, prima dell’emanazione della sentenza, laddove le indagini dimostrassero con chiara evidenza che la natura delle azioni sia terroristica,eversiva o imputabile a forme di criminalità organizzata.

Da ultimo,va ricordato che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE),con la decisione n. 618 del 1 luglio 2004, in tema di solidarietà con le vittime del terrorismo, dopo avere ricordato che la Carta dell’ OSCE per la prevenzione e la lotta al terrorismo sancisce l’impegno degli Stati partecipanti di adottare le misure necessarie a prevenire atti di terrorismo e a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare il diritto alla vita di tutti gli individui che rientrano nella loro giurisdizione, dalle azioni terroristiche, ha invitato gli Stati membri ad esaminare la possibilità di introdurre o di rafforzare le misure appropriate, fatte salve la norme nazionali, per offrire assistenza, anche finanziaria, alle vittime del terrorismo e alle loro famiglie e fornire supporto alle vittime del terrorismo.

L’OSCE,nella importante decisione,ha anche riaffermato la propria determinazione a prevenire e a combattere il terrorismo e pertanto ad accrescere la sicurezza dei cittadini, in forza degli impegni assunti dagli Stati aderenti in base ai quali tutte le misure adottate al fine di contrastare il terrorismo devono essere conformi agli obblighi assunti dagli Stati partecipanti ai sensi del diritto internazionale.

Un notevole passo in avanti nella tutela delle vittime dei fatti delittuosi è stato compiuto di recente anche dalla Unione Europea che ha emanato la Direttiva 29.04.2004 n 2004/80/CE che ha introdotto le linee guida per l’indennizzo delle vittime di reato negli Stati membri .

Obiettivo del provvedimento è stato quello di garantire ad ogni cittadino europeo il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso

Rileva la Direttiva che le vittime di reato,in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall’autore del reato,in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito (come nel caso di atti terroristici – ndr).

Alla luce della Direttiva,il cittadino europeo che subisca un reato intenzionale violento in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente, potrà presentare la domanda di risarcimento presso un’autorità o qualsiasi altro organismo dello stato in cui risiede.

La Legge n.206/2004

Si comprende,quindi, dal sommario excursus sin qui svolto,l’importanza di stabilire un necessario adeguamento della normativa vigente alla citata Direttiva,anche alla luce dei nuovi accadimenti che hanno interessato le cronache quotidiane sia in campo nazionale che in quello internazionale.

La Legge 3 agosto 2004, n.206, recependo la Direttiva Europea, ha stabilito che le nuove disposizioni si applichino a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice,compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonche’ ai loro familiari superstiti,con ciò estendendo la portata della normativa agli atti subiti dalle vittime del terrorismo anche al di fuori del territorio nazionale.

La legge ha,inoltre,“aggiornato” la misura della elargizione già prevista in precedenza per le vittime degli atti terroristici.

L’elargizione (rectius Indennizzo), in origine introdotta dall’articolo 1, primo comma della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e’ stata elevata nella misura massima di 200.000 euro in proporzione alla percentuale di invalidità riportata ed in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale.

Tale disposizione trova applicazione anche alle somme già erogate prima della data di entrata in vigore della legge, considerando nel computo anche la rivalutazione delle somme già elargite .

A tutti coloro che hanno subito un’invalidità permanente inferiore all’80 per cento della capacità lavorativa, se causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, e’ riconosciuto un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità’ pensionistica maturata,la misura della pensione, nonchè’ il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente

Coloro che hanno subito un’invalidità permanente,pari o superiore all’80 per cento della capacita’ lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, sono equiparati, ad ogni effetto di legge, ai grandi invalidi di guerra di cui all’articolo 14 del T.U. del DPR 23 dicembre 1978, n. 915 ed è riconosciuto il diritto immediato alla pensione diretta, calcolata in base all’ultima retribuzione percepita integralmente e rideterminata secondo le previsioni di cui all’articolo 2, comma 2.

Gli stessi criteri di cui al comma 2 si applicano per la determinazione della misura della pensione di reversibilita’ o indiretta in favore dei superstiti in caso di morte della vittima ed inoltre tali pensioni non sono decurtabili ad ogni effetto di legge.

Per chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità’ permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa,nonchè’ ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, è previsto,a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge,oltre all’elargizione di cui innanzi, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni

In caso di morte,sono attribuite due annualità,comprensive della tredicesima mensilità’,del suddetto trattamento pensionistico limitatamente al coniuge superstite, ai figli minori, ai figli maggiorenni, ai genitori e ai fratelli e alle sorelle, se conviventi e a carico.

Le percentuali di invalidità’ già’ riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della legge sono rivalu tate tenendo conto dell’eventuale aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale.

Inoltre,alle vittime e ai loro familiari e’ assicurata assistenza psicologica a carico dello Stato.

Ai pensionati e ai loro superstiti e’ assicurato l’adeguamento costante della misura delle relative pensioni al trattamento in godimento dei lavoratori in attività nelle corrispondenti posizioni economiche e con pari anzianità

La legge prevede altri rilevanti benefici:

  1. alle vittime e ai loro familiari e’ assicurata assistenza psicologica a carico dello Stato.

  2. I documenti e gli atti delle procedure di liquidazione dei benefici previsti dalla presente legge sono esenti dall’imposta di bollo.

  3. L’erogazione delle indennità e’ comunque esente da ogni imposta diretta o indiretta

  4. La pensione maturata e’ esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche

  5. Gli invalidi e i familiari, inclusi i familiari dei deceduti, limitatamente al coniuge e ai figli e, in mancanza dei predetti, ai genitori, sono esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica

  6. Nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili il patrocinio delle vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice o dei superstiti è a totale carico dello Stato

Inoltre,la legge ha previsto una notevole accelerazione delle procedure risarcitorie.

Infatti,nel caso in cui non risulti essere stata effettuata la comunicazione del deposito della sentenza penale relativa ai fatti di cui sono rimasti vittima, i soggetti danneggiati possono promuovere l’azione civile contro i diretti responsabili entro il termine di decadenza di un anno dalla data di entrata in vigore della legge, prescindendo dall’eventuale prescrizione del diritto.

E’ inoltre prevista una nuova competenza in materia del Tribunale monocratico per i giudizi da instaurare nel termine di sei mesi dall’entrata in vigore della Legge nelle ipotesi in cui in sede giudiziaria, amministrativa o contabile siano già state accertate con atti definitivi la dipendenza dell’invalidità e il suo grado ovvero della morte da atti di terrori smo e dalle stragi di tale matrice, ivi comprese le perizie giudiziarie penali,le consulenze tecniche o le certificazioni delle aziende sanitarie locali od ospedaliere e degli ospedali militari.

Il Tribunale competente, in base alla residenza anagrafica della vittima o dei superstiti, fissa una o al massimo due udienze, intervallate da un periodo di tempo non superiore a quarantacinque giorni, al termine del quale, esposte le richieste delle parti, prodotte ed esperite le prove e precisate le conclusioni, emana la sentenza nel termine di quattro mesi.

Le sentenze sono impugnabili esclusivamente dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione di legge, ivi compresa la manifesta illogicità della motivazione

La competente amministrazione dello Stato, anche prima dell’inizio di azioni giudiziarie o amministrative, d’ufficio o su richiesta di parte, può offrire alla vittima di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice o agli eredi una somma,a titolo di definitiva liquidazione, che, in caso di accettazione, e’ preclusiva di ogni altra azione, costituendo ad ogni effetto transazione.

La liquidazione della somma accettata deve essere effettuata nel termine di quattro mesi dalla relativa deliberazione.

Anche l’iter burocratico per l’accesso alle indennità stabilite dalla Legge risulta accelerato atteso che la nuova Legge prevede che il riconoscimento delle infermità,il ricalcolo dell’avvenuto aggravamento e delle pensioni, nonchè ogni liquidazione economica in favore delle vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice devono essere conclusi entro il termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda da parte dell’avente diritto alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente in base alla residenza anagrafica del medesimo soggetto.

A tal fine trovano applicazione,in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al DPR 28 luglio 1999, n.510.

I benefici previsti dalla legge si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1° gennaio 1961 mentre per gli eventi coinvolgenti cittadini italiani verificatisi all’estero, i benefici si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2003.

Il reato di “terrorismo”

Resta da stabilire in quali casi la Legge operi, ossia quali siano le fattispecie di terrorismo o atti terroristici.

La questione è molto dibattuta in Giurisprudenza ed in Dottrina.

Il Legislatore, spinto dall’onda emotiva e dalle preoccupazioni di ordine pubblico provocate dalle drammatiche vicende dell’11 settembre,ha varato, in via d’urgenza,il D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 (9), convertito nella Legge 15 dicembre 2001, n. 438 (“Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale”)(10) con l’intento, da un lato di colmare una lacuna normativa in materia e dall’altro di approntare metodi di indagine e di repressione più efficaci.

In base a tali norme l’art.270 ter del Codice Penale stabilisce che “Chiunque promuove, costituisce,organizza, dirige, finanzia anche indirettamente associazioni che si propon gono il compimento all’estero, o comunque ai danni di uno stato estero, di un’istituzione o di un organismo internazionale, di atti di violenza su persone o cose, con finalità di terrorismo, è punito con la reclusione da sette a quindici anni.

Chiunque partecipa a tali associazioni e’ punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Ai fini della legge penale, la finalità’ di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione e un organismo internazionale “.

La norma introdotta ha posto,tuttavia,una serie di problemi interpretativi di non facile soluzione, dai quali però dipende la compatibilità costituzionale della disposizione e la cogenza della norma stessa.

Come ha sostenuto la dottrina (11), la nuova disciplina,pur cercando di individuare una fattispecie penale riguardante il terrorismo internazionale mancherebbe di dare una definizione dello stesso atteso che la norma punisce “chiunque promuova …associazioni che si propongano…atti di violenza su persone o cose, con finalità di terrorismo…”.

Posto che il programma e le finalità “qualificano l’associazione e non già la condotta dell’autore dei delitti previsti dai primi due commi dell’art. 270 ter” rimane invariato il fatto che la norma non “descrive” il comportamento vietato, con la conseguenza l’azione terroristica si risolve nell’azione violenta posta in essere con “finalità di terrorismo”(12).

Occorrerebbe,quindi, meglio definire una nozione di “finalità di terrorismo internazionale” che – per le ragioni sopra esposte – non può essere attinta dall’art. 270 bis,posto che il bene giuridico protetto da tale norma è “l’Ordine democratico” italiano e che la condotta descritta nella norma non può subire una dilatazione ai fini di ricomprendere anche le azioni di terrorismo internazionale

A tal fine, di scarso aiuto si rivela anche la Convenzione europea per la repressione del terrorismo che all’art.1 si limita ad indicare i casi in cui il reato non verrà considerato “politico” ai fini della estradizione ed in cui manca una definizione di reato politico come pure del reato di terrorismo.

Nell’assenza di una norma – anche extrapenale – alla quale fare riferimento,la nuova norma penale risulta “vuota”, priva di determinatezza, una scatola pronta ad ospitare le più svariate tipologie di azioni violente a sfondo, in senso lato, politico e che rende più che fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma in esame(13).

Ulteriore dubbio suscita la lettura del comma 5 dell’art.1 che inserisce il reato di terrorismo internazionale tra quei delitti contro i quali, a sensi dell’art. 313 c.p.. non si può procedere senza l’autorizzazione del Ministero della Giustizia, e ciò al fine “di consentire – come si legge nella relazione al decreto legge 374/2001 – una attenta valutazione politica dei fatti, riguardanti nei possibili e delicati riflessi sui rapporti internazionali”.

Sul punto,appare pienamente condivisibile l’opinione dottrinale secondo la quale l’intero procedimento,in tali casi,sarebbe del tutto illegittimo e quindi nullo,atteso che il fatto considerato come reato deve potersi identificare come delitto in forza di una norma penale vigente ed in forza del principio della c.d.“tipicità” dei fatti delittuosi (nulla poena sine lege).

In conseguenza,e ferma restando l’operatività dell’art. 313 c.p. in materia di procedibilità del reato, né il giudice né il Governo potranno creare o modellare,con apprezzamenti discrezionali o politici una nozione di “fine di terrorismo internazionale”.

In definitiva,se per i reati di terrorismo e di eversione “interni” si ha come parametro e paradigma del bene protetto l’Ordinamento democratico o il suo equivalente “Ordina mento costituzionale”,lo stesso non potrà dirsi nel caso di terrorismo internazionale, posto che l’integrità politica, economica e sociale di un Paese straniero non rientra – anzitutto per il principio di sovranità – nei compiti punitivi dello Stato Italiano.

A causa della rilevanza che il fenomeno terroristico ha assunto negli ultimi anni, sarebbe auspicabile per il Legislatore, anche sulla base delle esperienze normative straniere in materia, introdurre una corretta definizione della fattispecie che possa consentire di distinguere i fatti penalmente rilevanti come terrorismo internazionale dalle azioni (dirette ed indirette) di diversa natura aventi ad oggetto beni giuridici estranei alla sfera di protezione del nostro Ordinamento, nonché connotate dall’elemento della violenza .

La minaccia del Terrorismo Online

Con il passare degli anni e la diffusione di Internet e dei Social Media,una nuova minaccia terroristica si è affacciata sul panorama del crimine a livello globale che non può essere più trascurata.

Combattere il terrorismo significa anche contrastare l’indottrinamento online e liberare gli individui che hanno subito forme di manipolazione.

Nel giugno del 2014, l’autoproclamato ISIS o ISIL (acronimo per Islamic State of Iraq and the Levant), è diventato IS cioè Islamic State. L’IS è riuscito ad aggregare numerose fazioni del radicalismo islamico, antagoniste tra loro.

Nel perseguimento di un simile disegno criminoso,gli islamisti violenti sono stati autorizzati a dichiarare la Guerra contro gli oppositori, musulmani e non.

L’utilizzo del cyberspazio da parte dell’ISIS, ma anche in generale da parte di tutte le organizzazioni terroristiche,pone diversi rischi per la sicurezza globale.

Innanzitutto, tramite le app di messaggistica, è più facile pianificare attacchi terroristici tradizionali e scambiarsi informazioni su possibili bersagli ed,inoltre,consentono ai sostenitori di ottenere informazioni operative, compresa la formazione alla preparazione di esplosivi e autobombe, oltre all’uso delle armi più sofisticate di distruzione.

I gruppi riconducibili all’IS hanno piena consapevolezza che, per assicurare la divulga zio- ne delle proprie ideologie e il reclutamento dei militanti, anche dei “foreign fighters” e finanziatori, è necessaria la costante presenza attiva nello spazio cibernetico, motivo per cui il web ha assunto un ruolo predominante nelle strategie utilizzate,

Il termine “cyber terrorismo” indica l’utilizzo del cyberspazio (Internet) per fini terrori stici, ovvero, diffondere la paura e il panico nella popolazione destabilizzando l’ordine e la sicurezza pubblica, per ragioni politiche, ideologiche o religiose.

Il cyber terrorismo si manifesta con due attività prevalenti: la propaganda e l’attività diretta.
Con l’attività di propaganda si intende diffondere un pensiero o un’ideologia al fine di conquistare pubblico, utilizzando un mezzo di comunicazione che raggiunga il maggior numero di persone possibili per cercare di convincere le persone ad aderire alla causa e ad apportare il proprio contributo.

Uno dei mezzi di propaganda più utilizzati, ad esempio, sono i video che vengono veicolati attraverso vari canali, come i social network, da parte delle organizzazioni terroristiche di matrice islamista.

L’attività diretta, non meno pericolosa della precedente,è quella che permette di utilizzare direttamente il cyber spazio come mezzo per colpire e dare dimostrazione della propria “potenza di fuoco partendo da attacchi dimostrativi come il defacement di un sito web sino alla vera e propria intrusione in un sistema informatico anche complesso. Principali obbiettivi di questa attività possono essere ad esempio le infrastrutture critiche di un paese, non solo per creare malfunzionamenti e diffondere il panico tra la popolazione, ma anche per poter sottrarre informazioni segrete.

Tali attività illecite hanno indotto il Legislatore ad emanare il D.Lgs. 24 luglio 2023, n. 107 che ha introdotto nuove disposizioni per il contrasto alla diffusione online di contenuti che possano avere una correlazione con le attività di proselitismo e di propaganda terroristica, norma commentata sulle pagine di questa Rivista. .

La normativa, siccome formulata, appare specifica per la lotta ai reati commessi sulla Rete e probabilmente un modello capace di adattarsi anche a tutte le gravi condotte illecite che si consumano ogni giorno su internet e che costituiscono una preoccupazione per tutti i Governi e non soltanto per il nostro Paese.

Essa costituisce adeguamento dell’ordinamento interno alle disposizioni contenute nel Regolamento (UE) 2021/784 sul contrasto della diffusione di contenuti terroristici on-line.

L’attività di prevenzione e repressione del terrorismo, soprattutto internazionale,incontra da qualche tempo,le medesime difficoltà che connotano il contrasto alla criminalità organizzata poiché le amplissime opportunità offerte dalla Rete favoriscono fenomeni di penetrazione e diffusione del crimine che è molto difficile individuare.

Conclusioni

Alla luce dell’esame dei dati normativi sin qui operato,si può affermare che il Parlamento ha emanato una legislazione che può considerarsi adeguata alla casistica recente sia sul piano della tutela dei beneficiari sia in termini di ristoro economico dei danni subiti dalle vittime del terrorismo,benché le provvidenze previste per il cd “praetium doloris”,ossia il “denaro del pianto” di Romana memoria,non potranno mai asciugare a sufficienza le lacrime dei superstiti né con gli indennizzi né con i vitalizi se non si interver rà per garantire una civile convivenza su scala internazionale.

NOTE

  1. v.Carson, Bioterrorismo ed armi chimiche,Piemme Edizioni 2003

  2. v.Legge 3/8/2004 n.206 in GU 11/8/2004

  3. v.Carson,op cit.

  4. pubblicata nella G.U. n.230 del 22/08/1980)

  5. pubblicata nella G.U. del 25 ottobre, n. 250)

  6. pubblicata nella in G.U., 26 novembre, n. 277)

  7. pubblicato nella G.U. n. 4 del 7 gennaio 2000)

  8. pubblicata nella G.U. n. 21 del 27-1-2003)

  9. pubblicato nella GU n. 80 del 5-4-2003)

  10. pubblicato nella G.U. n. 244 del 19 ottobre 2001)

  11. pubblicato nella G.U.n. 293 del 18-12-2001)

  12. v.Bauccio,il reato di terrorismo internazionale

  13. v Pistorelli, “Intercettazioni preventive ad ampio raggio su Guida al Diritto, n. 42/2001

  14. così Bauccio,op.cit.

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